Ambiente

Anomalia del Karakorum. Il “mistero” dei ghiacciai che resistono

Nel 2005 Kenneth Hewitt, Professore Emerito della Wilfrid Laurier University, utilizzò per la prima volta il termine anomalia del Karakorum (Karakorum anomaly) per descrivere la particolare stabilità dei ghiacciai del Karakorum rispetto alla condizione più generale di sofferenza mostrata dai ghiacciai dell’Himalaya e del mondo, con bilanci di massa all’equilibrio se non leggermente positivi. Un argomento che abbiamo avuto il piacere di affrontare nel 2012 con il glaciologo di fama internazionale Claudio Smiraglia, già Professore ordinario di Geografia Fisica e Geomorfologia presso l’Università Statale di Milano. All’epoca le cause alla base del fenomeno risultavano ancora poco chiare. Cosa sappiamo oggi dell’anomalia del Karakorum? A raccontarci oltre un decennio di progressi scientifici (e incertezze ancora persistenti) è lo stesso Prof. Smiraglia.

Professore, precisamente quando ha inizio lo studio dell’anomalia del Karakorum?

“Di anomalia del Karakorum si inizia a parlare a livello scientifico nei primi anni Duemila. Ma Kenneth Hewitt, collega cui va il merito di aver coniato il termine di ‘Karakorum Anomaly’, aveva notato il fenomeno già da anni. Facendo rilievi sul terreno, alcuni ghiacciai apparivano più stabili rispetto a quello che succedeva nel resto del mondo, o addirittura in espansione. Inevitabilmente ci si è chiesti il perché. Nel primo decennio di studi le motivazioni venivano trovate soprattutto in aspetti geologici, morfologici, glaciologici. Si riteneva che i ghiacciai avessero un bilancio, e un comportamento diverso, in quanto ghiacciai neri.”

Può spiegarci cosa siano i ghiacciai neri?

“Ghiacciai ricoperti di detrito. Che non troviamo solo in Karakorum ma anche a casa nostra. Il caso più studiato e più bello è quello del Miage sul Monte Bianco. Una copertura di detrito elevata impedisce alla radiazione solare di fondere il ghiaccio, e così i ghiacciai neri si conservano meglio.”

Accanto al “colore” dei ghiacciai, sono state valutate altre cause alla base dell’anomalia?

“Altra ragione veniva trovata nella particolare forma di questi ghiacciai, rintanati in valli lunghe con pareti molto ripide, dove il sole fatica a intervenire. Delle vere trappole per le precipitazioni nevose. E ancora una forte alimentazione da valanghe, in quanto su queste pareti scoscese la neve non si ferma. Si ipotizzava inoltre, cosa oggi confermata, che l’anomalia fosse legata alla complessità dell’alimentazione dei ghiacciai. I nostri ghiacciai alpini hanno un bilancio che si basa su accumulo prevalentemente invernale e fusione estiva. In Himalaya, in senso stretto, c’è una alimentazione prevalentemente estiva, legata al monsone che arriva da Sud. Dunque i ghiacciai presentano una stagione in cui in contemporanea si hanno accumulo e fusione. In Karakorum le cose si fanno più complicate perché i ghiacciai certamente hanno un po’ di alimentazione estiva, ma soprattutto una alimentazione invernale associata a venti che arrivano da occidente, dall’Oceano Indiano o addirittura dal Mediterraneo. La fusione resta soltanto estiva. L’accumulo dura pertanto tutto l’anno”.

Se dieci anni fa già si erano già definite tali cause, cosa restava da chiarire? Perché non possiamo ritenere tali elementi sufficienti a descrivere l’anomalia?

“Già allora si pensava a un controllo climatico del fenomeno. Ogni ghiacciaio nasce, vive e muore in rapporto al clima. E così si è iniziato a studiare le caratteristiche climatiche dell’area. Studi complicatissimi perché non sempre i dati sono validi e disponibili. Si è visto che sicuramente sono aumentate nel tempo le nevicate e si sono abbassate le temperature estive. Inoltre la portata estiva di alcuni fiumi monitorati è risultata lievemente diminuita. Si trattava di dati di fatto però. Nell’ultimo decennio, pur accettando tutto questo, si è cercato di chiarire le cause di tale controllo climatico.”

Ovvero cosa determina un aumento delle precipitazioni e un abbassamento delle temperature estive?

