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Mosetti scende da un 5505 metri in Pakistan, inviolato e senza nome

"Il Mose", insieme a Zaccaria e Limongi, ha realizzato un sogno e l'ha dedicato all'amico scomparso Leonardo Comelli

Una nuova discesa di sci ripido si aggiunge all’eccelso palmarès del trentaquattrenne guida alpina Enrico Mosetti: si tratta del versante Nord di una cima di 5505 metri senza nome nella regione pakistana del Gilgit-Baltistan.
La notizia è trapelata dalla pagina Instagram dello sciatore goriziano il 7 maggio, dove “il Mòse” (questo il suo appellativo friendly, ndr) ha postato poche, entusiastiche e significative parole a impresa avvenuta: “A volte anche i sogni più grandi diventano realtà. Ho iniziato a sognare di salire e scendere questa montagna tre anni fa, grazie a una foto trovata in rete. Per un motivo o per un altro era rimasta nel cassetto dei sogni. Chissà dove si trova, quanto è alta, è mai stata salita, come si chiama? Dopo un anno un po’ randagio ho deciso che era il momento di aprire il cassetto dei sogni difficili da realizzare”.

 

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La discesa avrebbe avuto luogo il 4 maggio assieme a due compagni di avventura, il corregionale Davide Limongi, del Soccorso Alpino, e il veneto Giovanni Zaccaria, anche lui guida alpina, due amici “dal gaso garantito” scrive sempre Mosetti sui social. E aggiunge di “aver […] pian piano scoperto che la montagna non era mai stata scalata, mai stata sciata, non aveva una quota precisa e nemmeno aveva un nome. Ma era bellissima e tanto bastava.
Tra i commenti al suo post si legge quello della guida alpina di Chamonix Julien “Pica” Herry, che solleva il dubbio sul fatto che la cima sia inviolata, riportando che potrebbe trattarsi della stessa cima raggiunta e sciata quindici anni fa da un’altra guida alpina di Chamonix, Yannick Graziani, che sarebbe però sceso per il versante più facile e non per quello settentrionale percorso dai tre giovani, più ripido, laborioso e inedito. In tutto si tratta, scrive Mosetti di “1500 metri di parete, salita one push dal campo base a 4000 metri. 1300 metri sciati nella neve più bella della stagione. Altri 200 di alpinismo abbastanza sofferente per arrivare in cima a 5505 metri”.

Nessuno dei componenti la spedizione è raggiungibile, perché i tre sciatori si trovano ancora nel Gilgit – Baltistan per cercare altre linee di discesa, al momento top secret. È desiderio di Mosetti battezzare la cima Romboss Peak, in memoria dell’amico muggesano Leonardo Comelli, che ha perso la vita durante una spedizione del giugno 2016 scendendo con Mosetti, Zeno Cecon e Carlo Cosi dal Laila Peak, nella stessa regione: “La cima ora ha una salita, una discesa, una quota e anche un nome. Romboss (nomignolo dello stesso Comelli, ndr) Peak. Dedicato a Leo, la mia più grande ispirazione, il mio più grande amico. Te la dovevo”, conclude Mosetti.

Mosetti ha cominciato a distinguersi per il suo talento e il fiuto da sciatore avventuroso nel 2015, con due discese realizzate in solitaria da due seimila nelle Ande del Perù, in Cordillera Blanca: qui ha compiuto in solitaria l’Artesonraju, montagna simbolo della Paramount, già percorsa dai grandissimi Patrick Vallençant e Jean-Marc Boivin e il Tocclraju, dove ha sciato l’inviolata parete Ovest on sight con pendenze fino a 55/60 gradi.
L’anno successivo, marzo 2016, compie assieme al tarvisiano Zeno Cecon la discesa della parete nord del Grande Nabois, uno scudo di neve nel cuore delle Alpi Giulie sciato solo una volta, nel 1986, dai triestini Mauro Rumez e Claudio Gardossi, che raramente si trova nelle giuste condizioni di innevamento per essere disceso in sicurezza.
Nel 2017 assieme ai due britannici Ben Briggs e Tom Grant un altro grande risultato arriva dalla South Island in Nuova Zelanda, dove i tre sciatori compiono la prima discesa assoluta con gli sci della Caroline Face, il versante più aspro e difficile del Monte Cook/Aoraki. Prima di loro avevano tentato l’impresa, senza riuscirvi, in tanti, e lo svedese Magnus Kastengren vi aveva perso la vita.

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