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Tor des Géants, edizione ricca di emozioni con finale a sorpresa tra tempeste di neve

Sono tornati a casa con un carico di emozioni come ogni anno i Giganti protagonisti del TORX. Per qualcuno  non è mancata una punta di delusione causata dall’interruzione del TOR330- Tor des Géants e  TOR450 – Tor des Glaciers e annullamento del TOR30 – Passage au Malatrà, per il sopraggiungere di una perturbazione più intensa del previsto, che nella notte tra venerdì e sabato ha portato vento e neve intensi. Ripercorriamo insieme una settimana intensa, in cui sono stati collezionati record e non sono mancate sorprese.

Via alle gare con il TOR450

A dare il via alla tredicesima edizione del TORX è stato il TOR450 – Tor des Glaciers. Dal Jardin de l’Ange di Courmayeur alle 20 in punto di venerdì 9 settembre sono partiti in 130. Una gara lunga 450 chilometri con 32.000 metri di dislivello sulle Alte Vie 3 e 4 della Valle d’Aosta. A vincere quella che non è solo una competizione sportiva ma un’avventura epica, un profondo viaggio in alta quota, è stato un incredibile Sebastien Raichon. Non esistono altri aggettivi idonei a descrivere la sua performance.

Il suo TOR450 si è concluso appena prima della mezzanotte tra mercoledì 14 e giovedì 15 settembre. Una cavalcata in solitaria che, giorno dopo giorno, chilometro dopo chilometro, ha stupito tutti: “riuscirà a tenere questo ritmo per 450 chilometri?”. Ebbene sì, ce l’ha fatta. Anzi, è andato sempre più veloce nonostante gli oltre cinque giorni in marcia sulle Alte Vie 3 e 4 del TOR450 – Tor des Glaciers: il suo tempo totale di 123 ore 57 minuti 18 secondi abbassa di oltre dieci ore il record fatto registrare da Luca Papi nella prima edizione del 2019 (134h10’01”).

Raichon ha tagliato il traguardo alle 23.57 sotto una pioggia battente ma con una freschezza ed una lucidità fisiche e mentali impressionanti, sorridente ed ancora capace di scherzare: “Non volevo far andare a dormire troppo tardi Courmayeur. Il secondo ed il terzo giorno non sono stato molto bene ed ho rallentato un po’, scusate se vi ho fatto aspettare”.

Il cinquantaduenne francese nel 2019 aveva chiuso al decimo posto il Tor des Géants, ma il Tor des Glaciers è stata per lui un’altra emozione: “Il percorso è fenomenale e molto tecnico, è una grande avventura. Sono stato commosso dal calore umano che ho trovato lungo il percorso e nei rifugi, siamo stati trattati come dei re”. Dopo aver vinto entrambe le precedenti edizioni – l’anno scorso in coppia con Jules-Henry Gabioud – quest’anno Luca Papi si è dovuto “accontentare” di un secondo posto, anche questa volta in coppia. L’italo-francese ed il sudafricano Tiaan Erwee sono infatti arrivati mano nella mano nella mattinata di giovedì dopo 134 ore 23 minuti 35 secondi, un tempo in linea con il suo record.

Sul fronte femminile, a vincere il TOR450, dopo aver condotto una gara “prudente”, la belga Isabelle Ost. L’italiana Marina Plavan, alla ricerca della vittoria dopo 2 secondi posti consecutivi, all’alba di venerdì sul Col Barasson, a neanche 40 chilometri dal traguardo e dopo averne percorsi più di 400, è caduta ed è stata costretta al ritiro quando aveva più di due ore di vantaggio sulla belga. Niente di grave per lei, ma la delusione per aver visto sfumare la vittoria é sicuramente grande. Ost è arrivata al traguardo dopo 168 ore 04 minuti 32 secondi, condividendo l’intero viaggio con il marito Stéphan Bero. La quarantatreenne belga partecipò, nel lontano 2010, al primissimo Tor des Géants, chiudendo al quinto posto della classifica femminile.

All’arrivo ha ballato insieme al marito, a cui ha dedicato la vittoria insieme ai loro figli e a Marina Plavan: “Era in testa alla corsa ed era più forte di me, avrebbe meritato di vincere. Ho portato a termine la corsa anche per lei”, ha detto con grande sportività. A completare il podio la francese Chloe’ Saint Joly (171:43:16) e la britannica Nicky Spinks (173:20:59).

