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Capanna Cervino, il rifugio diventa sito di inanellamento del fringuello alpino

Nel novembre 2020 vi raccontavamo della installazione, presso Capanna Gnifetti sul Monte Rosa, di un “bivacco” molto particolare, non destinato agli umani: una cassetta-nido per il fringuello alpino. La piccola struttura, destinata a ospitare i fringuelli durante l’inverno e svolgere di fatto il ruolo di nido artificiale non è l’unico esempio italiano. Piccoli nidi costruiti dall’uomo si ritrovano in differenti punti delle Alpi ma anche degli Appennini e sono stati realizzati nell’ambito di progetti di monitoraggio di questo passiforme d’alta quota, poco più grande di un passero comune, indicatore sensibile dei cambiamenti climatici in atto in ambiente montano.

Il termine “alpino” potrebbe trarci in inganno. Il nome scientifico della specie è Montifringilla nivalis, e quell’ “alpino” non è da legarsi alle Alpi in senso stretto ma alla tipologia di ambiente che predilige: ambienti di alta quota, in particolare praterie sommitali, zone rocciose, ghiaioni, al di sopra dei 1800/2000 metri. Se sulle Alpi lo si ritrova diffuso omogeneamente, sugli Appennini si parla di popolazioni relitte, rimaste isolate sulle vette più alte a seguito di periodi interglaciali.

La stagione riproduttiva della specie inizia a febbraio quando si formano le coppie, che vanno poi alla ricerca del luogo in cui realizzare il nido. Le cassette-nido fungono dunque da sito ideale di riproduzione. Ideale non per tutti, a essere precisi. Ad esempio nel Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino, nell’ambito del progetto Nivalis – una collaborazione tra Parco, MUSE, Parco Nazionale dello Stelvio, Centro Italiano Studi Ornitologici, Società degli Alpinisti Tridentini, Università degli studi di Pavia e Milano – è stato notato che i fringuelli preferiscano nidificare sulle pareti rocciose, alte, inaccessibili ai predatori, piuttosto che scegliere la comodità (nel Parco dello Stelvio, invece, sono apparsi più “comodoni”).

Tornando alle cassette-nido, quando queste vengano scelte come sito riproduttivo, alle porte dell’estate sarà possibile ritrovarvi all’interno uova o pulli. Il monitoraggio di cosa succede nelle cassette viene dunque effettuato annualmente, con un conteggio delle uova e eventuale inanellamento dei pulli, ovvero apposizione a una zampa di un anellino, che può essere metallico o colorato per riconoscere con più facilità la località di provenienza dell’esemplare, dotato di una sigla specifica che ne consente l’identificazione.

A cosa serve l’inanellamento

L’inanellamento scientifico è riconosciuto come uno dei metodi più efficaci per studiare la biologia, l’ecologia, il comportamento, i movimenti, la produttività delle popolazioni e la demografia degli uccelli. Una opzione alternativa all’uso di casette-nido è l’utilizzo di reti per la cattura degli esemplari, anche queste presenti sia su Alpi che Appennini. Un esempio è rappresentato da Bocca Caset, prima stazione di inanellamento di valico italiana e centro di ricerca del MUSE, dove vengono inanellati non solo fringuelli alpini ma in generale uccelli caratterizzati da migrazioni transalpine.

In inverno gli inanellamenti sono svolti meno di consueto. Si tratta però di una stagione molto interessante dal punto di vista ecologico, nel corso della quale, in particolare sulle Alpi dove esiste una continuità ambientale più omogenea che in Appennino, oltre a movimenti erratici altitudinali, il fringuello si sposta anche a discrete distanze. Se in diverse aree riproduttive europee si è già proceduto con tale metodica, sulle Alpi italiane in passato non è mai stato tentato. Anzi, non era mai stato fatto, finora.

Grazie alla collaborazione tra MUSE e Parco Naturale Paneveggio-Pale di San Martino, a dicembre è iniziata infatti in Dolomiti l’attività di inanellamento invernale della specie, che si protrarrà durante tutto l’inverno.

“Per il momento – si legge in un comunicato a cura di Chiara Bettega, pubblicato sul blog della sezione di Zoologia dei Vertebrati del MUSE a inizio 2022 – l’attività si svolgerà nei pressi di Capanna Cervino al Passo Rolle dove, grazie anche alla preziosa disponibilità e all’entusiasmo dei gestori, si potranno montare le apposite reti ed effettuare le operazioni di inanellamento e registrazione di dati biometrici. Le prime uscite hanno consentito di individuare nell’area un gruppo di almeno 40 individui. Ora non rimane che attendere il maltempo.”

“Sulle Alpi, con l’arrivo dell’inverno e l’accumulo di neve in alta quota (fino ad ora assai scarso), gli uccelli che si riproducono e svernano al di sopra della linea degli alberi tendono a formare gruppi numerosi e ad abbassarsi alla ricerca di cibo raggiungendo i centri abitati, come nel caso dei gracchi alpini, o pareti rocciose prossime al fondovalle, come invece accade per sordoni – si legge ancora – . Diverso è il comportamento adottato dal fringuello alpino, che difficilmente scende sotto il limite della vegetazione, preferendo, in condizioni di innevamento particolarmente abbondanti, avvicinarsi ai rifugi aperti durante la stagione invernale o i valichi alpini. Sembrerebbe poi anche che alcune porzioni della popolazione alpina si spostino verso occidente, raggiungendo massicci montuosi come il Massiccio Centrale francese o i Pirenei”.

L’utilizzo di tale metodica consentirà di raccogliere nel tempo – attraverso le segnalazioni di avvistamento e/o ricatture degli uccelli – di ottenere informazioni sia per quanto riguarda eventuali spostamenti tra aree montuose sia rispetto alla relazione tra aree riproduttive e aree di svernamento, nonché sul comportamento e la struttura sociale dei gruppi.

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