100 anni fa nasceva Rolly Marchi
100 anni fa, il 31 maggio del 1921, nasceva a Lavis, in provincia di Trento, Rolly Marchi. Scrittore e giornalista, sciatore e alpinista, ideatore di grandi eventi come la 3-Tre, il Trofeo Topolino, il Kilometro Lanciato. Rolly, che ci ha lasciati il 14 ottobre 2013, ha vissuto quasi un secolo con un’intensità senza paragoni, che lo ha reso protagonista di primo piano sia nello sport che nella cultura italiana.
Ha sciato con Zeno Colò, scalato con Dino Buzzati e Reinhold Messner. Ha salito il Campanile Basso nelle Dolomiti di Brenta. Ha vissuto e raccontato decine di edizioni delle Olimpiadi invernali. Sua fu l’idea di “Italia K2” il Museo a Skardu realizzato e gestito da EvK2Cnr nel cuore del Parco del Karakorum. Sempre insieme a EvK2Cnr organizzò “Milano montagna 2000”. Fu fondatore e direttore della rivista La Buona Neve, scrittore di romanzi e racconti.
A Rolly Marchi durante il Pre-Cop26 a Milano, sua città di adozione insieme a Cortina d’Ampezzo, sarà dedicata una mostra e un ricordo da parte dei suoi tanti amici durante la serata di Gala.
Oggi è Beba Schranz, giornalista ed ex atleta della nazionale di sci alpino che per tanti anni ha lavorato con lui e con cui ha coltivato una profonda amicizia, a raccontarci Rolly Marchi in occasione di questo importante anniversario.
Rolly Marchi chi era uno sportivo, un giornalista, uno scrittore o un uomo di mondo?
“Alternativamente interpretava tutti questi ruoli, stare al suo fianco è stato per me un’esperienza affascinante e impegnativa nello stesso tempo. Ha iniziato a seguire le Olimpiadi nel 1936. Fu speaker alle olimpiadi del ‘56 a Cortina, poi di Olimpiadi non ne ha persa una. Rolly era un giornalista sportivo che non raccontava solo i risultati, ma gli atleti, le persone”
Ci puoi raccontare un episodio che lo rappresenta?
“Uno dei momenti che lui amava di più raccontare riguarda la sera precedente la discesa olimpica di Oslo nel 1952, quando dormì su una brandina in camera con Zeno Colò il quale, ad un certo punto, in piena notte si alzò per andare a controllare la neve, naturalmente con l’immancabile sigaretta in bocca”
Sono tante le gare che ha inventato, come la 3-Tre
“Rolly era come l’Etna, un vulcano in continua eruzione: dall’immediato dopoguerra in poi ha portato allegria e ottimismo in ogni ambiente che ha frequentato. A proposito della 3-Tre, mi ha raccontato che quel nome è nato durante una riunione alla quale partecipava anche un amico che tartagliava e quando ha preso la parola per dare il suo parere sul nome della gara, che in quel momento si sarebbe dovuta svolgere in tre diverse località trentine, ha cominciato a tartagliare dicendo più volte tre, tre, tre. Fu a quel punto che Rolly lo bloccò e insieme a tutti i presenti stabilirono che quello era il nome giusto”.
Per tutti Rolly Marchi è stato il Trofeo Topolino, dove ha scoperto decine di atleti formidabili. Alcuni che gli rimasero molto affezionati…
“Quello che Rolly ha fatto per lo sci giovanile nessun altro lo ha fatto. Fino alla fine degli anni ‘50 le gare avevano solo due categorie, Junior e Senior, fu lui che si inventò i diversi circuiti dedicati ai ragazzi dove oltre alla gara c’era anche un momento aggregante o di gioco. Nel 1958, stimolato da Mike Bongiorno, inventò il Trofeo Topolino che in pochi anni diventò la gara per ragazzini più importante del mondo. Poi ha creato anche Ausonia Sprint, Mediolanum Boys e Fila Sprint, così come il Gran Premio Saette, che rivelò e lanciò Alberto Tomba, Claudia Giordani e Piero Gros, tanto per fare alcuni nomi”.
A Milano, in Corso Garibaldi, c’era la sua casa carica di ricordi, di arte, cultura, di frequentazioni. Una casa piena di Rolly, dove costruivate insieme “La Buona Neve”. Cos’era quel semestrale?