Tor des Géants

Il nuovo re del TOR330 -Tor des  Géants è Jonas Russi che, grazie al vantaggio enorme accumulato lungo i 330 chilometri della gara, iniziata nella mattina di domenica 11 settembre, ha potuto gestire non solo la grande fatica ma anche la pioggia caduta durante l’ultima notte e che lo ha accolto a Courmayeur. Lo svizzero è giunto infatti al traguardo alle 8.31 di mercoledì 14 settembre e ha impiegato 70 ore 31 minuti e 36 secondi per portare a termine la sua gara.

Tanta commozione e stanchezza all’arrivo per Russi, che ha dormito solo 17 minuti in totale ed ha faticato a trovare le parole per descrivere la sua impresa. Un’impresa voluta, cercata, dopo l’amarezza dell’anno scorso quando, al suo esordio, abdicò dopo il Rifugio Champillon, cedendo il passo a Franco Collé, al quale aveva tenuto testa fino a lì e con il quale aveva vinto la SwissPeaks 360 nel 2020. Il gressonaro quest’anno si è ritirato già la prima sera, a causa del riacutizzarsi di un fastidioso dolore al tendine d’Achille che lo aveva tormentato di recente, poi pian piano tutti gli altri suoi avversari diretti, e così Russi si è avviato in solitaria senza volersi gestire.

Il suo vantaggio sugli inseguitori è cresciuto fino ad oltre cinque ore, ma non ha voluto fare calcoli nonostante alla vigilia avesse alcuni dubbi sulla propria tenuta fisica e fosse indeciso se partecipare all’endurance trail più duro del mondo. Russi, classe 1985, due settimane prima del via del TOR aveva corso in maniera eccellente i 170 chilometri dell’Ultra-Trail du Mont-Blanc, chiudendo in ottava posizione, oltre ad aver ottenuto un sesto posto alla Lavaredo Ultra Trail a fine giugno.

Al secondo posto Simone Corsini, arrivato ancora sorridente e “in volata” in 75h27’33”, ha migliorato di oltre sette ore il suo tempo dell’anno scorso che gli era valsa la quinta posizione. Ha dovuto però lottare più del previsto, perché alle sue spalle stava arrivando Andrea Macchi, ad un certo punto a soli 16 minuti da lui, che ha poi concluso la gara in 76h43’50”.

Sabrina Verjee è un nome poco conosciuto al di fuori dalle gare della Gran Bretagna. Quest’anno la veterinaria quarantunenne ha sicuramente trovato il modo di farsi conoscere nel panorama internazionale del trail, con una prova di forza impressionante al Tor des Géants: è lei, infatti, ad aver vinto la gara femminile dell’endurance trail più duro del mondo con un tempo stratosferico di 80h19’38”, prima donna a scendere sotto le 85 ore.

Difficile non parlare di record, nonostante il cambio di percorso che ha escluso il Col Brison, con Verjee che ha chiuso addirittura al quinto posto della classifica assoluta, dopo aver a lungo inseguito la spagnola Silvia Trigueros Garrote che sembrava non avere rivali e che, fino al giorno precedente, si avviava verso il suo quarto TOR. Invece, la britannica ha man mano recuperato terreno sulla basca, rosicchiando minuti su minuti nella serata di giovedì e trovando il sorpasso tra il Rifugio Magià ed il Rifugio Cuney attorno alla mezzanotte. Garrote, che pure ha corso sui suoi tempi migliori, non ha avuto la forza di restare attaccata a Sabrina Verjee, che ha accresciuto sempre più il vantaggio.

Trigueros Garrote ha chiuso poi la gara in seconda posizione, in 84h58’55. “Non ho fatto la gara su Trigueros Garrote ma ho voluto fare la mia corsa”, ha detto Sabrina Verjee. “Ci siamo superate varie volte nei rifugi, perché una o l’altra dormiva. È stato bello fare un pezzo di percorso con lei”. La britannica ha avuto alcuni problemi di salute, oltre a soffrire di asma: “Per 36 ore non riuscivo a mangiare ed è stata dura. Rispetto alle gare che sono abituata a fare qui le montagne sono più imponenti ed ho avuto problemi di altitudine, anche se sono venuta qui qualche settima prima per acclimatarmi e questo ha aiutato”.

