Lunga camminata in Val di Rezzalo, nel Parco nazionale dello Stelvio
La vallata si distende sul versante valtellinese del Parco e si percorre facilmente attraversando pascoli e antichi, ma ben conservati, insediamenti rurali
Il Parco nazionale dello Stelvio è una delle più antiche aree protette italiane, venne infatti istituito nel 1935 allo scopo di tutelare le bellezze naturalistiche del gruppo montuoso Ortles-Cevedale e per promuovere lo sviluppo turistico sostenibile nelle vallate alpine. Alcune di queste valli sono poco note, ma affascinanti e naturalisticamente molto interessanti: tra queste possiamo annoverare la Val di Rezzalo, ampio solco vallivo che collega l’Alta Valtellina alla Valfurva.
La salita fino al Passo dell’Alpe
Partenza: Fumero (SO), parcheggio di Fontanaccia (1470 m)
Arrivo: Passo dell’Alpe (2463 m)
Tempo necessario: 6.30 ore (a/r)
Dislivello: 993 m
Difficoltà: escursionistica
Da Fumero si imbocca la strada forestale che si inoltra in un bel bosco di conifere verso il Passo dell’Alpe. All’imbocco della vallata troviamo tra l’altro uno dei pochi insediamenti di pino silvestre presenti nel Parco dello Stelvio che fa a gara con i boschi di larice e abete rosso che la fanno da padrone. Superati i primi 400 metri di dislivello si raggiunge il Rifugio La Baita in circa un’ora, unico punto di ristoro della zona in cui è possibile mangiare e pernottare prenotandosi al numero 340 7953688.
Qui la valle si apre in un ampio altipiano occupato da radure prative e da una interessante torbiera di origine naturale nei pressi della chiesetta seicentesca di San Bernardo (1866 m), costruzione ben visibile lungo le sponde del limpido torrente Rezzalasco. Molte sono le baite ben conservate lungo il percorso e alcune conservano diverse parti strutturali in legno erette con il metodo ad incastro denominato Blockbau. In questa zona numerose cime sovrastano la valle in particolare a sud-est quelle imponenti del Monte dei Poltron (2699 m) e di Cima di Savoretta (3053 m), vette visibili mentre il percorso continua verso le cascine di Malnivo, le baite di Ronzone e l’area per picnic denominata il Merlo.
Da qui ricomincia la salita che segue la mulattiera zigzagando verso le cascate che cadono dalle pendici rocciose della Costa dei Sassi Neri fino all’ultimo insediamento delle baite di Clevaccio (2127 m). L’ultimo strappo è verso il Passo dell’Alpe (2463 m) percorrendo, il sentiero indicato con il segnavia 519, da cui tra l’altro con una breve deviazione si può raggiungere il suggestivo laghetto dell’Alpe (2784 m). In pochi passi si può raggiungere la strada che sale al Passo Gavia e tornare al parcheggio in taxi oppure rientrare sui propri passi.
Come arrivare al punto di partenza
La valle può essere percorsa in due direzioni, in facile discesa, sia a piedi che in mountain bike, partendo dalla strada che porta al Passo Gavia da Santa Caterina di Valfurva, oppure dalla Valtellina partendo dal borgo alpino di Fumero. In ogni caso sia percorrendola in un verso che nell’altro bisogna tener presente che il rientro è sullo stesso itinerario, per cui a meno di non avere due auto parcheggiate strategicamente o di usufruire di un taxi a chiamata toccherà comunque percorrere la valle sia in discesa che in salita per rientrare alla base.
Partendo dalla Valtellina dalla strada statale 38 del Passo Stelvio si devia verso il paese di Le Prese, proseguendo per i borghi montani di Frontale e Fumero. In quest’ultimo villaggio in località Fontanaccia si lascia l’auto nei parcheggi predisposti e ci si mette in cammino imboccando la strada forestale che si inoltra in un bel bosco di conifere verso il Passo dell’Alpe iniziando la salita.
Devi sapere anche
Gli splendidi boschi all’imbocco della Val Rezzalo nei secoli sono stati oggetto di altalenanti sfruttamenti incontrollati ricostruiti accuratamente nel libro a cura di Cesare Cantù Storia di Sondrio e della Valtellina, in cui si possono leggere le considerazioni del naturalista ottocentesco Splendiano Morselli che già allora ricordava i vantaggi, anche da un punto di vista idrogeologico, della presenza di boschi ben curati che “colle frondi ne suddivide il corso (della pioggia) e colle radici rattiene il terreno e impedisce le corrosioni”. Solo il relativamente recente inserimento nel Parco dello Stelvio ha mitigato gli effetti dei tagli sconsiderati dei secoli passati apportando benefici effetti sull’ambiente finalmente salvaguardato a dovere.
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