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“Spettacolare e potente”, Quentin Roberts racconta la Egger in solitaria

Sulla sua salita solitaria alla Torre Egger non aveva lasciato nessun dettaglio. Si era limitato a raccontare di esserci riuscito in un breve post su Instagram. Con questa semplicità Quentin Roberts ha lasciato nuovamente il segno sulle montagne patagoniche, su quella stessa cima dove nella stagione 2019/2020 ha aperto un itinerario in memoria dell’amico Marc-André Leclerc. Con lui in quell’occasione la compagna di Leclerc, Brette Harrington, e l’amico Horacio Gratton.

Questa volta era solo, ma sul vicino Cerro Torre poteva seguire i progressi delle due cordate impegnate su est e nord, quelle formate da Korra Pesce e Tomás Aguiló e da Matteo Della Bordella, Matteo De Zaiacomo e David Bacci. Forse anche gli altri guardavano la sua salita e ricambiavano gli affettuosi gesti di saluto, uniti dalle difficoltà e dalla bellezza che solo la montagna sa regalare.

Quentin, quando hai maturato l’idea di affrontare in solitaria la Torre Egger?

“Ci ho pensato per molto tempo, ma non ho mai trovato il momento giusto per realizzarla. Poi, quest’anno, con Will Stanhope abbiamo ragionato su diversi progetti, ma alla fine si è ammalato e mi sono trovato senza compagno. Così la Egger è tornata a bussare alla porta, con il bel tempo questa solitaria poteva avere senso.”

Come hai effettuato la salita?

“Ho usato una corda singola da 60 metri e una tag line. La corda mi è servita per agganciare il sacco quando le difficoltà erano moderate e per autoassicurarmi sui tiri più difficili. Come su ‘Spigolo de Bimbi’ e ‘Espejo de Viento’. In discesa mi sono calato in doppia.”

Con quale filosofia ti approcci a queste esperienze?

“Questa è una domanda enorme, a cui è difficile rispondere in poche parole. Gran parte della mia motivazione ed esperienza nel mondo dell’arrampicata deriva da sete di esperienza e voglia di crescere. Montagna e scalata sono insegnanti potenti, che bisogna imparare ad ascoltare.”

Questa non è stata la tua prima esperienza sulla Torre Egger…

“Un paio di anni fa ho aperto una via con Brette Harrington e Horacio Gratton, sale lungo il pilastro inferiore est della Egger e si chiama MA’s Visión. Nella parte inferiore è autonoma, poi si unisce con Titanic e raggiunge la vetta. È una linea fantastica!”

L’esperienza accumulata in quella salita ti ha aiuto nella solitaria?

“Si, soprattutto in discesa.”

Ci racconti qualcosa in più sull’ascensione?

“È stata un’avventura meravigliosa, con molti errori nella ricerca del percorso e tante scoperte. Essere da soli, navigare nell’ignoto, è stato incredibile. Ho adorato i tiri su cui mi sono dovuto autoassicurare. Poi oltre, quando le difficoltà sono sembrate più docili e potevo arrampicare senza peso, mi sono goduto ogni singolo movimento. Davanti a me una vista grandiosa con la vasta calotta glaciale alla mia destra e il massiccio del Chalten a sinistra. Incredibile!”

Com’è starsene lassù, da soli?

“Spettacolare e potente. Ci si pone tante domande su se stessi e vengono a galla milioni di dubbi sulle proprie capacità, ma se sei nel tuo ambiente e ti senti a tuo agio tutto passa. C’è qualcosa di speciale nell’essere lassù da soli, una sensazione esaltante.”

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