Abituata a gare ed imprese da endurance, Sabrina Verjee ha vinto nel 2020 la Spine Race e nel 2019 la Spine Fusion, entrambe da 430 chilometri, oltre ad aver fatto registrare nel 2021 il record dei laghi Wainwright, 525 chilometri e 36.000 metri di dislivello, battendo il precedente tempo che appartiene a Paul Tierney. A completare il podio in terza posizione la francese Sandrine Beranger (89:40:04).

TOR130

Dallo start (ore 21.00 di martedì 13 settembre) al traguardo, il TOR130 – Tot Dret ha visto il dominio dell’italiano Henri Grosjacques. Una gara affrontata senza mai voltarsi indietro o dare segni di cedimento: nemmeno la pioggia battente è riuscita a scalfire la prestazione pressoché perfetta: 130 chilometri con 12.000 metri di dislivello, corsi ad un ritmo ancora più sostenuto rispetto allo scorso anno, quando sorprese un po’ tutti gli avversari portandosi a casa una prestigiosa vittoria in 25h42’23”. Sotto lo striscione del Jardin de l’Ange, a Courmayeur il cronometro si è fermato a 22h06’31”: un tempo ottimo, per Grosjacques, inferiore a quello di Giuliano Cavallo (23’h01”25) del 2019 con un percorso però più lungo.

I suoi avversari – 386 i partenti da Gressoney-SaintJean – si sono man mano dovuti arrendere al suo passo: il primo ad alzare bandiera bianca è stato l’altro valdostano, favorito della vigilia, Gilles Roux, ritiratosi a Ollomont. Sul podio sono saliti quindi, insieme a Grosjacques, il belga Florentin Gorris (22h39’06”) e lo svizzero Vincent Boitelet (24h03’05”). Tra le donne la vittoria è andata ad Alessandra Boifava, in 25h45’25”. La vicentina, già terza nel 2018, ha fatto la propria corsa sulle due atlete più forti del lotto – Oksana Riabova e Cristiana Follador – approfittando del loro ritiro, avvenuto per entrambe a Oyace. A completare il podio, tutto italiano, Katrin Bieler (27:12:25) e Denise Zacco (27:12:25).

La neve sul finale

La tempesta di vento e neve che ha investito i runner nella notte tra venerdì 16 e sabato 17 settembre, ha portato gli organizzatori alla sofferta decisione di stoppare le gare in corso (TOR330 e TOR450) e annullare il TOR30 non ancora iniziato.

“Il TORx è una sfida particolarmente dura e intensa e l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. Lo sanno bene gli atleti che nella notte tra venerdì e sabato sono stati sorpresi da una tempesta di neve sul Col Malatrà che li ha costretti a passare la notte al Rifugio Frassati – il racconto dell’organizzazione – . All’alba dell’ultimo giorno il sole illuminava un panorama stupendo, ma purtroppo i sentieri impraticabili e le condizioni meteorologiche avverse hanno costretto l’organizzazione ad annullare tutte le gare. Tornato il bel tempo, però, tutti i giganti sono stati accompagnati a Courmayeur dove ad aspettarli c’era un bel clima di festa per gli arrivi degli ultimi atleti.”

Una decisione che ha portato come conseguenza a definire dei criteri di riconoscimento per i finisher. Una prima dichiarazione riportava a tal proposito che “per quanto riguarda il TOR330, gli atleti che hanno raggiunto Saint-Rhémy-En-Bosses entro le 136 ore di corsa (le 2 di questa mattina per la prima ondata di partenza, alle 4 per la seconda) o che hanno raggiunto il Rifugio Frassati, saranno considerati finisher. Per il TOR450 saranno considerati finisher i corridori arrivati all’Hotel Italia.”

Successivamente la direzione di gara ha deciso di assegnare il premio finisher a tutti i corridori TOR330 – Tor des Géants risultati regolarmente in gara al momento dell’interruzione con rilevamento cronometrico di Bosses o oltre.

Domenica di premiazioni

Come da programma, domenica 18 settembre sono andate in scena le premiazioni delle gare. “Grazie a tutti coloro che hanno partecipato a questa edizione 2022 del TORX® – il commento conclusivo diffuso sui social dagli organizzatori – . Alla cerimonia di premiazione c’eravate (quasi) tutti, per applaudire e ringraziare con grande entusiasmo i nostri atleti e tutti i nostri Volontor. È sempre meraviglioso sentire tutto il vostro entusiasmo e il vostro calore siete è solo grazie a voi che questa manifestazione può continuare ad essere così grande e meravigliosa.” 

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