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Cosa vuol dire fare la traversata delle Alpi in bici

Prima o poi ogni appassionato di montagna immagina di attraversare le Alpi. C’è chi lo fa a piedi, chi con i mezzi pubblici e chi in bicicletta. Il nostro Mirco Robaldo ha scelto l’ultima opzione, così a bordo della sua bici gravel è partito dal Colle di Cadibona e ha raggiunto Trieste dopo aver affrontato alcuni dei passi più famosi delle Alpi, strade sterrate dal fascino unico, montagne maestose ed esperienze sempre nuove. Attraversare le Alpi significa osservare i cambiamenti che portano da una Regione all’altra, da una gruppo montuoso al successivo, cogliendone anche le sfumature più piccole. Il ritmo lento della bici aiuta ad assorbire. Non è necessario fermarsi per godere di un panorama, di un luogo o di un attimo. Basta alzare lo sguardo dalla ruota e perdersi tra quel che si attraversa.

Partito nei primi giorni di agosto Mirco ha pedalato per 2420 chilometri superando 44870 metri di dislivello. Il tutto in 22 tappe. “Il programma iniziale era più corto, circa 400 km in meno e pensavo di percorrerlo in un mese. Immaginavo un viaggio più tranquillo, poi mi sono reso conto di riuscire a tenere una media giornaliera più alta, così ho iniziato ad aggiungere varianti e nuove tappe che mi hanno permesso di scoprire strade, territori e panorami nuovi”. Dalla strada che sale al Großglockner, ai passi dolomitici meno famosi, fino ai verdi boschi sloveni. Unica regola: “Andare sempre avanti e non ripassare mai per la stessa strada o tornare indietro”. Alla fine, “seppur mangiando di continuo e anche tanto, ho perso 4 chili e mezzo di peso corporeo. Peggio che in una spedizione in alta quota”. (ride)

Mirco, come nasce l’idea di questo viaggio attraverso le Alpi?

“Questi ultimi anni di pandemia ci hanno portati a riflettere molto sul bello che si nasconde a un passo da casa, al cosiddetto turismo di prossimità. Le mie alternativa per questa stagione, ancora ricca di incertezze, erano l’Islanda e la Pamir Highway in Asia, ma la complessità organizzativa e i problemi in Afghanistan alla fine mi hanno portato sulle Alpi alla ricerca della ricca bellezza offerta dai nostri panorami.”

Un viaggio a impatto zero…

“Esattamente. In più, essendo di Savona, ho avuto la fortuna di poter partire direttamente da casa con la bici. Molti viaggiatori che attraversano le Alpi partono o si fermano a Ventimiglia, ma in realtà le Alpi finiscono al Colle di Cadibona, 13 chilometri a monte di Savona. Così, a differenza di tutti gli altri miei viaggi in bici precedenti dove partivo in auto o in treno per l’aeroporto a sto giro sono uscito dalla porta di casa a 100 metri dal mare con la bici e ho iniziato a pedalare verso le montagne; è stato un po’ strano ma anche molto soddisfacente.”

Con che obiettivo sei partito?

“Avevo due esigenze: una fisica e una esperienziale. Quella fisica era fare fatica che è la situazione che più di ogni altra mi fa stare bene e che mi svuota la testa dai pensieri. Quella esperienziale era poter dare uno sguardo su tutte le realtà alpine, sia italiane che straniere in un periodo storico così particolare e difficile come questo. Quindi fare più passi alpini possibili da ovest ad est e tanti chilometri è stato il giusto compromesso per unire le due cose. Il mio viaggio ha attraversato 5 nazioni, 6 regioni e due provincie autonome salendo e scendendo da 42 passi di montagna godendo ogni giorno del lento cambiare del paesaggio, dell’architettura delle costruzioni locali e del diverso modo di curare la natura, i pascoli e i boschi. La bici rappresenta quella velocità ideale che ti permette di compiere spostamenti importanti ma lasciandoti il tempo di guardarti intorno apprezzando quel che ti circonda.”

Cosa intendi?

“Durante tutto il viaggio vedevo auto e moto fermarsi in continuazione per ammirare i panorami e scattare foto per poi ripartire di corsa fino allo stop successivo. Io, con il mio incedere lento e inesorabile sbuffando e sudando, continuavo a guardarmi intorno, ad ammirare il paesaggio e ad accorgermi di cose anche insignificanti per i più. Un esempio: avere il tempo per guardare negli occhi e salutare con un ‘salve’, un ‘buongiorno’, un solo cenno della testa o un sorriso tante persone che incontravo ai lati della strada intente a lavorare, a camminare o semplicemente ferme a riposare. Farlo per un mese intero sembra una cosa insignificante, ma alla lunga è qualcosa che ti arricchisce, che ti dona serenità e pace”.

