AlpinismoAlta quota

Everest fallimentare per Batard: “Ho perso la motivazione”

Tra i protagonisti della primavera himalayana c’era anche Marc Batard arrivato in Nepal con l’intenzione di salire in vetta all’Everest senza ossigeno supplementare. Un autoregalo per i propri 70 anni, dopo che nel 1988 aveva realizzato il record di velocità sul versante nepalese con un tempo di 22 ore e mezza senza ossigeno supplementare (primato ancora imbattuto). La spedizione non è però andata come auspicato e Batard è tornato a casa colmo di delusione, come ha spiegato in una recente intervista rilasciata al portale Explorerweb.

Problemi con i permessi

Il progetto nel progetto del francese era la realizzazione di un nuovo percorso di salita che dal campo base portasse al classico secondo campo dell’Everest aggirando la pericolosa Icefall e passando lungo la parete del Nuptse. Una via che la squadra del francese aveva iniziato ad attrezzare allo scopo lo scorso autunno.

Già a questo punto iniziano i problemi: all’arrivo in Nepal il dipartimento del Turismo ha rilasciato un permesso per il Nuptse, considerando che la sua via correva sul versante della montagna, e ha richiesto che venisse pagato anche quello dell’Everest (molto più costoso) se l’intenzione era di arrivare in vetta del Tetto del Mondo. Cosa che, secondo quanto riporta ancora Explorerweb, ha notevolmente indispettito Batard che sperava di ottenere a quel punto il permesso per l’Everest gratis in virtù sia del fatto che gli avevano assegnato un’autorizzazione per il Nuptse e del servizio che stava facendo aprendo una via alternativa e più sicura. Nulla da fare.

Un progetto troppo ambizioso?

Malgrado l’intoppo iniziale il gruppo – formato da Marc batard, il figlio Alan, Pasang Nuru Sherpa, con il figlio Tenji – è arrivato al campo base e ha iniziato a lavorare sulla nuova via. Senza grandi risultati riuscendo a raggiungere la quota massima di circa 6000 metri.

I problemi di salute di Marc, già sorti all’arrivo a Namche Baazar, hanno fatto il resto e così la spedizione si è conclusa con un fiasco.

Una buona analisi è stata fatta in un podcast dal giornalista Antoine Chandelier, che per Dauphiné Libéré ha seguito dal campo base le vicende, e che racconta di un uomo legato ancora all’idea della sua giovinezza, ingannato dalla nostalgia del passato e che ha per questo motivo molto probabilmente sottovalutato un progetto troppo ambizioso per lui, soprattutto volendolo portare avanti senza ossigeno.

Cosa ne sarà del sogno di Batard sull’Everest dopo questa esperienza? A Explorerweb il francese risponde: “Mi dispiace ma ho perso la motivazione a causa di molte cose. La montagna non è più rispettata, è solo una questione di soldi, elicotteri… Forse troverò di nuovo la mia motivazione. Per ora sto aspettando che il governo nepalese mi inviti a finire ciò che ho iniziato e dove ho speso molto tempo e denaro”. Bisogna però con onestà dire che il Nepal non ha mai espresso la volontà di una via alternativa all’IceFall (che porta anche abbastanza introiti tra elicotteri che trasportano materiali ai campi alti, sherpa che l’attrezzano, ecc.) o interesse nel progetto di Batard. Staremo a vedere.

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4 Commenti

  1. Non rinuncia mai ai suoi sogni: bello !
    Ma non si rende conto del passare degli anni e della possibilità che ormai ha di realizzarli: brutto !
    Per me anche invecchiando resta un alpinista d’altissimo livello.

    1. Non hai centrato però il problema principale: “La montagna non è più rispettata, è solo una questione di soldi, elicotteri… ”
      Infatti il governo nepalese preferisce far rischiare la vita agli sherpa sull’ice-fall piuttosto che sponsorizzare una via di salita più sicura….evidentemente i 15 sherpa morti in un sol colpo qualche anno fa per una valanga non interessano…

      1. Da anni è così come dici, l’alpinismo che piace alla gente è quello urlato e reclamizzato con tante luci, meglio se con morti e soccorsi.
        Non interessa capire e tantomeno fare, il come non importa, ora nemmeno importa se si arriva in vetta, gli esempi devono essere di basso livello perché così tutti si sentono dei “grandi” e hanno tanti estimatori.
        Forse si riesce ad evitare di guardare i “pistola” lodati e pubblicizzati.
        Al solo pensiero che un “gurka di campagna” abbia salito tutti gli 8000 in sette mesi e poi abbia salito il K2 insieme ad altri 9 sherpa d’inverno, e continui a salirne facendo anche accoppiate senza ossigeno, mi sembra che quasi tutti gli “eroi” degli 8000 di questi anni siano dei brocchi solo pieni di sé e di denaro.
        Ma sono io che non capisco l’alpinismo moderno, o forse lo capisco e non mi piace per niente.
        Auguri a tutti, ma prego tutti di pensare a cosa fanno e come lo fanno, senza vantarsi, c’è sempre qualcuno più bravo.

    2. Soprattutto non si rende conto che è passata un epoca,come Mondinelli. Tutti vogliono soldi, sempre più soldi. Quelle montagne, ma anche le nostre, sono solo mucche da mungere. Gli alpinisti sono finiti, c’è solo spazio per gli uomini d’affari senza scrupoli.

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