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Denali. Ghiacciaio in rapido scivolamento, interdetta la salita alla vetta

Un raro caso di "surge" glaciale

Uno dei ghiacciai del Denali (6.190 m) ha di recente accelerato in maniera significativa il suo scivolamento verso valle. Una condizione preoccupante quella manifestata dal ghiacciaio Muldrow, sul versante Nord Est della celebre vetta dell’Alaska, potenzialmente associata a un aumento del rischio di esondazione del sottostante fiume McKinley. Di fronte al rapido movimento della massa glaciale le autorità hanno invitato alcuni alpinisti, che avevano previsto di salire in vetta nella stagione primaverile attraversando il ghiacciaio, a cambiare programmi. La velocità di scivolamento, secondo i dati forniti dal National Park Service, sarebbe aumentata fino a 100 volte rispetto al valore medio di movimento del ghiacciaio. Cosa sta succedendo?

Il surge del Muldrow

Secondo gli esperti il Muldrow è protagonista di un fenomeno geologico raro ma non anomalo: il cosiddetto surge glaciale. Nel corso della loro vita i ghiacciai possono andare incontro ad alterazioni del loro movimento, accelerando improvvisamente per un periodo contenuto e poi tornare alla velocità media di scivolamento.

Lo spostamento del Muldrow si attesta attualmente sui 20 metri al giorno (solitamente si sposta di 16 cm al giorno). Mentre scivola si assiste a una continua e intensa formazione di crepacci. Condizioni per certo non ottimali per una avventura alpinistica. Dave Schirokauer, a capo del Denali National Park Science and Resources Team, ha ipotizzato che la via di salita alla vetta attraverso il Muldrow potrebbe risultare impraticabile per svariati anni.

A notare il fenomeno del surge è stato nel mese di marzo un pilota della K2 Aviation, Chris Palm. “Osservando il ghiacciaio ho pensato che nelle condizioni attuali sarebbe davvero complicato accedervi – ha dichiarato Palm – è completamente fratturato e pieno di profondi crepacci”. Uno scenario che ha ricordato a Palm il precedente surge del 1956-1957. Ha così prontamente effettuato qualche scatto da sottoporre a un amico glaciologo, che a sua volta ha provveduto a esaminarli insieme ad altri colleghi, confermando l’ipotesi del pilota.

Le cause dei surge

Come anticipato, si tratta di fenomeni fisiologici, che non dovrebbero stupire, almeno gli esperti ma, come dichiarato alla redazione del The Columbian dal fisico Guy Adema, parte del team scientifico del Parco del Denali, da anni impegnato nel monitoraggio del ghiacciaio: “è sempre uno spettacolo eccitante”. Tra l’altro il Muldrow ha un suo periodo di stasi tra un surge e l’altro di circa 50 anni. La situazione dunque appare nella norma. Anzi, si nota un certo ritardo.

Adema chiarisce che di fronte a simili eventi non bisogna chiamare in causa il surriscaldamento. Le cause alla base dei surge non sono ancora pienamente definite, ma vanno ricercate nella natura stessa di un ghiacciaio. Una struttura che tendenzialmente immaginiamo statica, come fosse un grande cubo di ghiaccio. In realtà i ghiacciai si muovono, per effetto stesso della forza di gravità e perché l’acqua di scioglimento ne facilita lo scivolamento basale. I surge sembrerebbero favoriti da quest’ultima dinamica.

Un elemento ulteriore alla base di tali fenomeni improvvisi, come chiarito al Scientific American dal glaciologo Martin Truffer della University of Alaska di Fairbanks, potrebbe essere uno sbilanciamento di massa, legato a una crescita maggiore (accumulo) di ghiaccio nella parte superiore del ghiacciaio nel corso di anni, senza contemporaneo accumulo nelle parti a valle. Si determina così l’aumento di pendenza tra parte alta e bassa, una condizione che favorisce la perdita di equilibrio del ghiacciaio.

Il complicato ruolo dei cambiamenti climatici

L’affermazione di Adema di escludere i cambiamenti climatici dalle cause dei surge non è totalmente corretta. In primo luogo, temperature maggiori portano a un aumento delle acque di scioglimento del ghiacciaio, con promozione dello scivolamento basale, che abbiamo visto essere considerato uno dei fattori chiave alla base di tali fenomeni. Potremmo dunque dire che, in maniera indiretta, il surriscaldamento favorisca i surge.

Non sempre. Alcuni climatologi nelle scorse settimane hanno anzi ipotizzato che i cambiamenti climatici stiano frenando il surging dei ghiacciai. Come è possibile? Riprendendo il discorso di Truffer, se le temperature aumentano, vi è minore possibilità di accumulo di nuovo ghiaccio nella parte alta dei ghiacciai. Questo potrebbe anche spiegare il perché del ritardo del Muldrow rispetto al suo periodo di 50 anni di pausa tra due surge. A prova di tale ipotesi, Truffer porta l’esempio di un altro ghiacciaio d’Alaska, il Black Rapids Glacier, il cui ultimo surge risale al 1937. Non è escluso che quello cui ci troviamo di fronte sia l’ultimo surge del Muldrow.

Ad ogni modo, chiarisce il glaciologo, non tutti i ghiacciai reagiscono allo stesso modo al cambiamento climatico. In altre aree della Terra il surriscaldamento potrebbe incrementare la frequenza dei surge, ad esempio in conseguenza di un carico maggiore di piogge che rendono il substrato più scivoloso.

Quanto durerà il surge?

Nel surge del 1956-1957 il ghiacciaio scivolò di oltre 6 km nell’arco di un paio di mesi. Attualmente il ghiacciaio è sotto monitoraggio, si conosce la sua velocità di scivolamento quotidiana ma non è ancora prevedibile per quanto continuerà a scivolare.

Il fenomeno potrebbe durare anche mesi e, secondo le stime degli esperti, potrebbe concludersi con un ampio rilascio di acqua nel McKinley a giugno. Il surge infatti termina di fatto con la “liberazione” dell’acqua intrappolata sotto la massa glaciale. Non dovrebbe esserci ad ogni modo rischio di esondazioni tali da interessare le aree abitate.

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