Un mese, cosa hai vissuto in questo tempo?

“Sono passato dalle faggete delle Prealpi liguri affacciate sul mare, agli importanti passi francesi e del Piemonte. Ho ammirato i ghiacciai della Valle d’Aosta, dal Piccolo e Gran San Bernardo. Più avanti mi sono perso sui bellissimi passi svizzeri e austriaci fino ai verticali panorami dolomitici per poi digradare sulle fresche foreste slovene, che mi hanno entusiasmato tantissimo. E poi sono arrivato al mare di Trieste che ho unito idealmente al mar Ligure da dove ero partito.”

Hai incontrato altri ciclisti nel tuo viaggio?

“Nei primi giorni ho avuto molti incontri nei campeggi, appassionati, camminatori. Parlavamo, mi chiedevano e io gli raccontavo del mio viaggio in bici. In Svizzera e Austria ho avuto meno contatti. Sono più riservati, lo vedi anche quando incontri altri ciclisti e il massimo del saluto è un cenno con la testa. Uno degli incontri che ricordo maggiormente è successo ad Alleghe, lasciando le Dolomiti. Mi raggiunge un ciclista del posto e iniziamo a parlare. Mi chiede da dove vengo e dove vado e io gli racconto. Lui è Ugo, fa il fornaio. Lavora di notte e di giorno spesso pedala. Ne approfitto per chiedergli consiglio su dove poter dormire. Mi accompagna al campeggio locale e ci salutiamo dandoci appuntamento al mattino dopo alle 8. Puntuale come un orologio svizzero si presenta mentre smonto la tenda con brioche calde e pane appena sfornati per il mio viaggio. Mi hanno sfamato per tutta la giornata. Ci siamo scritti per tutto il resto del mio viaggio e spero di tornare a trovarlo presto per una birra.”

Oltre a questa hai avuto altre occasioni per pedalare in compagnia?

“Tante, anche se quasi sempre per brevi tratti. A parte le prime tappe che ho condiviso con una mia amica che si è aggregata all’ ultimo e che è rimasta letteralmente affascinata dal bikepacking, ho pedalato con due ragazzi toscani con cui ho salito il Passo della Furka, in Svizzera. Ci siamo poi divisi in fondo alla discesa. Mi è capitata anche una coppia di cicloescursionisti in un campeggio. Lui con la bici muscolare, lei con l’e-bike. Una bella testimonianza di come la bici a pedalata assistita faccia bene e sia in grado di unire. E poi con un ragazzo di Ponte di Legno che mi ha tirato il collo su per l’Albula Pass ma che almeno mi ha distratto un po’ dalla fatica e un altro appassionato di gravel con cui ho pedalato gli ultimi duri tornanti dello Stelvio. Quel che ho notato in generale è un movimento di cicloturisti e bikepacker in grande aumento: gruppi, coppie, solitari, uomini e anche tante donne. Penso che nel prossimo futuro ne vedremo sempre di più e l’offerta turistica dovrà adattarsi a questa modalità di turismo.”

Oltre alle strade più belle delle Alpi, hai pedalato su qualche ciclabile?

“Tantissime ciclabili. Le ho apprezzate molto, anche se a volte fanno dei giri assurdi con rampe spacca gambe per stare lontani dalle strade e farti godere la pedalata in pace. La maggior parte le ho trovate in Svizzera, Austria, nella zona delle Dolomiti e in Slovenia. Piste molto frequentate e ben segnalate sia da camminatori che ciclisti, con rispetto reciproco. E mi chiedevo cosa stiamo aspettano in Liguria a darci da fare in questo senso con un clima che permette di pedalare almeno 10 mesi all’ anno e con una strada costiera così pericolosa come l’Aurelia.”

Risvolti negativi del viaggio?

