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La tristezza delle Alpi povere di neve viste dallo Spazio

Sulle Alpi si manifesta anno dopo anno una crescente carenza di neve, che si prova a controbilanciare, per mantenere in attività gli impianti sciistici, puntando sull’utilizzo della neve artificiale. Questo lo scenario emerso dal recente report di Legambiente “Nevediversa 2023”. Una soluzione definita insostenibile, sia sul fronte ambientale che per i costi ad essa legati, cui sarebbe importante valutare alternative senza ulteriori tergiversazioni. Se con i puri dati numerici si tende spesso ad avere difficoltà ad immaginare determinati scenari, se di fronte al termine “record” tendiamo ormai a sentirci nauseati, tanto lo sentiamo ripetere ogni qualvolta si parli di clima, a rendere evidente quanto sia drammatica la situazione sull’arco alpino, in particolare sul settore occidentale delle Alpi, in termini di scarso innevamento in quello che di fatto, in termini astronomici, è da considerarsi ancora inverno, è una immagine dallo Spazio che ci regala il programma Copernicus. Uno scatto acquisito da uno dei satelliti Sentinel-3 lo scorso 5 marzo.

Credit: European Union, Copernicus Sentinel-3 imagery

“Le Alpi occidentali continuano ad essere interessate da scarse precipitazioni nevose, che ora raggiungono i livelli più bassi mai registrati in diverse zone – si legge nel testo che accompagna lo scatto – . Questa immagine, acquisita da uno dei satelliti Copernicus Sentinel-3 il 5 marzo 2023, mostra la scarsità del manto nevoso nella parte italiana e svizzera delle Alpi. In quest’area, l’equivalente idrico invernale (parametro che rappresenta l’acqua contenuta nella neve, ndr) giornaliero valutato nella regione per l’inverno 2022/2023 è stato costantemente e significativamente inferiore al precedente record del 2021/2022 e al valore medio invernale complessivo, calcolato nel periodo compreso tra il 1998 e oggi.”

Qui di seguito il grafico che mostra il “record” svizzero:

Siamo di fronte a una anomalia o al presagio di una nuova normalità? Si chiedono gli esperti svizzeri. Una domanda che dovremmo iniziare a porci tutti.

E qui di seguito i grafici che ci riguardano più da vicino, realizzati in riferimento alle Alpi italiane e agli Appennini dalla Fondazione CIMA (Centro Internazionale Monitoraggio Ambientale), che già al 15 di febbraio segnalava il “persistere di una condizione di deficit a risorsa idrica nivale a livello nazionale (-45%), con picchi nella zona alpina (-53%) e in particolare nel bacino del Po (-61%)”. Situazione che risulta peggiorata nel corso delle settimane. “Il 4 marzo – evidenzia la Fondazione – è storicamente il giorno di massimo accumulo di neve in Italia. Da questa data in poi, diventa più difficile avere nevicate abbastanza intense e prolungate nel tempo da rimpiazzare la neve a oggi mancante.”

I dati aggiornati all’8 marzo confermano quello che stiamo studiando dall’inizio della stagione – dichiara Francesco Avanzi, idrologo esperto di neve e ricercatore di Fondazione CIMA – . Rileviamo un deficit totale del -63%, a causa delle temperature elevate che abbiamo avuto a fine dicembre e poi da metà febbraio. Ciò significa che ad oggi abbiamo circa 1/3 della neve degli ultimi anni, con una grave mancanza non solo sulle Alpi italiane, che presentano un deficit ormai sistemico , ma anche sugli Appennini. Stessa sorte per i bacini del Po e dell’Adige, che presentano un deficit del -66% e -73%, anche maggiore rispetto al quadro nazionale”.

A fine gennaio in sintesi stavamo messi abbastanza bene, ma le temperature significativamente miti di febbraio hanno portato all’esaurimento di 1/3 delle risorse idriche nivali. “La correlazione ormai è chiara: temperature calde corrispondono ad una fusione più accelerata e quindi a meno neve” continua Avanzi. 

Nel suo complesso, la situazione è peggiore rispetto allo scorso anno, pure già molto siccitoso. E, ormai, con la primavera alle porte, diventa urgente valutarne le implicazioni. “Dobbiamo chiederci: che cosa abbiamo imparato dai precedenti deficit di neve? – conclude Avanzi – . Innanzitutto, che le scarse risorse idriche nevose spesso portano a un calo della produzione di energia idroelettrica su scala alpina. In secondo luogo, che gli anni caldi e siccitosi come il 2022 vedono meno neve ma anche un maggiore fabbisogno di acqua per l’irrigazione, come suggeriscono i dati della Regione Autonoma Val d’Aosta, analizzati in collaborazione con ARPA Val d’Aosta. È una “tempesta perfetta” per le nostre montagne, che forniscono meno neve – proprio quando avremo bisogno di più acqua del solito.”

Negli ultimi giorni qualche nevicata è tornata a imbiancare le vette occidentali, facendo tirare un sospiro di sollievo. Ma come già evidenziato lo scorso mese dagli esperti, non si tratterà di precipitazioni in grado di colmare il deficit.

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