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La storia e il difficile futuro dell’orso Juan Carrito

Tra i monti e i boschi dell’Abruzzo si aggira un orso disorientato. Sta per compiere due anni, è sovrappeso (lo scorso 7 dicembre pesava 112 chili, il doppio del normale alla sua età), gli umani lo hanno battezzato Ganimede, M20 o Juan Carrito. Quest’ultimo nome, legato a un borgo accanto all’autostrada Roma- Pescara, lo accompagna da quando compare in televisione, sul web e sui giornali. 

Amarena e i suoi 4 cuccioli

Juan Carrito e la sua famiglia sono stati sempre davanti ai riflettori. Alla fine di maggio del 2020, dopo il primo lockdown, nel Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise è stata avvistata un’orsa che andava a spasso insieme a quattro cuccioli. Nidiate di tre orsacchiotti erano state segnalate più volte, ma questa era un record assoluto. Il Parco, per tener lontani i curiosi, ha tenuto segreta la località. Non è servito. Pochi giorni dopo il primo avvistamento, l’orsa e i suoi figli si sono stabiliti nei pressi di Villalago, accanto al Lago di Scanno, per saccheggiare gli alberi di ciliegio selvatico. Anche grazie a questo dettaglio, gli zoologi hanno riconosciuto nella mamma l’orsa che, anni prima, avevano soprannominato Amarena. Per settimane la zona è stata visitata da fotografi professionisti e dilettanti, dai residenti dei paesi vicini e da appassionati di natura arrivati da lontano. Il sindaco e il Parco hanno imposto regole severe, e quasi tutti hanno obbedito. In estate Amarena e i cuccioli si sono spostati verso le piante di melo selvatico di San Sebastiano dei Marsi e Bisegna, poi hanno passato un altro letargo insieme nei boschi. In primavera, per colpa delle recinzioni inadeguate, i cinque orsi hanno traversato la A25 Roma-Pescara, un gesto che a ottobre è costato la vita a un altro giovane orso. 

In autunno la famiglia si è sciolta. Amarena, come tutte le orse in età fertile, è andata in cerca di un nuovo partner. Tre cuccioli hanno iniziato la loro vita indipendente, e non hanno più fatto parlare di loro. Il più piccolo, che lo zoologo Paolo Forconi aveva soprannominato Ganimede (come uno dei satelliti di Giove) e il Parco ha preferito chiamare M20 o Juan Carrito, è rimasto a poca distanza dai paesi. 

L’orsetto Juan Carrito

Tra la primavera e l’autunno, molte volte, l’orso si è affacciato negli orti e nei pollai di Pescina e dei centri vicini, al confine tra il PNALM e il Parco Sirente-Velino. Qualche proprietario lo ha fotografato, uno lo ha scacciato a colpi di badile. Più volte, per quest’orso “condizionato e confidente”, guardiaparco e carabinieri forestali hanno realizzato azioni di dissuasione a base di petardi e proiettili di gomma.    

In autunno Juan Carrito si è spostato di qualche chilometro a est. Ha iniziato a frequentare Roccaraso, cibandosi dei rifiuti abbandonati in cassonetti tutt’altro che a prova di orso. Qualche residente, sbagliando, gli ha messo a disposizione altro cibo. I media amano le immagini che sarebbero piaciute a Walt Disney, e le foto di Juan Carrito impegnato a saccheggiare una pasticceria, hanno fatto il giro del mondo. Le cose non potevano continuare così, anche perché dal 2 dicembre, con l’apertura della stagione sciistica, Roccaraso è diventata affollata.

ll 7 dicembre, dopo aver individuato Juan Carrito grazie al suo radiocollare con GPS, il personale del PNALM e del Parco nazionale della Maiella lo ha narcotizzato, visitato e trasferito in elicottero in un’area remota. Nei giorni precedenti la temperatura era scesa, e aveva nevicato. La speranza era che l’orso andasse rapidamente in letargo (o in ibernazione, come scrivono gli zoologi). Non è andata così. Il 17 dicembre Juan Carrito è stato fotografato sulle piste da sci di Roccaraso. Due giorni prima, a Villalago, ha avuto un incontro ravvicinato con un cane lupo, non tenuto al guinzaglio, di proprietà di una ragazza locale. I presenti, invece di richiamare il cane, hanno girato un video che è diventato virale. Per questo l’Ente Nazionale Protezione Animali li ha denunciati per molestie contro l’orso.   

