Rifugi

Professione rifugista: Mauro De Francesch, da 61 anni sul Monte Piana

Arrivato a soli 4 mesi di età nel rifugio di famiglia, non lo ha più lasciato. Il lavoro, nella struttura collocata in uno degli angoli più belli delle Dolomiti ampezzane non manca mai. Nemmeno durante i periodi di chiusura

Via Monte Piana 32, Auronzo di Cadore. Parrebbe un indirizzo qualsiasi. Invece è quello di un rifugio a 2205 metri di altitudine, isolato, sul ciglio di un altopiano roccioso, con un panorama a 360 gradi tra i più spettacolari delle Dolomiti. Quello che però rende il rifugio Angelo Bosi al Monte Piana ancor più particolare è che lassù, in quel posto isolato, risiede tutto l’anno con la sua famiglia Mauro De Francesch, il proprietario e gestore. Probabilmente si tratta dei cittadini italiani che risiedono più in altitudine nel nostro Paese. E non è una residenza stagionale, limitata alle stagioni turistiche, ma a Monte Piana ci stanno sempre, è casa loro.

Certo, durante l’estate il rifugio si anima grazie agli escursionisti che lo raggiungono a piedi (la grande maggioranza) e quelli che vi salgono da Misurina con la navetta lungo l’ardita strada ex militare. E anche d’inverno in un paio d’ore di cammino su neve battuta si è lassù, seguendo un itinerario che ad ogni tornante inciso nella roccia regala grandiose visuali sul Cristallo, il Sorapiss, l’Antelao, i Cadini di Misurina, la Croda dei Toni, le Tre Cime di Lavaredo.

D’inverno Mauro De Francesch apre le porte del rifugio solo durante il periodo natalizio e nei successivi weekend, accogliendo anche chi sale in motoslitta. Per il resto dell’anno con la moglie Lucia e il cane Trudy, un bellissimo border collie, se ne stanno da soli. Quando le figlie erano in età scolare venivano ogni giorno accompagnate dal padre a Misurina con la motoslitta, poi proseguivano in auto fino a Cortina. Ogni giorno su e giù per andare a scuola. Ora Chiara, la primogenita, lavora a Friburgo in Germania in una ditta farmaceutica e Sofia frequenta l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Ma quando possono salgono a dare una mano ai genitori. C’è sempre nel rifugio una stanza, divisa dalla sala da pranzo da una vetrata, che era quella destinata a fare i compiti.

Il bello del rifugio è che è rimasto con l’atmosfera di un tempo, nonostante gli interventi migliorativi. L’afflusso turistico è buono ma contenuto. Nulla a che vedere con i rifugi Auronzo e Locatelli, che si vedono in distanza, ormai preda di un crescente overtourism. Anche chi prenota (solo nella stagione estiva) uno dei 15 posti letto in camere da 2-3 o 4 persone deve accontentarsi di un bagno in comune.

Vivo a Monte Piana da sessantun anni, spiega Mauro. “Mio padre Giovanni quattro mesi dopo la mia nascita a Belluno mi caricò nella gerla, in febbraio, e con le ciaspe mi portò quassù. Aveva appena comperato il vecchio rifugio dai signori Giuseppe e Lino Coin di Mirano. Fino ad allora mio padre lavorava al Rifugio Auronzo sotto le Tre Cime e con il binocolo osservava il Rifugio Monte Piana sull’altro versante. Saputo della messa in vendita corse subito a Mirano a comprarlo, senza neanche passare di qua”.

Quel vecchio rifugio era stato costruito nel 1930/31 per iniziativa dell’ex capitano degli alpini Martinelli Bianchi là dove nel 1915 sorgeva il Comando del 3° Battaglione del 55° Reggimento Fanteria “Treviso”. Il Monte Piana, infatti, fu uno dei teatri più sanguinosi della Prima Guerra mondiale: restarono sul campo più di 14 mila uomini di entrambi gli schieramenti impegnati al fronte. Il museo all’aperto realizzato sul pianoro della sommità, con il ripristino di trincee e baraccamenti ne dà testimonianza. E anche all’interno del rifugio, ristrutturato e ampliato da Giovanni nelle forme attuali tra il 1965 e il 1972, c’è un piccolo museo di cimeli.

Mio padre ci ha lasciati nel 1986 e mia madre Severina Mazzorana nel 2017. Anche lei è sempre vissuta quassù. Era cugina di Pietro Mazzorana, storico gestore del Rifugio Auronzo e grande personaggio dell’alpinismo dolomitico che arrampicò anche con Emilio Comici”, ricorda Mauro.

Nei periodi in cui il rifugio è aperto ai turisti per Mauro De Francesch e sua moglie Lucia non c’è il tempo di annoiarsi. Ma lo stesso accade quando a spartire con loro la vita sul monte ci sono solo camosci, marmotte e pernici bianche. L’altopiano è brullo e, vista la sua morfologia carsica, è privo di sorgenti.

C’è sempre da lavorare. Devo recuperare l’acqua piovana e quella di fusione della neve nelle cisterne, provvedere alla loro manutenzione. Sono 240 mila litri quando sono tutte piene. Ma nell’ estate molto siccitosa del 2022 ho dovuto far trasportare per tre volte serbatoi d’acqua con l’elicottero. Poi c’è da mettere a posto la legna, riparare i guasti, anche quelli dei fulmini, insomma non ci annoiamo”.

In questi giorni di una stagione assai anomala a Monte Piana c’è circa un metro di neve. «Ma nell’inverno 2013-2014 se ne sono sommati più di 15 metri”, dice ancora  Mauro, “e per 14 giorni consecutivi non abbiamo potuto scendere a valle, bloccati in rifugio. Adesso non fa più così freddo come nei decenni scorsi quando il termometro scendeva anche a -30, ora si ferma a -14,-15 gradi”.

Lo scenario di Monte Piana è talmente spettacolare che più volte è stato il set di film e fiction televisive. Da L’orso del 1988 diretto da Jean-Jacques Annaud, tratto dal romanzo The Grizzly King (1916) di James Oliver Curwood, al film della saga Star Wars, del 2018, alla fiction Un passo dal Cielo.

Mauro, che rispetta la regola di buon montanaro di poche parole, qualche cosa se la lascia scappare, come quando ricorda la visita di Andreotti e quella del Presidente della Repubblica Cossiga. “Papa Wojtyla no, doveva venire ma poi si è diretto in luoghi meno frequentati”, si rammarica.

“Siamo abituati a stare soli”, conclude. “Il tempo passa, non ci pesa rimanere sempre quassù. Non ho mai pensato in vita mia di andar via, ma Chiara a Friburgo e Sofia a Firenze le andiamo a trovare. E neppure loro possono stare troppo tempo senza salire a Monte Piana”.

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