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A Cortina d’Ampezzo alla ricerca del castello che non c’è più

La Rocca di Botestagno sorgeva su una rupe in direzione del Passo di Cimabanche. Una breve camminata consente di rivivere la sua importante storia. Lunga oltre 800 anni

A chi non è capitato da bambino di immaginare un castello, uno di quelli arroccati su una rupe, difficile da raggiungere, quasi imprendibile? E con l’immaginazione di fantasticare su soldati, cavalieri, battaglie, armature, prigioni, archibugi, cannoni, ponti levatoi? Ebbene c’è un luogo a Cortina d’Ampezzo, dove la valle del Boite si stringe, otto chilometri a nord della cittadina dolomitica, dove un maniero così ve lo dovete immaginare davvero. Perché là un castello ci fu per centinaia di anni ma oggi non esiste più.

L’alone di mistero e la suggestione del luogo, uniti a uno spettacolare panorama, però ci sono ancora tutti. E anche se troverete solo qualche antico muro e qualche segno di quella imperiosa presenza, vale la pena raggiungere quella sommità, perché il Castello di Botestagno ha scritto pagine importanti di storia in quella terra di confine tra Tirolo e Venezia.

Un “sentiero storico” realizzato dalle Regole d’Ampezzo, conduce in mezz’ora di cammino o poco più in cima alla rupe, ripercorrendo in parte quella che fu la Strada Regia, l’unica via di comunicazione (fino alla costruzione nel 1830 della Strada di Alemagna) molto ripida ed esposta in questo tratto, che attraverso la valle del Boite permetteva di giungere in Val Pusteria e nel mondo tedesco. Vi transitarono viandanti, carovane di mercanti, soldati, pellegrini, ambasciatori, imperatori.

Lassù la vita era dura. Anche per i comandanti

Non dovete però immaginarvi un castello delle fate. La vita lassù era molto dura tra fredde mura di pietra, in un luogo impervio ma strategicamente perfetto. Da lassù si vedeva la conca d’Ampezzo a sud e la zona del Passo di Cimabanche a nord-est. Segnali di fumo avrebbero potuto allertare gli abitanti dell’arrivo di truppe nemiche. 

Non ci sono certezze sulle origini della fortezza. Solo supposizioni. Forse furono i Longobardi a erigere su quel roccione un posto di guardia. Dell’argomento si sono occupati illustri storici, primo fra tutti Giuseppe Richebuono, il quale attribuisce la costruzione del primo castello al Patriarca di Aquileia poco dopo il 1077. Il nome Botestain (probabilmente da Boite-stein, rocca sul Boite) compare per la prima volta in un documento del 1175. Ma in seguito si leggono anche altre forme, tra le quali spesso Podestagno.  

Non conosciamo quale forma avesse il primo castello. Sappiamo però che furono nove i capitani che si alternarono sotto il Patriarcato di Aquileia, venticinque dal 1420 al 1511 sotto la Repubblica di Venezia e ventuno quelli che giurarono fedeltà al sovrano del Tirolo. Non deve essere stato affatto piacevole vivere in quel luogo, nemmeno dopo gli importanti lavori di rifacimento del 1476 e neppure dopo quelli di restauro ed ampliamento nel 1568 quando vennero aggiunte nuove postazioni per i cannoni. Disagiato era il soggiorno lassù anche dopo l’ultima consistente riedificazione del 1619. I capitani espressi dalle grandi famiglie veneziane (i Malipiero, i Gradenigo, i Cornaro, i Foscarini, i Marcello ecc.) erano quasi costretti a trascorrere a rotazione un periodo in quell’estremo lembo settentrionale della Serenissima. E così anche i capitani scelti in seguito tra l’aristocrazia tirolese (spesso per la loro prepotenza non graditi agli ampezzani).

Anche un processo per stregoneria. E per far funzionare la forca delle esecuzioni si faceva arrivare il boia da lontano

Ma com’era l’ultimo castello di Botestagno? Non esistono fotografie ma qualche stampa e disegno ce ne danno un’idea, oltre agli inventari che si sono conservati. Era alto 23 metri, su quattro piani, a pianta irregolarmente ottagonale, con un perimetro di 92 metri, un fossato attorno e un ponte levatoio. C’erano le cantine, le celle carcerarie, il pozzo, le legnaie, la cucina, le camere, l’abitazione del capitano, l’armeria, una cappella, le batterie di cannoni, un montacarichi a fune. All’esterno gli orti e un mulino alla confluenza del torrente Felizòn con il Boite.

In tutta la storia del castello si ricorda che abitò lassù solo una donna, benché la maggior parte dei capitani fossero sposati. 

Tutta la merce che passava per Bodestagno lungo la Strada Regia in un senso e nell’altro doveva pagare un dazio. Percorrendo il sentiero storico ci si rende conto delle difficoltà che incontravano i carrettieri inerpicandosi per la ripida, stretta ed esposta strada.

A Bodestagno c’era anche la forca e numerose furono le esecuzioni. Ma il capitano non disponeva di un boia, che doveva far venire da Merano o da Hall, vicino a Innsbruck. 

Ci fu anche un processo per stregoneria ai tempi dell’Inquisizione. Vittima fu una povera donna innocente, accusata tra l’altro di aver avvelenato il latte. Sottoposta ad atroci torture non confessò mai per cui il processo si risolse in una sorta di esorcismo senza la sentenza di condanna a morte.

Meno di un’ora di cammino per raggiungere le antiche mura

Insomma, merita salire ai 1513 metri di altitudine di Bodestagno, superare circa 200 metri di dislivello in salita e altrettanti in discesa lungo un itinerario ad anello (inizio e arrivo del sentiero storico dal ponte sul torrente Felizòn sulla SS. 51 di Alemagna, salendo sulla sua destra orografica e arrivando dall’altra parte del ponte). Si segue nella prima parte il segnavia n. 201 che ricalca la traccia della vecchia Strada Regia. Dopo circa mezz’ora, una deviazione a destra, ben indicata, porta ai ruderi della rocca che, seppur poca cosa rispetto a quello che doveva essere la fortezza, recenti scavi hanno contribuito a valorizzare. Tutto, infatti, andò progressivamente in rovina dopo che il governo austriaco nel 1771 decise di abbandonare il luogo. Durante la Prima guerra mondiale, poi, la rocca venne ancora utilizzata e furono costruite postazioni e gallerie militari.

Il panorama da lassù è spettacolare, uno spalto a picco sulla valle, con vista sulla conca d’Ampezzo e la Valle del Boite, e alzando lo sguardo sull’imponente gruppo della Tofana e su quello del Cristallo. Una targa ricorda l’imperatore Massimiliano I d’Asburgo. Per il ritorno si scende attraverso il bosco e gli aperti prati del castello per poi prendere un sentiero che attraversando su un ponte il profondo orrido del Felizòn riconduce al punto di partenza. Per compiere l’anello con la dovuta calma per goderne la bellezza, mettere in conto un paio d’ore. 

Nota significativa: nello stemma del comune di Cortina d’Ampezzo è raffigurata tra l’altro una torre in mezzo a due alberi. È anche quello un segno lasciato simbolicamente dal castello di Botestagno.

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