Il comportamento di Juan Carrito e il suo futuro

Sulle cause dell’atteggiamento di Juan Carrito si discute da tempo. Luciano Sammarone, direttore del PNALM, ha fatto più volte riferimento al disturbo da parte di fotografi e curiosi nelle prime settimane di vita dell’orso.

Lo zoologo Paolo Forconi ha puntato il dito sulla mancanza dei cassonetti anti-orso (una circostanza che ha causato problemi anche in Trentino) e sull’inutilità della dissuasione a base di proiettili di gomma e petardi. “A portare gli orsi nei paesi è la scarsità di cibo in natura. Gli individui adulti e dominanti scacciano i giovani dalle poche risorse alimentari presenti” ha scritto Forconi sui social. “Per i cassonetti antiorso dovrebbe intervenire il Ministero della Transizione Ecologica, il Parco dovrebbe lasciare frutta e carcasse a Juan Carrito, per accompagnarlo all’ibernazione”.

Cosa accadrà all’orso che vive troppo vicino all’uomo? Il direttore Sammarone, nei giorni scorsi, ha spiegato che a impedire all’orso di andare in letargo potrebbe essere stato il rialzo delle temperature, che sono tornate primaverili. Il ritorno del clima rigido e della neve potrebbe fare il miracolo. Dobbiamo provare tutte le soluzioni possibili per far rimanere Juan Carrito libero, contrariamente a quanto ci ha suggerito la comunità scientifica internazionale” scrive Sammarone.

I protocolli del PATOM, il Piano d’Azione per la Gestione dell’Orso Marsicano, al quale partecipano Parchi, Regioni e associazioni ambientaliste, non specificano cosa fare in casi come quello di Juan Carrito. La Regione Abruzzo, in un documento del 2017, ha invece previsto i casi in cui l’animale dev’essere catturato o ucciso. I documenti del PACOBACE, che regola la presenza dell’orso sulle Alpi centrali e orientali, elencano invece venti comportamenti, in ordine di gravità, per i quali è necessario intervenire. Per i più gravi, dai tentativi di entrare in case e stalle ad attacchi non provocati contro gli umani, sono previsti la cattura o l’abbattimento. In questi giorni la situazione è di attesa. Se Juan Carrito, “l’esemplare M20” dei documenti ufficiali, andrà in letargo, verrà tenuto sotto controllo in attesa della prossima primavera. Se resterà sveglio, e continuerà a frequentare i paesi, si provvederà con un nuovo spostamento (ma dove?) oppure con la cattura. 

Negli Stati Uniti, se un orso si avvicina troppo agli umani per mangiare (e spesso la colpa è dei turisti, che lasciano del cibo incustodito) viene trasportato e rilasciato a 500 miglia, 800 chilometri di distanza. Se torna a casa, e si avvicina di nuovo agli umani, la sentenza è di morte. In Trentino, l’orso “ribelle” M49, sfuggito dopo una prima cattura, è ripreso e imprigionato nei recinti del Casteller, che i pochi visitatori ammessi della provincia hanno definito “un lager”. Voci autorevoli, tra cui quella del veterinario Alessandro De Guelmi, hanno commentato “sarebbe stato meglio ucciderlo”.   

L’Abruzzo ha una tradizione più gentile. Negli anni Novanta, l’orsa Yoga si è avvicinata molte volte alle aree da picnic, ai campeggi, e ai bidoni dei rifiuti tra la Camosciara e la Val Fondillo. Alla fine è stata catturata dal Parco, e ha vissuto dignitosamente in un ampio recinto a Villavallelonga, molto amato dalle famiglie e dalle scuole. A Juan Carrito potrebbe toccare una sorte simile. Luciano Sammarone e i suoi collaboratori non hanno davanti una scelta facile.  

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Un commento

  1. Eviterei confronti con gli Stati Uniti dove spesso un cane nel canile ha 30 giorni di tempo per essere adottato altrimenti viene soppresso…e (ops) vige ancora la pena di morte per gli esseri umani…

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