“Dhaulagiri”, la difficile primavera di Esteban Mena e Carla Perez sulla settima vetta della Terra
Nella primavera del 2021, il trio composto da Esteban “Topo” Mena, Carla Perez e Corey Richards, partiva alla volta del Nepal, con l’intenzione di tentare la salita alla settima vetta più alta del Pianeta, il Dhaulagiri (8167 m), passando per la inviolata cresta nord-ovest. Un obiettivo ardito quello di aprire una nuova via su una delle montagne più pericolose del Pianeta, sfumato a pochi giorni dall’arrivo al campo base a causa dell’abbandono della squadra da parte di Richards. Un imprevisto che non ha frenato la voglia di vetta della coppia Mena-Perez, seppur optando infine per la classica via normale, dopo un tentativo abortito di affrontare da soli la potenziale nuova via. Il racconto di quella primavera, vissuta in altissima quota, tra gioie e frustrazioni, è oggi un film, dal titolo “Dhaulagiri”, disponibile sul canale Youtube dell’azienda Eddy Bauer.
Sinossi
Un alpinista ecuadoriano bilancia amicizia, amore e fortuna nel suo tentativo di scalare una nuova via su una delle montagne più alte e pericolose del mondo, il Dhaulagiri.
Esteban “Topo” Mena è una guida alpina ecuadoriana e astro nascente dell’alpinismo il cui sogno è quello di aprire una nuova via sull’Everest. Si unisce a Cory Richards, un fotografo del National Geographic e il primo americano ad aver salito un Ottomila in inverno, e insieme tentano una salita mai realizzata prima sulla parete nord dell’Everest. Anche se falliscono al primo tentativo, giurano di tornare la stagione successiva.
Tuttavia, a causa della pandemia del Covid-19, il versante nord dell’Everest rimane chiuso, quindi l’ambizioso duo rivolge la propria attenzione a una nuova rotta futuristica sul Dhaulagiri, la settima montagna più alta del mondo. Questa via, tuttavia, sembra molto più difficile e soggetta a valanghe dell’Everest, richiedendo che si alleino con un terzo membro. Scelgono l’alpinista ecuadoriana Carla Perez, prima donna in assoluto ad aver scalato con successo l’Everest e il K2 senza ossigeno supplementare in un solo anno. Quando il rischio di morte sul Dhaulagiri porta la squadra a un punto di rottura, gli alpinisti sono costretti a confrontarsi con la domanda sul perché arrampicano e perché ne valga la pena.