Alpinismo

Everest 1924, il tentativo di Norton e Somervell

Il 4 giugno, quattro giorni prima della scomparsa di Mallory e Irvine, due alpinisti britannici risalgono senza ossigeno l’infida parete Nord dell’Everest. Edward Norton arriva a 8572 metri. Reinhold Messner, nel 1980, completerà la sua via

Tra pochi giorni, l’8 giugno, il mondo dell’alpinismo ricorderà George Mallory e Andrew Irvine, scomparsi sull’Everest nello stesso giorno del 1924. Per scoprire la loro storia, non perderti il nostro podcast “Il Mistero dell’Everest”.

Pochi, invece, citano il tentativo compiuto senza respiratori né bombole da Edward Norton e Howard Somervell, altri due membri della spedizione britannica. Invece di seguire la cresta Nord, tentata da Irvine e Mallory e percorsa oggi dalla via normale dal Tibet, i due salgono in diagonale, più in basso, su terreno esposto e infido. La loro storia merita di essere raccontata.

Ricordiamo che la cima più alta della Terra, il Peak XV dei topografi britannici, viene misurata a distanza intorno alla metà dell’Ottocento. Invece di utilizzare il nome Chomolungma, utilizzato da tibetani e sherpa, viene dedicata a Sir George Everest, primo direttore del Survey of India. Per settant’anni, la chiusura di Tibet e Nepal impedisce agli stranieri di avvicinarsi alla montagna.

Le cose cambiano alla fine del 1920, quando un telegramma di Charles Bell, il rappresentante dell’India britannica a Lhasa, annuncia che il Dalai Lama ha concesso l’agognato permesso. Nella prima spedizione, che lascia Darjeeling nella primavera del 1921, George Mallory con Guy Bullock raggiunge la base delle gigantesche pareti Est e Nord dell’Everest, poi scopre il ghiacciaio orientale di Rongbuk e sale ai 7000 metri del Colle Nord, da cui inizia una possibile via per la cima.

La spedizione del 1922 parte a marzo, arriva alla base della montagna a fine aprile e punta ufficialmente alla vetta. Vengono usati per la prima volta i respiratori a ossigeno, George Finch e Geoffrey Bruce arrivano a 8320 metri. Il 7 giugno una valanga uccide sei portatori d’alta quota.

La spedizione del 1924 parte da Darjeeling il 26 marzo, e sull’altopiano del Tibet i suoi bagagli vengono trasportati da 250 yak e 80 muli. Il piano prevede due tentativi alla vetta, uno senza respiratori e bombole e l’altro senza. Il secondo – che diventerà tragicamente celebre – viene affidato a Mallory e al giovane Andrew Irvine, l’unico che sa tenere in efficienza i respiratori. Protagonisti del primo sono Norton e Somervell.

Edward Norton, Teddy per gli amici, un aristocratico che ha scoperto l’alpinismo tra Monte Bianco e Vallese e si adatta molto bene all’alta quota sia nel 1922 sia nel 1924. Howard Somervell, un medico di Kendal, nel Lake District, ha alle spalle centinaia di ascensioni sulle Alpi, e dipinge splendidi acquerelli. Anche lui non ha troppi problemi con la quota.

Irvine appartiene a una generazione più giovane, ma la Grande Guerra ha lasciato segni terribili sull’anima degli altri. Mallory, ufficiale della Royal Artillery, ha conosciuto gli orrori della Somme, di Passchendale e di Ypres, e ha visto morire decine di amici. Norton è sopravvissuto nel marzo 1918 a uno spaventoso bombardamento tedesco su Bapaume.

Somervell, da ufficiale medico, ha lavorato per anni in prima linea, amputando e operando ragazzi britannici fatti a pezzi dalle mitragliatrici e dai cannoni tedeschi. Dopo l’Everest tornerà in India, e dedicherà il resto della sua vita a curare migliaia di malati poveri nell’ospedale di Kundara, in Kerala.

Il tentativo. Lo stop a brevissima distanza dalla vetta

Nei primi giorni di giugno del 1924 il tempo sull’Everest è gelido e ventoso. Nel pomeriggio del 3, Norton e Somervell raggiungono gli 8300 metri del campo VI con gli sherpa Norbu, Lhakpa e Semchumbi, che poi ridiscendono al Colle Nord. Il 4 giugno i due inglesi partono alle 6.40 del mattino. Negli zaini hanno “solo un maglione, una Kodak tascabile, un thermos di caffè, e poi le piccozze e uno spezzone di corda”.

