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Un campo medico itinerante nel Nepal remoto. L’esperienza di Cuore Attivo Monterosa

Un campo tendato itinerante per offrire supporto medico nelle aree remote del Nepal. È questo il progetto che ha impegnato i volontari dell’associazione Cuore Attivo Monterosa tra novembre e dicembre 2021. Un progetto ormai consolidato, che prosegue da diversi anni, ma che per la prima volta viene realizzato in modo itinerante così da poter raggiungere quante più persone possibile, anche nelle aree più complesse e non servite da strade.

Lo scorso autunno i volontari hanno deciso di addentrarsi nella valle dell’Arun, raggiungendo 5 villaggi. In ognuno di essi due medici, un’infermiera, quattro volontari del soccorso croce-rossa, un tecnico e due fotografi si sono spesi per offrire le cure essenziali alla popolazione locale. Persone che non vedevano un medico da anni o che, nel peggiore dei casi, non avevamo mai effettuato un controllo sanitario. In totale sono state visitate circa 600 persone. “Siamo riusciti a fare quel che avevamo in mente” spiega Michele Cucchi, guida alpina tra i fondatori dell’associazione. “Ogni volta però torniamo con l’idea che avremmo potuto fare di più, perché il lavoro non finisce mai, soprattutto in questo periodo. Questi ultimi sono stati anni difficili per tutti, immaginatevi per queste persone che vivono in luoghi dove gli aiuti sociali sono minimi. C’è veramente tanto da fare”.

Michele, come mai la valle dell’Arun?

“Da anni collaboriamo con l’Himalaya Education Center, ente al cui capo troviamo Sunita Gurung, una ragazza molto in gamba che ha una visione a lungo termine di quel che si può fare e di quel che potrebbe essere la sua terra. Parliamo di quella porzione di Nepal compresa tra il  Makalu e il Kangchenjunga. Con il suo aiuto nel tempo abbiamo costruito scuole, acquedotti e portato aiuto alla popolazione locale. Quest’anno ci ha supportato fornendoci indicazioni su dove concentrare l’attenzione del nostro campo medico.”

Sono ormai anni che portate avanti progetti di sostegno verso i popoli che abitano ai piedi delle grandi montagne. Nel 2020 siete stati anche in Pakistan per aiutare le famiglie di guide, portatori e cuochi rimaste senza lavoro con la chiusura del turismo. Cosa vi spinge a fare tutto questo?

“In Cuore Attivo Monterosa c’è un gruppo di amici. Gente di montagna, che ha passato tutta la vita in montagna. Abbiamo visto e vissuto molte situazioni in giro per il mondo e ora ci sentiamo in dovere di dare indietro qualcosa di quel che abbiamo vissuto. Se hai la possibilità è bello far tornare indietro qualcosa.”

Un’attività che richiede tempo…

“Se vuoi fare le cose devi decidere dove togliere alla vita quotidiana. Vita, hobby, lavoro? Domande che ti poni quando ti rendi conto dell’impegno richiesto da queste operazioni. Le settimane prima della partenza sono un vero e proprio tour de force, con mille cose da fare e organizzare. Quando torni sei già lì che pensi a cosa potresti fare la prossima volta. Nel frattempo si lavora per tirare su quel che serve: soldi, materiali, attrezzature, medicine, volontari. Impegna tanto, ma alla fine hai una soddisfazione ancora più grande. Quando ti giri e guardi la strada percorsa cerchi le cose belle che hai fatto, e queste sono le prime che mi vengono in mente.”

Cosa ricordi di queste ultime settimane in Nepal?

“Sono rimasto molto colpito dal vedere le persone entrare nella tenda ambulatorio senza sapere come comportarsi o cosa aspettarsi. Spesso erano disorientati perché prima non avevano mai fatto una visita medica, anche gli adulti. Per noi non è normale assistere a una scena così disarmante, veniamo abituati fin da piccoli agli ambulatori medici. Sai che entri, ti metti sul lettino. Ti tiri su la maglia e il medico ausculta il battito o misura la pressione. Mi ha lasciato un senso di smarrimento.”

In generale erano contenti della vostra presenza?

“Già prima di lasciare l’Italia avevamo deciso dove saremmo andati e Sunita aveva preparato il terreno. Dopo il terremoto del 2015 in Nepal non esiste una capillare rete telefonica, ma quantomeno si può comunicare via messaggio. Grazie a questi è riuscita a far diffondere la voce sull’arrivo di una tenda con un dottore.

In ogni villaggio, al nostro arrivo, abbiamo trovato già tutto pronto per poter velocizzare le operazioni di montaggio della tenda e procedere subito con le visite mediche. Ricordo che la gente era tutta accalcata,  trepidante. Hanno compreso che era un’opportunità, era qualcosa di intenso che li poteva aiutare a migliorare la loro condizione o a risolvere un problema.”

Quante persone avete visitato?

“Quasi 600. Tra queste una minima parte avrebbe avuto bisogno di un ricovero in ospedale per potersi meglio curare. Ma quando vivi in un villaggio a due giorni di cammino dalla prima strada e ad altre ore di jeep dal primo ospedale la faccenda si fa complicata. Ti rendi conto di quanto sia fondamentale raggiungerli per fornire un supporto sanitario. Capisci che non ha senso lamentarsi. Possiamo farlo finché vogliamo, ma qui se alziamo il telefono qualcuno viene a prenderci.”

Che tipo di problematiche sanitarie vi siete trovati ad affrontare? (risponde la dott.ssa Rossella Dalla Valentina)

“In questi villaggi la vita è dura, soprattutto per le donne. Abbiamo visto molte patologie articolari, gastrointestinali, problemi cardiaci. Congiuntiviti, dovute al fumo di stufe e camini. Ci troviamo in un territorio dove le aspettative di vita sono medio basse, intorno ai 55 anni. Oltre a questo abbiamo avuto delle medicazioni impegnative. Ricordo anche un uomo sulla cinquantina portato in barella da un villaggio a un’ora di cammino da quello in cui ci trovavamo. Con buona probabilità era interessato da un evento neurologico importante. Avrebbe necessitato di cure in ambiente ospedaliero.

A supporto delle cure di base cerchiamo sempre di divulgare importanti messaggi sull’alimentazione e sull’igiene. Quest’ultimo un fattore importante, anche nella risoluzione di diverse patologie, soprattutto ginecologiche.”

Tornerete?

“Spero di sì. Dobbiamo ricominciare a lavorare per raccogliere finanziamenti e trovare medicinali. Senza dimenticare il capitale umano. Servono persone per fare, gente di cuore. Perché serve tantissimo anche da ognuno di noi, ma serve tantissimo anche a noi. In poche settimane capisci molto, ti rendi conto che il mondo non è solo quello che conosciamo e viviamo tutti i giorni.”

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