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Libertà, etica e adattamento: il manifesto delle guide alpine dopo la tragedia della Marmolada

Questa estate, più di ogni altra, ci siamo resi conto dell’imminenza del problema climatico. Siccità, caldo torrido, fenomeni meteorologici estremi sono stati il messaggio inequivocabile che il modello che l’uomo sta applicando alla Terra è da rivedere, con la massima urgenza.

La tragedia della Marmolada dello scorso luglio è stato l’urlo più estremo della montagna, che ha reso impossibile voltarsi dall’altra parte costringendo tutti, anche chi fino a quel momento ha fatto finta di non vedere, a osservare gli effetti del cambiamento climatico sulle terre alte e ad aprire una discussione. Le decisioni successive delle guide alpine di tutte le regioni alpine di evitare l’accompagnamento su alcune vie perché troppo pericolose a causa della situazione climatica hanno ampliato il dibattito. Certe scelte o proposte degli amministratori locali di chiudere preventivamente l’accesso montagne di loro competenza hanno esteso la questione anche al tema della libertà di frequentazione della montagna e della responsabilità.

Il Manifesto Etico delle Guide alpine venete

Qualche giorno fa, durante un momento di ricordo delle vittime del crollo del ghiacciaio della Marmolada, su iniziativa del Collegio regionale delle Guide alpine del Veneto è stato approvato un “Manifesto etico, figlio dell’esigenza di dare una cornice di senso alla catastrofe appena successa e della voglia di onorare così la memoria dei colleghi scomparsi”. Tale carta è stata poi sottoscritta dal Club alpino Veneto, dal Cnsas regionale e dalle guide alpine e accompagnatori del Trentino. La sottoscrizione è aperta a chiunque.

Il Manifesto contiene cinque principi a cui dovrebbero ispirarsi i professionisti della montagna. Si parla di assunzione di responsabilità e di libertà, che deve essere preservata da una iper-regolamentazione che ha l’illusione di eliminare il rischio insito nell’ambiente montano; dei cambiamenti climatici, che stanno modificando gli ambienti naturali e che quindi richiedono adattamento e informazione, perché volenti e nolenti non si può più frequentare la montagna come si faceva anche solo un decennio fa. E proprio allo scopo di mitigare gli impatti antropici, le guide alpine si assumono in questa carta etica l’onere di promuovere un turismo sostenibile, rispettoso e responsabile della montagna. Uno sforzo che però deve essere compiuto facendo rete tra tutti gli stakeholder della montagna, allo scopo di garantirle un futuro.

I punti del Manifesto Etico

  1. Rivendichiamo un diritto universale alla frequentazione libera degli ambienti naturali.

    Chi decide di frequentare gli ambienti naturali, ne accetta i rischi e se ne assume la responsabilità: riconosciamo che nessuno può garantire la sicurezza totale in un ambiente incontrollabile e caratterizzato da rischi oggettivi, ma sappiamo anche che i rischi soggettivi possono essere ampiamenti mitigati dalla conoscenza del territorio, dall’acquisizione di competenze e dal sapere che viene dall’esperienza.
  2. Rifiutiamo la visione politica di una montagna ridotta a parco giochi, a infrastruttura di svago regolamentata.

    È importante che si diffonda la consapevolezza del fatto che nessuno può avere il controllo di fattori stocastici: non i sindaci, non il soccorso alpino, non le guide. Gli ambienti naturali sono dinamici ed in costante evoluzione: chi non è disposto ad assumersi la responsabilità, con consapevolezza, del contatto con la natura, deve fare autocritica e rinunciare alla frequentazione di questi ambienti.
  3. Riconosciamo i cambiamenti climatici come fattore di complessità crescente degli ambienti naturali.

    Sappiamo che in questi ambienti in evoluzione sono sempre più frequenti episodi inediti ed estremi. Come guide ci impegniamo a continuare la nostra formazione sul tema, e a fare opera di educazione e divulgazione tra i nostri clienti: diffondere la conoscenza sui fattori di adattamento e mitigazione è un atto di responsabilità verso le generazioni future.
  4. Riconosciamo gli impatti ambientali del turismo, e ci impegniamo a promuovere una frequentazione etica e responsabile degli ambienti naturali.

    Il turismo si deve fermare quando diventa un fattore di stress per le popolazioni (umane e non umane) locali, e quando rappresenta una minaccia per la qualità della vita dei residenti e per la capacità di perpetuarsi dei servizi ecosistemici. Come operatori turistici, sentiamo l’esigenza di lasciare la nostra impronta sul mercato, incentivando modalità di fruizione che non consumino il territorio, e che siano rispettose dell’ambiente.
  5. Pensiamo che la partecipazione sia fondamentale per governare nel modo migliore la complessità in evoluzione dei territori di montagna.La creazione di reti tra istituzioni, imprese, cittadini, terzo settore e professionisti è un aspetto cruciale nella prevenzione dei conflitti sul territorio e nella condivisione di una visione per il futuro. Le guide presidiano quotidianamente i territori impervi, e si impegnano in un ruolo di sentinelle privilegiate, attori di una sorveglianza diffusa sui segnali di cambiamento, in un’ottica di collaborazione con gli altri soggetti presenti sul territorio.
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2 Commenti

  1. Leggendo, inizialmente mi meravigliavo che le guide non affermassero come al solito la loro superiorità come unici professionisti della montagna e garanti della sicurezza.
    Mi sembrava quasi un bello scritto, ma per me è proprio bello, perché finalmente le guide presentavano una dichiarazione di volontà di umiltà e di collaborazione con tutti i numerosi e spesso più capaci “altri”.
    Poi alla fina leggo “sentinelle privilegiate” e quindi siamo alle solite, ma con molta più abilità politica per portare l’acqua al proprio mulino.
    Auguri !

  2. due note:
    1)il problema climatico nn e’certo imminente ma gia’presente almeno da un decennio..ultimamente si e’solo aggravato…
    2)stakeholder della montagna e’ proprio una parolaccia…tra l’altro e’ ambiente al 99% demaniale…quindi l’azionista,casomai sarebbe uno solo..
    3)piu’delle chiacchiere valgono gli esempi:andare sul ghiacciaio della Marmolada in quelle condizioni prevedendo addirittura ritorni pomeridiani,e’vero,fa parte del libero arbitrio di guide&clienti,mix a volte nefasto..che pero’ esser li’alle 13 in quelle condizioni lo trovo censurabile,soprattutto da parte dei professionisti…che ESEMPIO hanno dato?il RIP alle persone,corre il rischio di esser esteso ad una professione che nn fa mai autocritica??
    4)credo che il soccorso alpino debba esser pagato cmque,fatta salva la possibilita’di assicurarsi..e qui le compagnie potrebbero svolgere un ruolo..cmque tutto da discutere..credo che se per una settimana di fruizione dell’alta montagna un turista/alpinista debba pagare magari,che so,50 euro,sarebbe forse corretto?
    e dovrebbe valere anche per i sentieri..ovunque il soccorso alpino venga coinvolto..

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