Ambiente

Alpi. Il cambiamento climatico sta alterando le rotte degli uccelli migratori

Più volte ci siamo ritrovati ad affrontare l’argomento dei cambiamenti climatici e della conseguente necessità da parte delle specie viventi di spostarsi alla ricerca di nuove condizioni ottimali, a seguito di gravi alterazioni a carico di quello che per secoli se non millenni ha rappresentato per esse l’habitat ideale. Si parla di uno spostamento a quote sempre più elevate, sia per quanto concerne le specie vegetali che per quelle animali. Un caso a parte è rappresentato dagli uccelli migratori, per i quali l’effetto più immediato del cambiamento climatico è rappresentato da alterazioni nelle rotte migratorie. Il principio è il medesimo: si cambia rotta alla ricerca di una rotta migliore. Sulle Alpi si stanno notando alterazioni nelle migrazioni dal Nord al Sud Europa di molteplici specie. Un segnale decisamente negativo.

In una recente intervista rilasciata a Repubblica, l’ornitologo Paolo Pedrini, responsabile della Zoologia dei Vertebrati del MUSE e parte del team di coordinamento del Progetto Alpi, avviato nel 1997 per monitorare le migrazioni degli uccelli attraverso il versante italiano delle Alpi, ha dichiarato che si stiano “iniziando a notare diversi segnali legati all’emergenza climatica in atto, alcune specie che vedevamo anni fa non le registriamo più, mentre altre, prima quasi assenti, sono diventate comuni.”

Nel dettaglio l’affermazione rimanda a dati raccolti presso una specifica stazione di inanellamento alpina – il progetto ne vede attualmente coinvolte 43 – , la stazione di Bocca Caset, a Tremalzo (TN), in Val di Ledro. Torneremo più avanti sulle ragioni che rendono tale stazione strategica per il monitoraggio degli uccelli migratori.

Pedrini ha riportato alcuni esempi di specie che negli ultimi anni abbiano mostrato alterazioni significative nelle loro abituali rotte migratorie. Prima fra tutte la rondine. “Da decine di migliaia inanellate vent’anni fa, ora se ne contano solo poche migliaia”, dichiara l’esperto. Accanto alle rondini diventano via via più rari anche fringuelli alpini, codirossi spazzacamini, spioncelli e sordoni.

Alcune specie stanziali, come il merlo o il tordo, aumentano in presenza grazie all’espansione dei terreni agricoli. Vi sono poi specie che “sembrano ritardare il loro arrivo nelle Alpi, a causa del clima più mite in Nord Europa” e altre che “anticipano il ritorno verso il caldo a causa di drastici cambi di temperatura o improvvise perturbazioni.”

Il Progetto Alpi

Come anticipato, il Progetto Alpi coinvolge oltre 40 stazioni di inanellamento che monitorano le migrazioni degli uccelli attraverso il versante italiano delle Alpi ed è coordinato dal Centro Italiano di Inanellamento con la collaborazione del MUSE di Trento. Come riportato sul sito del progetto, ove è anche possibile consultare i report annuali, “esso prende spunto e si ricollega all’esperienza svizzera di studio del fenomeno migratorio nel versante transalpino ed in particolare al Col de Bretolet, quale esempio di stazione alpina di valico”.

“Il Progetto è stato ideato inizialmente quale programma di breve periodo (1997-2002) – si legge ancora –  successivamente prolungato sul lungo termine, con obiettivi e programmi di attività e partecipazione delle stazioni che si sono via via modificate, anche alla luce delle diverse problematiche di ricerca e di analisi emerse. Al 2020 al programma di inanellamento hanno collaborato 43 stazioni che si sono attivate negli anni grazie al coinvolgimento in alcune annate di oltre cento inanellatori e la partecipazione, spesso volontaristica, di alcune centinaia di collaboratori e birdwatchers.” 

Il punto strategico di Bocca Caset

La peculiarità di Bocca Caset è che sia ubicata sull’omonimo valico, a 1618 m di quota in prossimità del Monte Tremalzo (1972 m). Un passo che, grazie alla sua forma a imbuto, è scelto dagli uccelli durante la loro migrazione dal Nord Europa al Sud Europa, verso siti di svernamento nel Mediterraneo e in Africa. Un punto dunque strategico per l’osservazione delle migrazioni transalpine.

Nel lontano 1849 c’era già chi si era accorto che la località fosse un luogo perfetto per la cattura (leggasi, caccia) dei volatili. In quell’anno furono posizionate ad opera di Claudio Ferrari, proprietario delle terre, le prime reti e realizzata una casetta di osservazione, successivamente ampliata. Il successivo proprietario, Agostino Zecchini, era molto ricco e influente e continuò a cacciare fino a introduzione del divieto da parte dell’Impero Asburgico nel 1899. La caccia con le reti tornò in Italia legale nel 1920. Nel 1930 fu nuovamente proibita ma diciamo che in maniera illegale a Bocca Caset si continuò a cacciare.

Bisogna aspettare gli anni Novanta del secolo scorso per assistere al “cambio di ruolo delle reti”. Nel 1993 Bocca Caset è infatti divenuta ufficialmente la prima stazione di inanellamento di valico italiana, per merito proprio di Paolo Pedrini e del collega Alessandro Micheli. Oggi, oltre ad essere parte del Progetto Alpi, è sede permanente di ricerca del MUSE.

Una gita a Bocca Caset

Nonostante presso la stazione di inanellamento l’attività sia sempre intensa, il MUSE consente di prenotare delle visite. Chi volesse scoprire i segreti delle migrazioni e soddisfare le proprie curiosità con inanellatori e volontari della stazione non deve far altro che prenotare una visita – si legge sul sito del Museo – , contattando la segreteria del MUSE, via mail all’indirizzo prenotazioni@muse.it o la segreteria del Museo delle Palafitte di Ledro, chiamando lo 848 004 848 da telefonia fissa o lo 0461 228502 da telefonia mobile.”

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