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Messner sulla chiusura dei passi dolomitici: valori della montagna un diritto dei turisti

Si è parlato nei giorni di Ferragosto di assalto alle Dolomiti da parte dei turisti. I problemi sono quelli già visti negli anni passati: lunghe file agli impianti, caos nelle varie località, molti interventi del soccorso alpino e tanto, troppo traffico ai passi.

Quello delle auto ai passi dolomitici è un problema che si ripresenta da anni e a cui si è cercato di dare risposte diverse (dal numero chiuso alla chiusura totale o a fasce orarie) ma mai soddisfacenti per tutti gli attori coinvolti: gli ambientalisti vorrebbero eliminarle per preservare i luoghi, che tra l’altro sono Patrimonio Unesco, mentre gli operatori si oppongono temendo una diminuzione dei flussi e quindi degli introiti.

Anche quest’anno la questione è stata messa sul tavolo dall’assessore al Turismo della Regione Veneto e dal sindaco di Cortina, Giampietro Ghedina. Tra coloro che sono intervenuti in questi giorni sulla questione c’è anche Reinhold Messner. In realtà, il Re degli 8000 aveva già preso posizione già da qualche anno proponendone la chiusura senza eccezioni dalle 10 del mattino fino alle 16 e auspicandosi un “recupero della naturale quiete montana”.

Oggi, l’opinione dell’alpinista non è cambiata. “È peggio degli anni scorsi. Auto posteggiate ovunque: sulle strade, nei prati, nei boschi. È questa la montagna che vogliamo donare ai nostri ospiti? La politica trovi soluzioni, non può solo pensare ai voti dei piccoli operatori economici” ha tuonato dalle pagine di Repubblica. Il j’accuse di Messner è contro le amministrazioni locali incapaci di avere il coraggio di scelte a breve termine impopolari verso i propri elettori a scapito non solo dell’ambiente montano, ma anche dell’esperienza che viene offerta. “Dai posteggi di attestamento nei paesi i turisti devono poter raggiungere le montagne con una valida mobilità alternativa, godere del paesaggio e del silenzio, altrimenti si trovano a riproporre sulle Dolomiti la vita che fanno undici mesi all’anno. Vivere i valori della montagna è un diritto degli ospiti, non un’opzione”. Il rischio è che a lungo termine “la gente non ci verrà più: in città aspettano le ferie per andare in montagna e poi lì non trovano quello che desiderano. Le classiche salite sulle Dolomiti, migliaia di camminate su sentieri di 5-6 ore, non vengono più battute mentre qualche “hotspot” — Sella, Gardena e Pordoi o il Lago di Braies — è strapieno. Dobbiamo “spalmare” gli ospiti per dare a tutte le vallate la possibilità di vivere di turismo. Il numero complessivo non è troppo alto: il problema è la concentrazione in pochi posti”.

Bisogna agire, ma con una prospettiva a lungo termine chiudendo i passi, creando una mobilità alternativa e, spiega l’alpinista in un’intervista al Corriere della Sera, cambiando il modello del turismo dolomitico attuale in cui viene alimentato “il “turismo del pic-nic” con gente che sale, fa un giretto e scende. I turisti salgono, mangiano il loro panino e se ne vanno. Non spendono, non mangiano, non dormono, non comprano e non fanno benzina. Inquinano per niente ed è responsabilità della politica trovare una soluzione perché il turista trovi quello che cerca: tranquillità, silenzio, bellezza. Cose che andrebbero decise a livello comunale e provinciale”.

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