“Esattamente. I climatologi hanno evidenziato un indebolimento del monsone, con aumento in contemporanea della forza delle correnti occidentali. Tale fenomeno avrebbe provocato la formazione di un ‘vortice del Karakorum’. Un blocco a livello della troposfera, in grado di mantenere condizioni di freddo sull’area. Su questo tema si stanno facendo attualmente progressi. Alcuni studi hanno chiamato anche in causa l’irrigazione, legando dunque comportamento umano ed eventi glaciologici.”

L’irrigazione può influenzare il clima?

“Nelle aree pedemontane del Karakorum, e ancor prima in India e Cina, si è assistito a una diffusione spaventosa dell’agricoltura intensiva. Sono stati elaborati dei modelli che mostrano come queste enormi superfici irrigate possano determinare un significativo aumento dell’umidità atmosferica. Ciò determina la formazione di nubi, che schermano il sole, con conseguente abbassamento termico, e dall’altra parte un aumento delle precipitazioni.”

C’è modo di arrivare prima o poi alla spiegazione definitiva del fenomeno?

“Una delle sfide maggiori per capire meglio le cause è cercare di colmare il gap ancora persistente tra modellistica e osservazioni sul terreno, che in Karakorum sono estremamente complicate. Obiettivo dei prossimi anni, in senso più generale della glaciologia, ritengo debba essere un riavvicinamento del lavoro sul terreno a quello teorico che si fa in laboratorio. Le analisi confermano per ora la formazione del vortice del Karakorum. Si è anche evidenziato che, a differenza di 10-15 anni fa, l’anomalia non sia da considerarsi uniforme. In alcune zone è più evidente, con ghiacciai addirittura in espansione, in altri appena avvertibile, in altri non rilevabile.

I ghiacciai sono in fondo come degli esseri umani, ognuno reagisce in maniera diversa a determinate condizioni. Un po’ come in pandemia, che c’è chi si ammala e chi no. Tra l’altro in Karakorum troviamo anche tantissimi ghiacciai pulsanti. Ghiacciai che improvvisamente avanzano di centinaia di metri, anche chilometri, e poi si fermano per un certo periodo (fenomeno del surging, nda).

In generale in tutta la regione, i bilanci degli ultimi 10-15 anni sembrano comunque risultare in equilibrio o mediamente positivi. A dircelo sono studi localizzati, come quello che ha portato alla realizzazione del catasto dei ghiacciai del Central Karakorum National Park, o estesi all’intero Karakorum. Merito in tal senso va in particolare ai ricercatori svizzeri e francesi che hanno elaborato dati di remote sensing relativi a tutta l’area.”

Alcuni scienziati hanno affermato di recente che l’anomalia del Karakorum sia destinata a sparire in futuro, cosa ne pensa?

“Autori italiani e stranieri ritengono che, come conseguenza del surriscaldamento globale, l’anomalia potrebbe arrestarsi. Non avendo svolto personalmente studi in merito non aggiungo altro, ma mi permetto di sottolineare che la modellistica è certamente fondamentale, ma è difficile fare i profeti da qui a 50 anni, perché tutto cambia velocemente. Non possiamo fare previsioni per i prossimi 10-100 anni. Previsioni si fanno da qui a una settimana. Possiamo al massimo elaborare scenari, basati sulla modellistica, a loro volta basati su ipotesi da noi definite. Diciamo dunque che, se i condizionamenti climatici e antropici si manterranno come sono oggi, probabilmente l’anomalia non avrà la forza di mantenersi per molti decenni. E stiamo già vedendo dei segnali di allarme, in Karakorum come sulle Alpi.”

Di cosa si tratta?

“Alcuni ghiacciai neri mostrano segni di crisi. Tornando al Miage, questo ghiacciaio alpino ha iniziato a coprirsi di detrito a seguito di un aumento delle temperature tra fine Settecento e metà Ottocento. E fino agli anni Settanta, Ottanta del secolo scorso appariva tranquillo, con scarse perdite in spessore, se non incrementi. Oggi invece, nonostante la sua superficie si mantenga costante, sta perdendo spessore. Questo perché il deposito di detrito non è uniforme lungo tutto il ghiacciaio e basta una zona più sottile perché il sole possa risultare più efficace. Quando inizia a scoprirsi un piccolo lembo di ghiacciaio nero, i cosiddetti ice cliffs, ecco che il sole batte feroce e determina la formazione di laghi superficiali, che si stanno diffondendo molto anche in Karakorum. Inizia così la rapida fase di decadenza dei ghiacciai neri. Sulle Alpi è già ben evidente. Come conseguenza di una difficoltà di mantenimento dei vortici freddi, non è da escludere che anche in Karakorum i ghiacciai neri possano andare incontro al medesimo destino.”

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