Ambiente

Dodici fiori che annunciano la primavera in montagna

L’inverno è ufficialmente finito. E appena la neve scompare spuntano i primi fiori, colorati ambasciatori della bella stagione in arrivo. Ecco i primi che incontreremo accanto ai sentieri

Oggi inizia la primavera. Sulle cime dell’arco alpino la neve ancora abbonda, grazie soprattutto alle precipitazioni dell’ultimo periodo, ma alle quote più basse e nel fondovalle ormai il manto bianco si è velocemente fuso e dai prati ancora ingialliti, emergono i primi fiori di montagna. Si possono osservare durante le prime passeggiate e le facili escursioni, magari sul bordo di una stradina o nel sottobosco libero dalla neve. Con l’avanzare della buona stagione la fioritura si sposterà a mano a mano più in quota, senza dimenticare però che a tutte le altezze ci saranno sempre specie che fioriranno per la prima volta anche in luglio e agosto e persino in autunno.

Molti sono infatti i fattori in gioco che influenzano la fioritura, dal clima, ai particolari microclimi, dalla presenza d’acqua alla morfologia del terreno, dalla natura del suolo alla reazione delle piante al rapporto giornaliero luce-oscurità. Alcune piante fioriscono quando la luce supera una durata critica, ovvero quando le notti sono brevi, altre al contrario quando i periodi di luce sono inferiori, ovvero in autunno e all’inizio della primavera. Ma vi sono piante non soggette al rapporto luce- oscurità e che fioriscono in base ad altri fattori, quali ad esempio la temperatura.

In natura vige la regola che la stabilità di un sistema dipende dalla complessità del sistema stesso. A comportamenti differenti infatti corrispondono differenti risposte alle variazioni dell’ambiente stesso. Per cui assistiamo a fioriture delle varie specie differenziate nel tempo anche per esempio su un pascolo alpino dove clima, altitudine e natura del suolo sono le stesse. Semplificando molto il concetto, se tutte le piante fiorissero contemporaneamente all’erica e capitasse una gelata tardiva, verrebbe compromessa l’intera fioritura, con gravi ripercussioni anche per gli insetti che sarebbero privati di polline e nettare.

Proprio l’erica delle nevi è la prima specie che fiorisce, talvolta con largo anticipo sulla stessa definitiva fusione della neve, soprattutto sulle scarpate se ben esposte al sole e con sufficiente apporto idrico. Non meraviglia vederla in fiore persino in febbraio se le condizioni lo consentono. Come molte altre specie prepara le sue gemme già in autunno, per trovarsi pronta a far sbocciare i fiori in primavera.

In marzo lungo i margini delle strade su suoli incolti e un po’ umidi, tra le foglie accartocciate dell’annata precedente spuntano i capolini gialli del farfaro ancor prima delle foglie. Spesso, assieme al farfaro emergono anche le grandi infiorescenze globose bianco, roseo, violette del farfaraccio. In verità non così belle, ma molto evidenti lungo il ciglio stradale, anche passando in auto.

Ben altro aspetto hanno, immediatamente dopo la fusione della neve, i prati coperti dallo zafferano alpino noto anche col nome scientifico di Crocus. Viene spesso confuso con il colchico d’autunno, che fiorisce più o meno negli stessi ambienti, però non prima di fine agosto. Ma attenzione, perché quest’ultima è una specie molto velenosa e può essere mortale, mentre il Crocus è talmente innocuo da meritarsi appunto il nome di zafferano.

Nei prati di fondovalle ancora secchi, già in aprile spunta la viola irta, dai fiori violetti senza profumo. Mentre se ci addentriamo nel bosco, appena fusa la neve, fiorisce una ranuncolacea dal colore celeste pallido: l’erba trinità. È inconfondibile perché presenta caratteristiche foglie coriacee a tre lobi, violette di sotto.

Tra gli arbusti nel bosco attira l’attenzione il fior di stecco, così chiamato perché i suoi fiori rosei e profumatissimi, raccolti in fascetti laterali al fusto, appaiono prima delle foglie. Formeranno frutti rossi e velenosi dal sapore pepato. La fioritura può aver luogo ancor prima della definitiva fusione della neve.

La prima genziana che colora di blu i prati, con chiazze a volte dense di fiori, è la comunissima genziana primaticcia che non per niente ha il nome scientifico di Gentiana verna, cioè di primavera.

 Un colpo d’occhio nei prati umidi attraversati dai ruscelli, con ancora le montagne bianche di neve a fare da sfondo, è senza dubbio quello offerto dalle vaste chiazze di colore giallo uovo dei fiori della calta palustre. È una ranuncolacea molto diffusa che sale anche oltre i 2000 metri. Anche le soldanelle (ve ne sono tre specie) spuntano talvolta dalla neve. La più diffusa è la soldanella comune, dalla corolla azzurro-violetta con lunghe frange irregolari.

Tra le numerose specie di primule, una molto rara e particolare è la primula tirolese, che cresce sulla roccia in ambienti molto severi, su rupi umide e stillicidiose, spesso con ancora alla base la neve accumulata dalle valanghe. Si tratta di un endemismo delle Dolomiti, cioè una specie tipica ed esclusiva di quel territorio, peraltro in settori molto ristretti.

Precocemente, sui pascoli alpini e subalpini, fiorisce, subito dopo la fusione della neve, l’anemone primaverile. Un fiore bellissimo, che forma nei punti in cui gli individui crescono ravvicinati, un tappeto che sembra fatto di pelo. Infatti, la caratteristica più evidente di questi fiori, rosei o violetti, è la loro pelosità estremamente accentuata.

Quelli qui citati sono solo alcuni esempi, di cui pubblichiamo anche le foto, delle specie che in montagna annunciano l’arrivo della bella stagione. Fanno correre la mente lungo gli itinerari delle prime escursioni primaverili scegliendoli accuratamente sui versanti più soleggiati e mettendo in preventivo anche qualche inzuppata degli scarponi dove c’è ancora la neve in fusione. Nonostante i cambiamenti climatici in atto, con la flora che tendenzialmente sta guadagnando quota, sono ancora loro a darci il benvenuto.

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