Alpinismo

Cinque anni fa la tragedia di Hansjörg Auer, David Lama e Jeff Roskelley sullo Howse Peak

Il 16 aprile del 2019, una valanga su delle pareti più alte e pericolose delle Rockies, la Est dello Howse Peak, costò la vita a due campioni dell’alpinismo austriaco e al loro fortissimo compagno di cordata statunitense

Cinque anni fa, sulle Montagne Rocciose canadesi, una valanga di neve, ghiaccio e roccia ha ucciso due straordinari campioni e un figlio d’arte. David Lama, Hansjörg Auer e Jeff Roskelley sono morti il 16 aprile 2019 mentre sulla parete Est dello Howse Peak, una vetta di 3295 metri sul confine tra la provincia dell’Alberta e il Parco nazionale di Banff. Una muraglia di roccia friabile e misto, in una stagione – la primavera – in cui la neve e il ghiaccio possono cedere all’improvviso.

Nei giorni precedenti i due alpinisti austriaci e il loro compagno di cordata statunitense avevano salito altre vie di alta difficoltà della zona, come la famosa Andromeda Strain. “Un’arrampicata di straordinaria bellezza, che introduzione alle Canadian Rockies!” ha scritto David Lama su Twitter, otto giorni prima della tragedia.

Invece la neve e il ghiaccio dello Howse Peak hanno ceduto. La mattina del 17 aprile, da un elicottero del Soccorso Alpino canadese, sono stati avvistati ai piedi della montagna “tracce di numerose valanghe, resti di materiale da arrampicata e un corpo parzialmente sepolto nella neve”.

Secondo Steve Holezki, responsabile della sicurezza di Parks Canada, l’ente che gestisce le aree protette del Paese, il sopralluogo con l’elicottero ha dimostrato che i tre alpinisti erano morti. L’alto rischio di nuove valanghe ha impedito per giorni il recupero dei corpi. Un mese e mezzo dopo la morte di Daniele Nardi e Tom Ballard sul Nanga Parbat, il 2019 si è confermato un anno orribile per i migliori alpinisti.

Hansjörg Auer, austriaco della Ötztal, 35 anni, era diventato famoso nel 2007 con la prima ascensione in free solo della via Attraverso il Pesce un mitico itinerario sulle placche della parete Sud della Marmolada. Dieci anni dopo, sempre sulle Dolomiti, Auer aveva salito in solitaria e in un giorno la via Vinatzer-Messner della Marmolada, lo Spigolo Abram del Piz Ciàvazes, e il Gran Muro del Sass de la Crusc’, spostandosi da una montagna all’altra in parapendio.

David Lama, 28 anni, austriaco di padre nepalese, prima di dedicarsi all’alpinismo ha vinto molte gare di arrampicata. Poi ha salito in arrampicata libera nel 2012 il Cerro Torre, una delle vette-simbolo della Patagonia. In molte spedizioni, spesso insieme, Hansjörg e David hanno salito o tentato vette di estrema difficoltà come il Masherbrum, 7821 metri, affacciato sul ghiacciaio Baltoro e il K2, e l’Annapurna III, 7555 metri.

Jeff Roskelley, 36 anni, nato nello Stato di Washington, era diventato famoso nel 2003 salendo l’Everest insieme al padre John, un mito dell’alpinismo a stelle e strisce. Da allora aveva compiuto decine di grandi salite in Alaska, a iniziare dalla cresta Sud integrale del Mount Huntington. Si era fatto tatuare sul petto un motto dell’esploratore polare Ernest Shackleton, “Fortitudine vincimus”, “con la resistenza vinciamo”.

Le statistiche del Soccorso Alpino, valide per tutte le montagne della Terra, ci dicono che sono soprattutto i migliori a rischiare. In tutto il mondo, decine di migliaia di appassionati continuano a praticare in sicurezza l’alpinismo classico, lo scialpinismo e l’arrampicata sportiva. I campioni, invece, rischiano regolarmente la pelle.

Sulla parete Est dello Howse Peak, una muraglia alta mille metri formata da fragile roccia sedimentaria e decorata in primavera da placche e canali di neve e di ghiaccio, le scariche sono particolarmente frequenti. Una delle vie più note della parete, aperta 25 anni fa, si chiama M16, come uno dei fucili d’assalto più noti del mondo.

Il nome della via ricorda il rumore delle scariche che scendono a intervalli regolari sulla parete. Uno dei protagonisti della salita, il celebre alpinista statunitense Steve House, ha scritto che M16 comprende “uno dei tiri di corda più difficili e pericolosi della mia vita”. Auer, Lama e Roskelley, dopo una notte in tenda ai piedi della parete, erano partiti per ripetere M16, e se possibile per aprire una variante.

Per l’autunno del 2019, i due austriaci pensavano a un nuovo tentativo alla cresta Sud-est dell’Annapurna III, un grande problemi da risolvere nell’Himalaya nepalese. Avevano conosciuto Jeff Roskelley negli incontri dei testimonial della North Face, pensavano di partire per l’Asia con lui. L’ascensione di M16, come quella di Andromeda Strain qualche giorno prima, era anche un test al massimo livello.

Secondo Reinhold Messner, che lo ha praticato per trent’anni, l’alpinismo ai livelli di Lama, Auer e Roskelley è “follemente pericoloso”, e “metà dei migliori alpinisti mondiali muore in parete”. Per il re degli “ottomila” himalayani, che si è espresso poco dopo l’incidente sullo Howse Peak, questo modo di andare in montagna “è affascinante, ma difficilmente giustificabile dal punto di vista morale”.

Contrasta con il durissimo giudizio di Messner la serenità di John Roskelley, il padre di Jeff, che nel 1978 era stato il primo alpinista americano a raggiungere gli 8611 metri del K2. Quando Jeff non gli ha telefonato, il padre ha inviato un elicottero nella zona, e poi ha accettato il terribile responso di quel volo.

“Si presume che Jess, David e Hansjörg siano morti” ha scritto nelle ore successive John Roskelley su Facebook. “Vi dico, con il cuore pesante, che sono stati colpiti da una grande valanga sul Mount Howse a un’ora imprecisata di martedì, sono visibili indizi della loro morte. Grazie a tutti per le vostre preghiere e i vostri pensieri”. Hanno avuto parole analoghe Claudia e Rinzi Lama, i genitori di David.

Al popolo della montagna, invece, la scomparsa di questi campioni pesa molto. Sui siti specializzati, sui social, nelle discussioni in parete e sui sentieri, la scomparsa di Auer, Lama e Roskelley, come quella di Ballard e Nardi a febbraio, ha avuto un impatto devastante.

Nelle settimane successive alla tragedia, John è tornato più volte alla base della parete per capire i dettagli dell’accaduto, e per accettare la fine del figlio. L’opinione più diffusa è che i tre alpinisti abbiano completato la loro via, e siano stati travolti e uccisi dalla valanga in discesa.

David Lama, con il suo sorriso disarmante e con i suoi occhi a mandorla ereditati dal padre nepalese, non era soltanto un campione sportivo, ma l’esempio di una convivenza tra etnie in un mondo dilaniato da diffidenze e da guerre. Aveva fatto breccia nel cuore degli austriaci anche per questo, non solo per la sua straordinaria abilità su roccia e ghiaccio.

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