Pareti

“Questo è il futuro”. Simon Gietl e il progetto North6

Le 6 classiche pareti nord delle Alpi, due bici, due parapendii e due tra i più forti alpinisti in circolazione: Simon Gietl e Roger Schäli. Il risultato di questa combinazione è North6, un entusiasmante progetto a impatto zero dove i due alpinisti si sono spostati tra una vetta e l’altra utilizzando solo la propria forza muscolare.

Per Gietl non è la prima volta. Tre anni fa, insieme a Vittorio Messini, ha affrontato un progetto simile concatenando Ortles, Cima Grande di Lavaredo e Grossglockner. Questa volta ha scelto di alzare il tiro, legandosi e pedalando insieme a Roger Schäli. Il risultato sono 18 giorni di viaggio e scalata. 30770 i metri di dislivello superati in positivo, poco meno in negativo. Oltre mille i chilometri pedalati. Sulle montagne c’è poco da dire, sono le 6 nord più difficili delle Alpi (Cima Grande di Lavaredo, Pizzo Badile, Eiger, Cervino, Petit Dru e Grandes Jorasses). Pareti su cui si sono scritte pagine epiche di alpinismo, storie che oggi si arricchiscono di un nuovo e moderno capitolo.

Simon, come nasce il progetto North6?

“Nasce tre anni fa, dopo aver concluso il progetto ‘bike&climb’ con Vittorio Messini. Qualche tempo dopo mi ha chiamato Roger per complimentarsi e propormi di mettere in piedi North6 collegando le 6 classiche nord in bici. Un’idea interessante, ma in quel momento non ero ancora pronto.”

Come mai?

“Era passato troppo poco tempo dal precedente progetto e poi ero concentrato su altre spedizioni. Oggi, con la situazione generata dalla pandemia da Coronavirus, mi è sembrato che i tempi fossero maturi per realizzarlo. Nel frattempo ho anche imparato a volare con il parapendio, arricchendo così il progetto.”

A proposito, come mai bici e parapendio?

“Mi piace pedalare e in più permette di coprire in poco tempo lunghe distanze. Inoltre penso che questo modo di vivere la montagna sia il futuro. Dovremmo iniziare a pensare in modo diverso gli avvicinamenti, a vivere la montagna in modo più consapevole lasciando la macchina a casa. Si tratta di un piccolo passo, ma con tanti passettini si può fare qualcosa di grande.

Con il parapendio ho appena iniziato, si tratta di un’esperienza completamente nuova ma molto entusiasmante. Durante North6 mi sono sentito come quando ho iniziato a scalare. Penso sia in assoluto uno dei mezzi migliori con cui affrontare le discese dalle montagne.”

Tiriamo le somme sul progetto, com’è stato?

“Dopo un inizio molto difficile, con molti rimandi tutto è andato alla perfezione. North6 è stata una delle esperienze più belle che abbia mai vissuto. Siamo stati molto veloci e non abbiamo mai avuto pensieri negativi . L’obiettivo, per entrambi, era completare il progetto e ancora non riusciamo a crederci. Ci vorranno giorni per concretizzare quanto realizzato.”

Bici, arrampicata, parapendio. Come si gestisce questa combinazione a livello di energie?

“È una combinazione perfetta! Dal punto di vista fisico si utilizzano muscoli diversi per la bici e per l’arrampicata. In questo modo si ha il tempo di riprendersi tra un’attività e l’altra.”

Ci dicevi prima che avete dovuto rimandare il progetto, come mai?

“All’inizio volevamo partire in primavera, ma il tempo è sempre stato incerto e variabile. Allora abbiamo posticipato ai primi giorni dell’estate continuando a prepararci sia fisicamente che mentalmente. Quando finalmente sembrava tutto pronto e le condizioni erano ottimali, ho dovuto sottopormi a un intervento a un ginocchio. Per fortuna il recupero è stato rapido e così siamo riusciti a partire. Per me, dal punto di vista mentale, è stata una delle partenze più difficili in assoluto.”

Mai un momento di dubbio durante i 18 giorni di avventura?

“Solo con le ultime due salite, Petit Dru e Grandes Jorasses, quando a causa delle condizioni Roger si è domandato se fosse il caso di invertirle. Per il resto nessun ripensamento.”

La salita più bella?

“Tutte quelle del progetto North 6.”

