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La fotografia di paesaggio come documento o indagine

Non solo immagini esteticamente gradevoli o descrittive di un evento, la fotografia può comunicare anche argomenti diversi, di denuncia, di inchiesta, documentare un fatto o suscitare dubbi e considerazioni

La fotografia di paesaggio descrive l’estetica di un ambiente naturale o urbano, in genere con accezione positiva, mostrando il lato migliore delle cose. Sul nostro Montagna.tv, la maggior parte delle immagini di paesaggio naturale serve per illustrare un ambiente di montagna, descrivere un itinerario escursionistico o alpinistico, o raccontare un fatto o un evento, riguardante il mondo e l’ambiente verticale. Il racconto, però, non sempre riguarda le varie attività outdoor, “sportive” o naturali. Le immagini, infatti, possono anche mostrare una tesi ed avere, quindi, valore di documento o di denuncia, ovvero possono descrivere un evento, un avvenimento, la modifica di una condizione ambientale o l’edificazione di strutture destinate allo sviluppo turistico di una zona o di una valle.

il Lago del Miage, in Val Veny, nel 2002.
Non sempre è necessario il raffronto, tra una fotografia recente e una più obsoleta. A volte la portata d’acqua, più o meno abbondante, testimonia anche la quantità di precipitazioni avvenuta in un certo periodo, oppure racconta dello stato di salute di un ghiacciaio e della sua fusione. Oppure mostra la permeabilità, o meno, del letto di un lago. In questo caso, la foto mostra il Lago del Miage, in Val Veny, qualche anno fa, precisamente nel 2002, quando era ricco d’acqua. Oggi è quasi prosciugato. E’ anche vero che storicamente parte che la sua portata d’acqua sia ondivaga e molto variabile. Nikon F5; Sigma 15 mm 2,8 AFD Fish Eye Fujichrome Velvia 50.

Interpretazioni diverse e fonte di discussione

Molti di questi argomenti si prestano a molteplici interpretazioni e la fotografia può essere la base di uno spunto di discussione; può suscitare un tema e suggerire domande, argomentazioni e considerazioni. Per esempio, una serie di grandi palazzi, magari non esattamente in stile architettonico tradizionale in legno e pietra, ma in cemento a vista e ampie strutture vetrate sono lo sfoggio di un moderno stile architettonico, oppure un elemento estetico totalmente estraneo al paesaggio alpino? Un moderno bivacco, il cui stile costruttivo si distacchi totalmente dalla tradizione della lamiera colorata e del legno, come si può considerare? E’ ben edificato, più sicuro e meglio coibentato o troppo estraneo al contesto estetico?

Cervinia, con i “palazzoni moderni” molto peculiari per la zona, ormai iconici quasi come il Cervino.

Cervinia, con i “palazzoni moderni” molto peculiari per la zona, ormai iconici quasi come il Cervino.
Due immagini di Cervinia, con i “palazzoni moderni” molto peculiari per la zona, ormai iconici quasi come il Cervino. Le immagini documentano speculazione edilizia? Oppure uno stile architettonico nuovo, per l’ambiente montano? Oppure, ancora, possiamo parlare di costruzioni poco armonizzate con l’ambiente e con la tradizione estetica ed architettonica delle Alpi? La fotografia, in questo caso, può essere spunto di ragionamento e discussione. Entrambe scattate con Nikon D700, rispettivamente con Sigma 15 mm 2,8 AFD Fish Eye e con Nikkor 24-70 2,8 AFG. La fotografia scattata col Fish Eye è stata poi “raddrizzata” in post produzione, per limitare l’effetto delle linee curve e cadenti proprie dell’ottica.

La fotografia, oltre che suscitare dubbi o essere fonte di ispirazione per discussione e ragionamenti, può anche avere il ruolo di documentazione, quindi, e di mostrare “come sono fatte le cose”, oppure di portare all’attenzione dell’osservatore l’evoluzione del paesaggio o l’impatto delle attività antropiche nell’ambiente naturale. Un paesaggio dopo l’esondazione di un torrente diventa una fotografia di documento, così come un lago alpino d’alta quota, nel pieno mese di gennaio, con la superficie non ghiacciata racconta della temperatura anomala, per la stagione e può essere l’incipit per parlare del cambiamento climatico, con tutte le varie sfaccettature e attribuzioni di responsabilità, colpevolmente umane o ineluttabilmente naturali, a seconda di pareri e studi diversi. Stesso ragionamento per la retrazione dei ghiacciai.