“Sicuramente dormire in tenda. Montare e smontare la tenda tutte le sere e tutte le mattine, farsi spesso da mangiare con il fornelletto e ricaricare tutto sulla bici tutte le volte è stato forse la fatica più grande di tutto il tour, dopo 10 giorni non ne potevo già più. Segno che sto invecchiando (ride). E poi il traffico. Agosto non è sicuramente il mese adatto per una traversata di questo tipo ma bisogna fare i conti con le ferie e quindi accontentarsi. Però le tante moto che ti sfrecciano a gas aperto soprattutto in Dolomiti, ma non solo, sono qualcosa di veramente insopportabile. Sono d’accordo con chi sostiene la chiusura o la regolamentazione dei passi. Sono stato motociclista anch’io e capisco la passione per le due ruote a motore ma qui sembra di essere perennemente in un circuito dove vince chi fa più rumore e questo è qualcosa di incompatibile con lo scenario naturale in cui si è immersi. Bisogna trovare una modalità che possa soddisfare tutti. Spero tanto nella mobilità elettrica più silenziosa e rispettosa.

Un altro aspetto che ho notato è il rispetto per i ciclisti in Francia, Svizzera e Austria: non sempre esistono le ciclabili, soprattutto sui passi di montagna ma le auto e anche le moto aspettano di superarti dove possono essere sicuri di rispettare almeno il metro e mezzo di distanza che il codice stradale e il buon senso impongono. A volte sentendo le auto incolonnate dietro di me facevo segno io stesso di sorpassarmi perché erano fin troppo scrupolosi e non volevo essere d’intralcio soprattutto in salita. In Italia invece è tutto diverso: per mia natura in bici cerco di stare sempre il più vicino possibile al ciglio stradale per non dare fastidio, a volte fin troppo, ma non serve: quasi tutti ti sorpassano a grande velocità facendoti il pelo senza assolutamente nessun rispetto. Qualcuno ti suona perché sei troppo lento e non possono scaricare a terra tutti i cavalli dei loro macchinoni. Manca proprio la cultura anche se devo ammettere che tante auto targate Bolzano e Trento erano più rispettose. Quel che spero con l’avvento delle e-bike è che tanti automobilisti finalmente provino sulla propria pelle cosa vuol dire essere trattati così in strada su due ruote e che gli possa servire come riflessione una volta tornati automobilisti.”

Cos’ha significato attraversare le Alpi?

“Da un lato c’era questo desiderio di veder cambiare i panorami. L’arrivo in Dolomiti è stato molto particolare, arrivano in modo quasi inaspettato. A un certo punto alzi la testa e te le trovi lì davanti, maestose e uniche.

Cercavo sensazioni di questo tipo e non sono rimasto deluso. Più volte mi sono meravigliato dei panorami alzando la testa. Come quando sono entrato in Slovenia e mi sono perso osservando le montagne aspre sopra i boschi, cime aguzze e nervose, un po’ come le strade. Altre volte mi sono ritrovato ad ammirare le cime che ho salito in passato e a ricordare quelle sensazioni: il Monte Bianco, il Glossgokner, il Triglav oppure nuovi obbiettivi che non ho ancora salito e che, ginocchio permettendo, mi piacerebbe provare a scalare.”

Che tipo di bici hai scelto di utilizzare? Bikepacking o borse da viaggio?

“Per la prima volta ho scelto attrezzatura da bikepacking e non la classica da cicloturismo, dove si può portare molto più materiale ma si è più pesanti e sbilanciati. Volevo essere leggero per poter affrontare i tanti metri di dislivello dei passi alpini. Avevo bisogno di borse resistenti, capaci di supportarmi per tutto il viaggio, che fossero pratiche e maneggevoli. Durante tutto il viaggio non ho praticamente mai avuto problemi e non ho mai forato. Unico inconveniente è stata la rottura di due raggi della ruota posteriore. Naturalmente la logistica di questo viaggio è stata molto più facile di quello che ho trovato in Himalaya, in Patagonia o nel deserto di Atacama dove capita di non trovare negozi, cibo e acqua anche per giorni. Qui quasi ovunque hai comodità e servizi: bar, ristoranti, market, campeggi e puoi permetterti di viaggiare più leggero e anche più spensierato.”

Cosa ti porti a casa da questo viaggio?

“Come in tutti i miei viaggi rimanere immerso nella natura. Le Alpi come detto sono molto antropizzate e soprattutto in agosto è difficile trovare e godere di momenti di sana solitudine che per me sono molto importanti. Ma è stata una gran bella esperienza. Mi piacerebbe molto presto ripartire dal Colle di Cadibona e proseguire il viaggio in bici dall’altra parte, verso est sull’ Appennino per poi proseguire a Sud fino in Sicilia per poter chiudere un cerchio e avere così una visione più completa delle magnifiche montagne del nostro Paese.”

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