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12 Commenti

  1. Bello ! E ragiono sulle foto e sulle parole, scrivendo due impressioni.
    Bici in antico stile Bhull (più lenti :)) e parapendio anziché materiale da bivacco in stile moderno !
    Notevole prestazione alpinistica la salita della Allain al Dru.
    Peccato per Eiger e Jorasses che non han salito per le vie più classiche, lo farà qualcun altro.
    Gietl pensa sempre molto ai suoi obiettivi e si organizza ogni volta accuratamente !
    Chissà perché non son scesi dalle Jorasses ancora volando.
    18 diviso 6 fa 3 giorni a via !!!

  2. Impatto zero? Ma tutta l attrezzatura come è stata trasferita da un posto all’altro ?

    Bella impresa, ma non so se veramente meno impattante del solito.
    Fernando

    1. Grande impresa alpinistica.
      Ma tra viaggi per sopralluoghi, posizionamento materiale e cibo, probabili aiuti esterni, l’impatto zero è un’altra cosa. Sarebbe bene conoscere molti particolari.

    2. Oppure con il nuovo servizio di Amazon Fresh le barrette se le facevano consegnare comodamente in cima a ogni nord???

  3. Sicuramente una bella esperienza e grande avventura.
    Si parla di progetto a impatto zero: quindi significa che non erano supportati da alcun mezzo motorizzato e hanno trasferito di volta in volta tutto il materiale tecnico su dei rimorchi attaccati alle loro biciclette?

    1. Credo che si sarebbe visto nelle foto… Un progetto di quel tipo sarebbe possibile ma in molti più giorni. Resta comunque il problema di dove lasciare il materiale , che in quanto molto costoso e soprattutto indispensabile per concludere il progetto ,sarebbe impensabile lasciarlo ai piedi delle pareti o in qualche bivacco (sai che problema se te lo rubano o danneggiano). Resta il problema di arrampicare su vie complesse con un parapendio in aggiunta a tutto il materiale. Credo sia quasi impossibile unire le 3 cose con il tanto desiderato impatto zero

  4. Avvicinarsi alla montagna con la bici per i comuni mortali che devono lavorare tutta la settimana non è poi così semplice…

  5. Trovo anche io un pò fuori luogo l’aver tirato in ballo il famoso “impatto zero”…la loro impresa è comunque di assoluto rilievo sportivo e alpinistico, si poteva evitare questo scivolone: in particolar modo perchè di traversate e cime senza supporto logistico ne sono state fatte parecchie e anche in altri anni…purtroppo ormai tutti devono per forza cavalcare l’onda della tanto agognata ma pressochè irraggiungibile sostenibilità…

  6. Anch’io mi chiedevo come siano stati trasportati materiali e viveri.
    Ovviamente grandissimi atleti e grandissima avventura, traguardi inarrivabili per gente comune,quindi complimenti davvero. Per quanto riguarda l’impatto zero credo non sia veritiero,e mi spiace che venga scritto così. Spero che il prossimo progetto sia davvero a impatto zero o per lo meno che le notizie riportate siano corrette. Grazie

  7. Premesso che né io né Roger né il nostro ufficio stampa abbiamo mai parlato di impatto zero riferendoci al nostro progetto, è comunque veramente spiacevole leggere commenti che ci danno dei bugiardi!! Questi critici da divano perché non si concentrano sulle vie che abbiamo fatto (a proposito dell’Eiger vorrei sottolinare che Il canto del Cigno è 2 gradi più difficile della via classica…), sulle condizioni spesso di misto che abbiamo incontrato e sullo stile pulito che abbiamo seguito con coerenza sempre! Il fatto che fra le 6 pareti nord c’erano anche 1.000km!! in bicicletta forse qualcuno non ha ancora percepito o letto. Che dei 18 giorni in totale abbiamo avuto un giorno di riposo e 3 giorni di brutto tempo con pioggia e neve (fino quota 2.000m) è un’altro dettaglio importante del progetto. Poi come si dice, “chi fa, sbaglia”

    1. Simon, non devi certo dimostrare con le parole che sei un gran alpinista, lo dimostrano già le tue salite e lo stile
      Ma sai non tutti i lettori sono completamente ipnotizzati dalle balle che continuamente ci raccocontano i media, alcuni vogliono vederci chiaro.
      Dai beviamoci sopra e amici come prima!

  8. Urca, più che per la realizzazione del progetto in se, che è pienamente nelle corde di questi due forti alpinisti e non stupisce più di tanto, quello che mi ha impressionato è la padronanza dell’Italiano che, per un Altoatesino di madrelingua tedesca, è davvero notevole. Un fuoriclasse in tutti i sensi!

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