Sopra i due alpinisti, contro il cielo, si staglia la cresta Nord dell’Everest. Edward e Howard salgono in diagonale più, per lastroni di roccia levigata, separati da chiazze di neve ghiacciata. Puntano verso un canalone che dovrebbe consentire di aggirare delle rocce verticali. La mancanza di ossigeno li fa muovere come lumache.

Dopo sei ore di fatica Howard Somervell non riesce più a respirare, si siede su un masso e fa cenno a Norton di andare. Dopo un’ora, “Teddy” scavalca uno sperone roccioso e si affaccia sul canalone che gli verrà dedicato. Il terreno è “ripido come un tetto di tegole”, l’esposizione è assoluta. L’alpinista, che prima si è tolto per un momento gli occhiali da sole, non riesce quasi a vedere.

Scende nel canalone, sprofondando nella neve fino alla vita. Poi, con una lentezza spaventosa, sale per una trentina di metri. Restano “forse 60 metri di dura arrampicata”, poi “la via fino alla vetta dovrebbe essere facile”. Quando l’inglese fa dietrofront il suo altimetro indica 28126 piedi, 8572 metri, ma gli ultimi 276 sembrano un nuovo Everest. Nonostante la cecità, la delusione e la stanchezza Edward Norton riesce a tornare.

Quando raggiunge Somervell i due si legano in cordata, ma poi la piccozza di Howard ruzzola dalla montagna. Scendendo verso il Colle Nord Norton compie veloci scivolate sulla neve e l’amico, che si aiuta con un paletto della tenda, lo segue più lentamente. Quando arrivano al Colle è buio, e Odell e Mallory portano ai due una bombola di ossigeno. “Non vogliamo ossigeno, vogliamo qualcosa da bere!” urla Norton.

Il giorno dopo, 5 giugno, Somervell scende verso il ghiacciaio di Rongbuk da solo mentre Norton, ancora cieco, riposa in una tenda sul Colle. L’indomani Mallory e Irvine partono verso l’alto, accompagnati da Noël Odell e da un gruppo di portatori. L’8 giugno arriva il secondo tentativo alla vetta, seguito dalla scomparsa dei due alpinisti.

La scalata di Messner nel 1980

Il record ufficiale di quota, stabilito da Norton, verrà eguagliato negli anni Trenta, e resisterà fino al 1952, quando Tenzing e Raymond Lambert saliranno più in alto dal Nepal. Intanto, nel 1933, prima Lawrence Wager e Percy Wyn Harris, e poi Frank Smythe da solo, torneranno nel canalone Norton fino alla quota del 1924.

Nel 1960, una spedizione cinese completa la via degli alpinisti britannici, e raggiunge la vetta per la cresta, superando i due difficili Step. Negli anni, più volte, altri si spingono sugli infidi pendii esplorati da Norton e Somervell. Nel 1986 passa da qui Hans Kammerlander nella prima discesa in sci dalla vetta. Nel 1999 Conrad Anker e i suoi compagni di spedizione trovano i resti di Mallory.

Ma l’ascensione più importante e famosa arriva nel 1980, e a compierla è un altro altoatesino. Reinhold Messner, assistito a distanza dalla sua compagna Nena Holguin, parte nella notte tra il 17 e il 18 agosto, prima del Colle Nord cade per otto metri in un crepaccio ma riesce a tornare all’esterno e continua.

Passa la notte a 7800 metri in una piccola tenda gialla, poi riparte. Quando la neve sulla cresta diventa profonda, e quindi pericolosa e faticosa, Reinhold obliqua verso destra inoltrandosi nella parete Nord, “un trapezio alto due chilometri e mezzo, e largo quasi un chilometro”. 

Dopo un secondo bivacco 8200 metri entra nel canalone Norton, che risale costeggiando dei salti di roccia giallastra. Il pendio è ripido ma la neve, al contrario che nel 1924, regge il peso di un uomo. Poi, superata una cresta facile e aggirata una barriera rocciosa, Reinhold arriva sulla cima dell’Everest. La discesa gli richiede un altro giorno e mezzo. Mille volte, i suoi pensieri vanno agli alpinisti del passato, che sono saliti da qui “con un’attrezzatura pietosa”.  

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