La parete Est del Monte Rosa e il Ghiacciaio del Belvedere nel 1995

La parete Est del Monte Rosa e il Ghiacciaio del Belvedere nel 2001

La parete Est del Monte Rosa e il Ghiacciaio del Belvedere nel 2019
La parete Est del Monte Rosa e il Ghiacciaio del Belvedere, in tre scatti datati rispettivamente 1995, 2001, 2019. Le foto documentano i movimenti e le modifiche del ghiacciaio. Semplicisticamente (non geologicamente parlando), o meglio, visivamente: nel 1995, l’aspetto estetico è quello di un ghiacciaio per la maggior parte ricoperto di detrito. Nel 2001, la retrazione dei ghiacciai pensili ha fatto sì che gli stessi “scivolassero” verso il basso, favorendo lo spostamento del Belvedere in avanti e innalzandone una parte, come si nota dal ghiaccio che si elevato. Rispettivamente: Minolta X700; Minolta Rokkor 28 mm f 2,8; Kodak Elite 100; Nikon F90X; Nikkor 20-35 mm 2,8 AFD; Fujichrome Velvia 50; Nikon D810; Nikkor 17-35 mm AFS 2,8.

Oppure, ancora, una cronologia di fotografie scattate in arco temporale diverso possono rappresentare l’evoluzione e le modificazioni di un paese di montagna, con un territorio che è in continuo cambiamento. Queste immagini possono avere un valore storico, nel senso che potranno essere guardate in futuro per studiare i cambiamenti dei luoghi. Diciamo che il classico “luogo dove il tempo sembra essersi fermato” che spesso si legge in tanti articoli o si ascolta in documentari e servizi televisivi si discosta molto dal ragionamento espresso in questo articolo. Un modo interessante per comprendere questi cambiamenti è di osservare le vecchie cartoline dei luoghi turistici che, a posteriori, assumono il valore di un vero e proprio documento, perdendo la loro semplice e primaria funzione di essere inviate come un ricordo delle vacanze, per salutare amici e parenti.

Il vecchio Bivacco Camposecco, in Valle Antrona.

Il Bivacco Camposecco, in Valle Antrona oggi.
Il Bivacco Camposecco, in Valle Antrona. La struttura storica, recentemente sostituita. Sicuramente quella moderna è più funzionale, esente dai cigolii del vento, meglio coibentata, più comoda. Personalmente, pur riconoscendo le varie migliorie della nuova struttura e non potendo certo contestare la sostituzione, vivo questi cambiamenti con un pizzico di rimpianto. Le piccole strutture in lamiera, nel mio immaginario, rappresentano proprio l’idea iconica del bivacco di montagna, anche se poi le strutture possono avere varie forme, come per esempio, quelle in pietra, ricavate da vecchie baite o ricoveri per i pastori. Insomma, le considerazioni, anche in questo caso, sono molto varie e anche personali. Ovviamente, queste due immagini, affiancate, svolgono molto bene il ruolo della fotografia documento.

Chissà, se in futuro, perderemo definitivamente l’abitudine di stampare le cartoline e ci limiteremo solo ed esclusivamente ad inviare foto di strettissima attualità, per via digitale, perdendo l’idea della fotografia documento. E forse perderemo anche l’immagine stessa, nella memoria labile di qualche smartphone o hard disk. Oppure, anche la foto dello zio Pino, con dietro il Monte Bianco e il ghiacciaio della Brenva potrà avere un certo valore che vada oltre il semplice e personale ricordo? Anche questo è un tema. In fondo se dietro il suddetto zio sorridente dovesse vedersi lo stato di salute del ghiacciaio e il suo livello di retrazione, anche un’immagine del genere potrebbe avere un significato oltre quello del semplice ricordo.

A Pragelato, per gli impianti delle olimpiadi invernali del 2006.
L’impatto ambientale, a Pragelato, per gli impianti delle olimpiadi invernali del 2006. Questa immagine del trampolino può essere fonte di molti ragionamenti, di polemiche, non solo per la realizzazione di questa struttura (praticamente abbandonata da 17 anni), ma può anche suscitare discorsi e ragionamenti vari, relativamente alle olimpiadi invernali di Milano Cortina e per l’opportunità, o meno, di realizzare un altro impianto del genere, appositamente per questo evento. Il gioco vale la candela?

Il Rifugio Vittorio Emanuele nel Parco Nazionale del Gran Paradiso
Non si può certo dire che la forma del Rifugio Vittorio Emanuele sia quella tipica di un rifugio di montagna, per lo più nel Parco Nazionale del Gran Paradiso. Eppure la sua peculiarità, negli anni, è diventata una sorta di consuetudine, per questa struttura ai piedi della cima del Gran Paradiso, rendendo il rifugio uno dei più amati delle alpi. Forse anche l’abitudine ad un certo tipo di estetica ne modifica la percezione.
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