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“È un altro mondo rispetto a prima, ora usano tutti l’ossigeno”. Intervista a Silvio Mondinelli dopo il Makalu

Silvio “Gnaro” Mondinelli è al momento Lukla in attesa che la nebbia che sta affliggendo da giorni il piccolo aeroporto si diradi così da poter prendere un aereo che lo porterà, insieme al suo compagno di spedizione Roberto Manni, a Kathmandu e poi a casa. La loro spedizione al Makalu (8463) è terminata, purtroppo senza aver raggiunto la vetta.

Lo abbiamo chiamato per farci raccontare come è andato questo ritorno agli 8000 a 64 anni e a distanza di 8 anni dall’ultima spedizione e a 15 anni dall’aver completato la salita di tutti i giganti della Terra senza l’uso di ossigeno supplementare, sesto a realizzare l’impresa, secondo italiano dopo Reinhold Messner.

Come è andata la spedizione al Makalu?

Non siamo arrivati in cima. Forse abbiamo sbagliato con le previsioni meteo… Roberto è arrivato a 8300 metri, mentre io mi sono fermato a 8100 metri. Non sentivo più i piedi e allora mi sono detto “torno indietro”. Voglio rimanere integro fin che posso e oltretutto la cima l’avevo già fatta, nel 2002. Eravamo insieme a una combriccola di tre o quattro alpinisti, però non siamo invidiosi del fatto che loro siano andati in vetta e anche se hanno usato l’ossigeno, ne abbiamo rispetto. Siamo stati poi due notti a 7400 metri con il brutto tempo e il vento. Un quarto d’ora prima di arrivare al campo base si è rotta una corda fissa e un alpinista è caduto e si è squarciato la testa, fortunatamente si è salvato ed è questo la cosa fondamentale: tutti siamo tornati a casa, tutti abbiamo le dita dei piedi e siamo sani.

Come sono cambiate le cose dall’ultima tua spedizione?

Era da diversi anni che non andavo a fare un 8000, ma non mi sono perso nulla. Ora usano tutti l’ossigeno: su 22 che eravamo al Makalu, in 19 usavano l’ossigeno.

È un altro mondo a rispetto a prima, quando andavamo noi, ed è più facile, ora si mettono giù tutte le corde fisse… Con l’ossigeno diventa più facile, per esempio, anche l’acclimatamento, che ora non esiste quasi più: vanno una volta o due a 6800 metri e basta. Noi senza ossigeno andiamo su e giù un sacco di volte per acclimatare il fisico. Magari poi sono cambiati anche i metodi di allenamento, ma con l’ossigeno è tutto più facile. Noi non lo abbiamo usato e anche se torniamo a casa senza cima siamo contenti.

Poi un tempo erano in tanti quelli che salivano con l’ossigeno l’Everest, oggi con l’ossigeno salgono su tutti gli 8000. Non so però che senso abbia: se dobbiamo usare l’ossigeno, allora rimaniamo a casa nostra in Italia. Poi non sta a me giudicare, ma è come se andassimo a fare una via difficile di roccia e tiriamo i chiodi, allora a questo punto non è meglio se ne facciamo una più facile e ci divertiamo di più?

Cosa ne pensi del record di velocità del Makalu realizzato da Karl Egloff e Nico Miranda?

Gli unici due veramente da rispettare sono questi i due ragazzi. Sono due bravi ragazzi, ho fatto loro i miei complimenti. Sono saliti in 17 ore, una bella prestazione! poi magari tra quelli che non condividono questo tipo di alpinismo c’è chi dirà che non è etico… ma fisicamente sono stati delle bestie, tanto di cappello!

Hai trovato delle differenze solo sull’uso delle bombole di ossigeno o è cambiato altro?

Il mondo è cambiato, i giovani sono cambiati, è cambiato un po’ tutto. Oggi è importante sfilare con le magliette belle, le giacche belle e la sera fare festa. Ai nostri tempi abbiamo scalato gli 8000, siamo tornati a Kathmandu e lì abbiamo festeggiato, solo una volta finita la spedizione.

C’è anche qualcosa di positivo?

L’unica cosa è che salendo così con l’ossigeno i nepalesi lavorano certamente di più: c’è un giro di elicotteri che fa paura, gli sherpa lavorano, i cuochi lavorano… se ci fossero solo gli alpinisti che non usano l’ossigeno saremmo in pochi a venire a fare le spedizioni.

Quindi non ci sarà da parte tua un secondo ritorno?

Era dal 2014 che non andavo a fare un 8000, credo che il mio tempo sia finito. Non è più il nostro ambiente, mio e di Roberto. Se volessimo tornare a fare un 8000 potremmo andare per una via dove non c’è nessuno, ci sono poi tantissimi 6000 in Nepal e ce ne sono di montagne nel mondo! Un domani può succedere.

Insomma, sei felice di questa esperienza o ti ha un po’ deluso?

No, sono felicissimo! Sono venuto con un mio amico e sono contento che sia arrivato più in alto di me, ma è anche più giovane… Abbiamo poi conosciuto tante persone belle e diverse, sherpa simpatici e lo staff della cucina è stato gentilissimo, anche se mi hanno chiamato nonno (ride, ndr) per colpa di quello che dirigeva la cucina, che conosco da 20 anni. Una volta mi chiamavano machine o iceman, ora mi chiamano nonno! Alla fine, ho 64 anni, effettivamente potrei essere nonno… Sono anche contento che dove siamo passati tanta gente mi abbia fermato e salutato volentieri, vuol dire che mi sono sempre comportato bene e questa è la cosa più importante. Poi i tempi sono cambiati… in bene o in male? Non sta me giudicare.

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