Turismo

Capperi, dammusi e sentieri. Il nuovo volto oltre il mare di Pantelleria

Sul “tetto” di Pantelleria c’è anche il bosco. Il sentiero che sale da Sibá s’inerpica a lungo tra muri a secco e ginestre, poi s’immerge in una fresca lecceta. Ancora qualche minuto, tra ciclamini e massi ricoperti di muschio, porta al crinale della Montagna Grande, che culmina a 835 metri. Lo sguardo, da qui, spazia sui promontori rocciosi dell’Arco dell’Elefante e di Punta Spadillo, e i terrazzi dove si coltivano da secoli capperi e vite. Un sentierino con un tratto scavato nella roccia scende alla Grotta dei Briganti, che si apre in una rupe di lava. “Qui, per secoli, ci si è nascosti per sfuggire al pericolo che arrivava dal mare. Nel Cinquecento uomini, donne e bambini fuggivano davanti alle incursioni dei pirati barbareschi. Dopo l’Unità d’Italia i giovani si nascondevano per sfuggire al servizio di leva” spiega Piergiacomo Bianco, che ha lasciato la Puglia per lavorare qui come guida.

Tutte le isole sono speciali, e Pantelleria lo è più di altre. Gabriel García Márquez l’ha descritta come una “pianura solare di rocce vulcaniche”, circondata da un “mare eterno”. Nei secoli, da qui, sono passati Fenici e Romani, Bizantini e Arabi, poi i Borboni, l’Italia unita, le bombe della Seconda Guerra Mondiale. Dopo il ritorno della pace è arrivato il turismo, che ha scoperto il blu intenso del mare, i fondali, le sapienti architetture dei dammusi, le case-fortezza dei contadini locali, e dei “giardini panteschi” che proteggono dal sole gli agrumi. Da qualche tempo, l’isola ha scelto di dare un’immagine diversa di sé. 

Il Parco nazionale di Pantelleria è nato sei anni fa, per favorire la ripresa dopo un incendio devastante. Tutela 6560 ettari, l’80% della superficie dell’isola. Lavoriamo per creare un ambiente migliore anche per i residenti, per attirare visitatori tutto l’anno, per creare lavoro” spiega Sonia Anelli, parmense, la prima donna a dirigere un Parco nazionale italiano.

I cento chilometri di viottoli e sentieri ripuliti dalla vegetazione dal Parco, dal CAI e dalla Forestale siciliana, e indicati da segnavia, da cartelli e su una mappa in distribuzione gratuita, sono uno dei primi risultati di questo lavoro. Sono state formate 52 guide, e alcune di loro sono arrivate da lontano. Oltre a Piergiacomo, pugliese, mi accompagnano tra boschi, fumarole e dammusi Matteo che arriva dal Friuli, Bruno che ha lasciato Varese, Anna Maria e Damiano che da Palermo hanno fatto rotta verso sud. E’ una passione contagiosa, perché molti dei loro clienti arrivano dall’Emilia, dal Trentino, dalla Germania e dalla Francia.

Per esplorare le strade tortuose di Pantelleria, di solito, si usano piccole auto a noleggio. Qualche visitatore avventuroso preferisce una moto o uno scooter. I sentieri permettono di proseguire dove le ruote si fermano, verso i luoghi più spettacolari dell’isola. Dal faro di Punta Spadillo ci si affaccia su insenature e fondali ben note ai sub, da Rakhali e dal Salto la Vecchia si scende alla Balata dei Turchi, un approdo sorvegliato da un dirupo di lava. Offre un’atmosfera più dolce lo Specchio di Venere, l’unico bacino d’acqua dolce dell’isola. 

Percorsi tra la natura e la storia toccano i Sesi (i “nuraghe” di Pantelleria), l’Acropoli romana e fenicia, la “sauna naturale” di Benikulà, una grotta scaldata da un’emissione di vapore, il cratere del Monte Gibele. Sono purtroppo chiusi alle visite il castello Barbacane, che ospita il Museo archeologico, e il gigantesco (330 metri) hangar sotterraneo costruito negli anni Trenta per ospitare i caccia e i bombardieri di Mussolini. 

