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Alluvioni sulle Alpi: in un clima sempre più caldo aumenteranno o diminuiranno?

Il surriscaldamento globale comporterà un aumento o una diminuzione delle alluvioni sulle Alpi? Una domanda di non semplice risposta. La condizione di siccità protratta in cui ci troviamo attualmente potrebbe portarci d’istinto a ipotizzare una riduzione, essendo le alluvioni legate a precipitazioni copiose. Ma stiamo parlando di una scala temporale troppo limitata per fare simili assunzioni. Per stimare cosa potrebbe accadere sulle Alpi nei prossimi decenni, un team internazionale ha provato a delineare uno scenario futuro sulla base di dati del passato, ovvero attraverso l’analisi di sedimenti lacustri e la ricostruzione dei principali eventi alluvionali verificatisi nell’ultimo millennio. La conclusione è che in generale si potrebbe assistere a una diminuzione della frequenza delle piene, ma vi sono aree in cui il rischio di eventi, in particolare estremi, potrebbe al contrario aumentare.

I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Geoscience in un paper dal titolo “Impact of warmer climate periods on flood hazard in the European Alps”.

Il legame tra alluvioni e cambiamento climatico

“Le alluvioni sono un diffuso rischio naturale – costoso in termini umani ed economici – che può essere acuito dal cambiamento climatico in tutto il mondo – si legge nell’abstract del paper – . Le aree montuose, come le Alpi europee, densamente popolate, destano particolare preoccupazione, in quanto la topografia e le condizioni atmosferiche possono portare a improvvise ed ampie alluvioni. Inoltre, le Alpi stanno sperimentando un surriscaldamento rapido, che potrebbe portare in maniera altamente probabile a un aumento di precipitazioni estreme.”

Per comprendere come e quanto un periodo di clima più caldo possa impattare sulla frequenza e grandezza delle alluvioni sulle Alpi, il team di ricercatori francesi, svizzeri, tedeschi e italiani, come anticipato, ha raccolto dei sedimenti presso una serie di laghi alpini, in 33 siti differenti, andando a ricostruire in ciascun lago quando e quanti fenomeni alluvionali si siano verificati nel passato.

Nel corso di una alluvione infatti cosa succede: che l’aumento di portata di un fiume si lega a un aumento della erosione e del trasporto di materiale, che finirà per essere intrappolato presso un bacino lacustre. Si vengono così a formare i cosiddetti depositi alluvionali. Depositi preziosi, che si conservano anche per millenni e sono oggi in grado di raccontarci episodi cui non abbiamo potuto assistere e di cui non è detto che vi sia alcuna memoria. La scienza è in grado, recuperando dei campioni di tali depositi, di andare a ritroso nel passato.

Sono stati rilevati così oltre 30 eventi alluvionali, verificatisi fino a 10.000 anni fa. Per ciascun evento si è andati a ricostruire se sia avvenuto in un periodo climaticamente freddo o caldo, nell’Era Industriale, nell’ultimo millennio e in maniera più ampia su scala olocenica.

La conclusione di tale analisi è che un incremento medio della temperatura di +0.5-1.2°C, sia esso determinato da cause naturali o dall’uomo, appaia legato a una diminuzione del 25-50% di quelli che vengono definiti come large floods (grandi alluvioni), con un tempo di ritorno uguale o superiore a 10 anni. E tale tendenza al decremento in frequenza si evidenzia negli ultimi 200 anni così come su più ampia scala temporale, fino a 9.000 anni fa.

La medesima analisi è stata condotta in riferimento ai cosiddetti extreme floods (alluvioni estreme), con tempi di ritorno uguali o superiori a 100 anni. In questo caso si nota un trend diverso: risultano aumentare in frequenza nei periodi caldi in piccoli bacini idrografici di montagna.

Cosa si può dunque concludere, che se le ipotesi dei ricercatori verranno confermate, all’aumentare della temperatura media nei prossimi decenni, assisteremo a una generale diminuzione delle grandi alluvioni ma un aumento di quelle estreme in alcuni bacini a maggior rischio. Va da sé che la scienza dovrà attenzionare tali zone, che stando a quanto dichiarato dai ricercatori stessi, sono state finora poco considerate, per muoversi d’anticipo nella prevenzione del rischio.

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