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Come è stata realizzata la foto del buco nero della Via Lattea? La risposta nelle Tre Cime di Lavaredo

Era il 2019 quando agli occhi dei piccoli esseri umani giungeva per la prima volta l’immagine del volto di un enorme buco nero. Una fotografia eccezionale, che a un primo sguardo da inesperti in materia, ricorda un po’ l’occhio di Sauron, decisamente differente dall’idea di un gigantesco imbuto nero inghiotti-tutto, che chi scrive ammette di aver elaborato nel corso dell’infanzia. Un buco nero ribattezzato Messier 87 o M87*, distante ben 55 milioni di anni luce dalla Terra, posizionato al centro della galassia Virgo A. Nei giorni scorsi la scienza dei buchi neri ha fatto un balzo in avanti, regalandoci uno scatto ancor più eccezionale: quello del buco nero della nostra galassia. Una fotografia di estrema importanza, in quanto conferma l’esistenza del corpo celeste al centro della Via Lattea.

Il 12 maggio lo scatto ha fatto il giro del mondo, diventando inevitabilmente virale sui social, una celebrità spaziale. Il nostro vicino di casa, divoratore cosmico, si chiama Sagittarius A* (o Sgr A*), e dista “soltanto” 27.000 anni luce circa dalla Terra, in direzione della costellazione del Sagittario, da cui il nome. L’artefice dello scatto è lo stesso di 3 anni fa: l’Event Horizon Telescope (EHT). Un nome singolo che in realtà definisce una rete di telescopi distribuiti in vari punti della Terra. Il risultato è merito di un team internazionale, all’interno del quale l’Italia è rappresentata da Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf)Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn)Università Federico II di Napoli Università di Cagliari.

Poste a confronto, le immagini di M87* e Sgr A* non sembrano poi tanto differenti. Ma le apparenze ingannano. Il “nostro” buco nero è minuscolo a confronto con quello di Virgo A  (circa 1000 volte più piccolo), ed è anche meno attivo. Ma perché vi stiamo parlando di Sagittarius A*, cosa c’entra con le montagne?

Dalle Tre Cime di Lavaredo allo spazio

Per comprendere il legame tra montagne terrestri e buco nero è necessario partire da una domanda: come è stata realizzata la foto di Sgr A*? La tecnica è stata esposta nel corso della conferenza di presentazione dell’immagine condotta il 12 maggio scorso presso l’ESO (Osservatorio Europeo Australe) a Monaco di Baviera, attraverso un video che prende il via dalle Tre Cime di Lavaredo.

Per arrivare alla fantastica foto del buco nero è stata infatti utilizzata una tecnica simile a quella applicata dalla startup umbra Scenari Digitali per realizzare timelapse daily, a partire da sistemi webcam stand alone distribuiti su Alpi e Appennini. “Abbiamo concesso il timelapse delle Tre Cime di Lavaredo (registrato il 17 novembre  2021) che viene presentato nel filmato proprio all’inizio – scrive la startup con soddisfazione – per la similitudine con la tecnica di generazione dei vari cluster per la ricostruzione dell’immagine di Sagittarius A*.”

“Abbiamo avuto il piacere di collaborare con lo staff del prof. Luciano Rezzolla, astrofisico della Goethe University di Francoforte, il primo ad aver realizzato una immagine di un buco nero nel 2019. La startup Scenari Digitali è stata inserita nei credits finali del filmato, è stato davvero emozionante dare il nostro piccolo contributo per una scoperta così rilevante”.

Per arrivare alla fantastica singola foto che oggi possiamo ammirare del buco nero, si è partiti da migliaia di foto, 9.000 per la precisione, del protagonista misterioso.

Come è nata la foto di SgrA*

Di seguito la spiegazione nel dettaglio del video fornita dall’European Southern Observatory ESO.

“L’animazione inizia con un video time-lapse della catena montuosa delle Dolomiti, che illustra il processo di raggruppamento e media delle immagini utilizzato per produrre l’immagine del buco nero centrale della Via Lattea, Sagittarius A*. Il video mostra perché, in un’osservazione a lunga esposizione di un soggetto mutevole, otteniamo diverse immagini possibili della stessa catena montuosa. Le singole immagini prodotte vengono raccolte in quattro diverse categorie, dette gruppi, in base alle loro caratteristiche principali. Ciascun gruppo è accompagnato da una barra verticale che indica la frequenza con cui un’immagine di quel gruppo viene recuperata dall’insieme totale di immagini. Le immagini in ciascun gruppo vengono quindi mediate nei pannelli inferiori e un’immagine media finale viene costruita nella parte superiore come media pesata delle varie medie dei gruppi (un gruppo con una barra verticale più alta ha più peso nell’immagine media finale). La seconda parte del video mostra poi questo processo applicato alle immagini reali di Sagittario A* ottenute dalle osservazioni del buco nero con l’Event Horizon Telescope. In quest’ultimo caso, le diverse immagini rappresentano descrizioni ugualmente buone dei dati osservativi e non si riferiscono a diversi istanti nel tempo come nel film time-lapse.”

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Un commento

  1. La descrizione riportata è fuorviante. Le 3 Cime non centrano nulla con quella che è stata la tecnica usata per catturare le immagini dei buchi neri. La tecnica utilizzata non è per nulla simile al timelapse, se non per il gran numero di immagini utilizzate. Però, mentre nel timelapse le immagini vengono proposte in successione a formare un video, per i buchi neri si è arrivati a una immagine finale figlia della media di tutte le immagini catturate.
    L’utilizzo delle immagini delle 3 Cime è rivolto a mostrare come l’impiego di questa tecnica (la media delle immagini) produca una immagine attendibile di quello che è un soggetto immobile eliminandone ogni elemento variabile di disturbo, un esempio lampante per mostrare l’efficacia di questa tecnica anche ai non addetti ai lavori. Ovvero lo si può sperimentare con qualsiasi timelapse di oggetti immobili, al di la che siano le 3 Cime. Direi che Scenari Digitali non ha dato alcun contributo alla scoperta dei buchi neri, tanto più che la tecnica di mediare molte immagini per arrivare a una sola immagine finale è gia in uso banalmente nell’astronomia amatoriale da almeno 25 anni.

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