Pantelleria si raggiunge in aereo tutto l’anno da Palermo, Trapani o Catania, e in estate anche con voli diretti da altri aeroporti italiani, i traghetti partono da Trapani e Marsala. Sul sito www.parconazionalepantelleria.it si trovano i recapiti delle guide escursionistiche e si possono scaricare le descrizioni e le tracce degli itinerari segnati. Il consorzio Pantelleria Island, www.pantelleriaisland.it, offre sistemazioni di ogni livello e pacchetti per le sezioni CAI e altri gruppi di escursionisti. In tutte le stagioni occorrono una buona scorta d’acqua e calzature solide, perché i viottoli e i sentieri sono in gran parte sassosi.   

L’anello di Punta Spadillo e Cala Cottone 

(80 metri di dislivello, 1.30 ore, E)

Questo bell’anello inizia dal posteggio (48 metri) di Punta Spadillo, che si raggiunge dalla Strada Perimetrale. Pochi minuti su una strada sterrata, tra pinnacoli di lava, portano al Museo vulcanologico del Parco e al faro di Punta Spadillo, affiancato da vecchi bunker. Si segue una strada lastricata (segnavia 973), si tocca un recinto che ospita alcuni asini di Pantelleria, si tocca un grande dammuso e si arriva in vista di alcune case. Verso sinistra (segnavia 973A) si scende al mare di Cala Cottone. Si torna indietro, si piega a destra per un viottolo non segnato (il “Sentiero della costa”), e si continua sull’orlo della scogliera fino a Punta Spadillo. 

Da Punta Spadillo al Lago di Venere e a Pantelleria

(dislivello in salita 140 metri, dislivello in discesa 190 metri, 3 ore, T)

Anche questo percorso inizia da Punta Spadillo, che conviene raggiungere in bus. Dal Museo e dal faro, si segue il sentiero (segnavia 973) che scende al Laghetto delle Ondine, aggira la Cala Cinque Denti e raggiunge la Strada Perimetrale. La si segue in discesa, poi si scende allo Specchio di Venere (o Bagno dell’Acqua). Lo si aggira, si sale seguendo i segnavia 980, si scavalca un crinale (75 metri) e si continua tra le case Khaddiuggia. Si percorso aggira l’aeroporto, tocca le case di San Marco e raggiunge l’Acropoli (110 metri), con mura e cisterne realizzate da Fenici, Cartaginesi e Romani. Un’ultima discesa, alla fine sull’asfalto, porta al capoluogo e al porto.

L’anello della Montagna Grande

(dislivello 600 metri, 4.30 ore, E)

Il sentiero migliore per salire alla Montagna Grande inizia dalle case di Sibá (326 metri), che si raggiungono da Bukkuram o da Scauri. Seguendo i segnavia 971, si sale tra campi e muri a secco fino a un’area da pic nic. Si sale nel bosco al crinale della Montagna Grande (825 metri), e si va a destra (segnavia 971A) verso una costruzione di pietra con immagini sacre, un dammuso e l’imbocco della Grotta dei Briganti, dove si entra aiutandosi con una corda. Si torna in cresta, si aggira l’impianto militare, e si scende per un’ampia pista tagliafuoco. A un bivio si piega a destra (segnavia 972) e si scende nel bosco in vista del Monte Gibele fino a una strada sterrata (556 metri). Si continua nel bosco e poi allo scoperto, toccando due grandi costruzioni in pietra a secco. Dopo una sosta alla Favara Grande (380 metri), una fumarola circondata da massi, si piega a destra, e si continua (segnavia 975) in vista della Valle di Monastero, verso il “bagno asciutto” di Benikulà e il punto di partenza. 

Da Rekhale alla Kuddia Attalora e alla Balata dei Turchi

(680 metri di dislivello, 5 ore, E)

Questo percorso, nell’estremo sud dell’isola, raggiunge la Balata dei Turchi, un approdo naturale sorvegliato da un’alta parete di roccia friabile. Dalle case di Rekhale (206 metri) si sale (segnavia 979, poi 979A) alla Kuddia Attalora (558 metri). Si torna indietro, si piega a destra a tre bivii, e si raggiunge la Strada Perimetrale all’inizio di un tracciato, asfaltato e poi sterrato, che scende al mare. Lo si segue a mezza costa, ci si affaccia sulla Punta Limarsi, si va a destra a un bivio e si raggiunge la Balata dei Turchi, dove si può fare il bagno. Si risale per lo stesso percorso, a un bivio si piega a sinistra e si sale per un ripido sentiero (segnavia 976) fino al piazzale di Salto la Vecchia. Sulla Strada Perimetrale, e poi per viottoli di campagna si torna al punto di partenza. 

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