Turismo

Miniere e minatori della valle dell’oro, ai piedi della Est del Monte Rosa

Dieci siti minerari, alcuni dei quali visitabili e collegati tra loro dal Sentiero dei Minatori. La Valle Anzasca non dimentica il suo passato

Ai piedi della parete Est del Monte Rosa si distende una vallata tutta d’oro. Non è una boutade ad uso turistico. Nelle viscere delle montagne della Valle Anzasca sono stati scoperti e sfruttati nei secoli ricchi filoni di materiale aurifero, sfruttati dal XVII secolo al 13 febbraio 1961 quando in un grave incidente morirono quattro operai. All’epoca, va detto, l’attività era ormai ridotta a causa degli elevati costi di estrazione e lavorazione, e sono in molti a ritenere che in ogni caso la chiusura non sarebbe tardata di molto.

Nel territorio anzaschino si contano dieci siti minerari: le miniere della Val Toppa (in comune di Pieve Vergonte), della Val Segnara e della Val Bianca (Calasca Castiglione), la miniera dei Cani (Vanzone con San Carlo), il ribasso di Morghen e il complesso del Lavanchetto con le “Miniere della Caccia” (Ceppo Morelli) e, nel territorio di Macugnaga, il “pozzo principale” di Pestarena, le miniere della Guia e di Quarazza, lo stabilimento di Crocette (Macugnaga). Di queste sono attualmente visitabili solamente le miniere della Val Toppa e della Guia.

I “Figli della miniera” tengono in vita luoghi e ricordi del periodo aureo

A tramandare il ricordo dell’epoca aurea della frazione di di Pestarena, il luogo caratterizzato dalla più intensa attività estrattiva (nel periodo di massima redditività furono estratti più di 6.000 Kg d’oro in un solo decennio), e della tradizione mineraria della Valle Anzasca è l’Associazione “Figli della Miniera”, presieduta da Vincenzo Nanni.

“L’associazione nasce nel 2009 con l’obiettivo di unire le persone che hanno vissuto a Pestarena o che sono state coinvolte nella vita della miniera, e oggi conta su più di 300 iscritti provenienti da nazioni diverse”, spiega Nanni.

Nel 2018 grazie al contributo della Fondazione Comunitaria del VCO “l’associazione ha realizzato il sentiero dei minatori”. “Si tratta”, continua Nanni, “di un itinerario emblematico, perché unisce i luoghi minerari dell’alta Valle Anzasca legati allo sfruttamento dei filoni di quarzo con minerali metallici contenenti oro a tenore variabile”.

Il percorso inizia dall’abitato di Campioli e si conclude al nucleo di Crocette in Val Quarazza. Lungo l’itinerario è possibile visitare diversi luoghi della storia mineraria anzaschina: Campioli e il ribasso di Morghen, le miniere del Lavanchetto, il ponte del Vaud, la “Peschiera”, il “Pozzone”, lo “stabilimento degli inglesi”, il pozzo inclinato, l’“acquavite”, la polveriera, la miniera della Guia, il ponte di Quarazza e lo stabilimento di Crocette dove veniva lavorato il materiale estratto dalle gallerie d’alta quota.

“In particolare, nel sito minerario di Pestarena si possono visitare il Museo del Minatore, la Pesta per frammentare il minerale, il mulino piemontese per l’estrazione dell’oro, il pozzo principale e la polveriera”, precisa Vincenzo Nanni.

René Buck l’ingegnere di origine tedesca che assumeva i giovani per evitare loro di andare in guerra

Due le figure legate alla storia delle miniere della Valle Anzasca che meritano di essere ricordate: l’ingegner René Bruck e Angelo Iacchini. Bruck di origine tedesca arrivò a Pestarena nel 1937 e fu un uomo che seppe suscitare la simpatia e l’ammirazione dei minatori, portò le strumentazioni per la schermografia, al fine di analizzare la situazione dei polmoni dei suoi operai, salvò il paese dai nazi-fascisti durante il secondo conflitto mondiale e assunse in miniera più di 400 persone per evitare che fossero inviate al fronte. Inoltre, fino al 1984 ritornò sempre a Pestarena per festeggiare Santa Barbara insieme ai suoi minatori.

Nella miniera della Guia si rivive il lavoro dei minatori

Angelo Iacchini, invece, è stato una memoria storico-pratica delle miniere d’oro del Monte Rosa e fu uno dei sostenitori dell’apertura in funzione turistica della miniera della Guia (www.minieradoro.it) di Fornarelli, che si può visitare in compagnia di guide qualificate e al cui ingresso è stato allestito un piccolo museo con immagini e reperti dell’epoca. Iacchini, appassionato rievocatore del periodo estrattivo con il suo mulinetto piemontese già trent’anni fa viaggiava su tutto il territorio nazionale per mostrare come avveniva l’estrazione dell’oro.

“Come associazione, in collaborazione con il CAI di Macugnaga e la famiglia Lana di Ceppo Morelli, siamo impegnati ogni anno ad organizzare il tradizionale incontro al Lavanchetto in ricordo dei minatori”, continua Vincenzo Nanni, “il primo incontro avvenne nel 1988, poi abbiamo deciso di continuare ad organizzarla qui, perché era un sito minerario d’alta quota, dal quale è possibile ammirare tutte le frazioni del comune di Macugnaga. Al Lavanchetto (a circa 2.30 ore di cammino dal fondovalle), lavoravano tutto l’anno circa 70 persone, le quali estraevano il minerale che poi veniva trasportato con la teleferica fino a Campioli”, spiega ancora Nanni.

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