“Lavorare con lui è stata una grandissima fortuna e opportunità. La rivista nasceva tra la sua camera studio e il tavolo in sala da pranzo, due computer, appunti sparsi qua e là e tante, tante buste di fotografie. Rolly aveva un’agenda strapiena di numeri di telefono di personalità del mondo dello sport, dello spettacolo della cultura da far girare la testa. Una delle prime volte che lavorammo insieme mi ha dato l’agenda in mano dicendomi di cercargli Luca Cordero di Montezemolo, io vado alla M e quando lo trovo sto per dettargli il numero, ma lui mi porge il telefono e mi dice di chiamarlo. A me a quel punto il cuore ha cominciato ad accelerare, quando dall’altra parte ho sentito una voce gli ho passato il telefono come se mi scottasse in mano!
La Buona Neve aveva sempre una parte dedicata allo sport, non necessariamente solo lo sci. Una parte era dedicata alla cultura nella quale parlava di qualche amico scrittore, o scultore, o pittore. C’erano poi le recensioni dei libri, negli ultimi anni quelle pagine le curava l’amica Lorenza Russo. E poi molte pagine le dedicava agli amici, pubblicando momenti indimenticabili da condividere”.
Fu amico di tutti i VIP e non che hanno vissuto e frequentato la sua Cortina e di tutti gli sciatori e gli alpinisti che nella conca d’Ampezzo sono cresciuti e diventati importanti…
“Si, era grande amico di personaggi illustri come Fellini, Buzzati, Disney, Bonatti, Mike Buongiorno, Messner, Tomba, Manuela Di Centa, Evelina Christellin e moltissimi altri, che coinvolgeva nei molteplici progetti che gli venivano in mente. Tutti lo frequentavano con piacere e affetto. Con la stessa affabilità e naturalezza si intratteneva con chiunque gli dimostrasse attenzione, poteva essere un Vip o lo skilifista, l’albergatore, il maestro di sci o gli amici da bar. Girare con lui per Corso Garibaldi a Milano era come camminare in paese a Macugnaga: andavamo dal farmacista che gli chiedeva notizie dei famigliari, poi si andava a bere il caffè al bar Amore sotto casa dall’amico Pasquale o alla pasticceria Ranieri dove ci regalavano un pasticcino, la stessa cosa succedeva a Cortina, ricordo le calorose soste dal fotografo Tony Scaramuzza o le cene a casa Ghedina o dalla contessa Marzotto”.
Amava essere non convenzionale anche nel vestire, è così?
“Amava vestirsi elegante e stravagante nello stesso tempo, adorava i contrasti. Una volta, sopra uno dei suoi splendidi magioni di Missoni indossò un cappotto liso che nessun altro avrebbe potuto mettere senza essere criticato. Ma lui aveva una classe innata e si lasciava scivolare addosso qualsiasi commento”.
Sebbene Buzzati lo considerasse un ottimo scrittore, è vero che soffriva il fatto di essere considerato dagli altri uno sportivo piuttosto che uno scrittore?
È vero! Soffriva di non essere considerato uno scrittore, pensare che già nel 1957 vinse il Premio St. Vincent con il suo primo racconto. Per Dino Buzzati aveva una vera ammirazione e amicizia. Sosteneva che la vera passione di Buzzati non erano la letteratura, il giornalismo, la pittura come tutti pensavano, ma la montagna, la sua vera amante.
Amava l’arte e il mondo delle Gallerie, amava Brera, amava i quadri della moglie Graziella che alternativamente hanno raccontato le Dolomiti, animali, navi…
“Graziella era quasi sempre presente ne La Buona Neve, o con i suoi bellissimi quadri oppure con quelli di suoi amici pittori. Come per gli atleti, anche per gli artisti Rolly aveva uno spiccato senso della preveggenza, li scopriva prima di qualsiasi altro, probabilmente per questi ultimi Graziella aveva qualche merito! Per le gare di sci invece mi è capitato spesso di seguirle in sua compagnia e più di una volta, vedendo scendere qualche giovane mi diceva: ‘teniamolo d’occhio che il prossimo anno questo farà qualcosa’, e così succedeva quasi sempre”.
Nel 2004 andò in Pakistan per inaugurare il museo degli Italiani da lui voluto a Skardu per ricordare gli esploratori e alpinisti italiani in Karakorum. Hai un ricordo che ti ha raccontato di quel viaggio?
“Mi ricordo la tenacia con la quale proponeva ai suoi amici industriali di intervenire economicamente nel progetto del Museo al K2 e l’orgoglio di poterlo presentare a Roma al Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Se pensiamo che a 83 anni ha avuto ancora la voglia di mettersi in gioco per un’impresa di quello spessore e impegno fisico possiamo capire la tempra e l’entusiasmo che lo animavano”.
Rolly Marchi è stato sintesi culturale e sportiva sia di Milano che di Cortina. Può essere il personaggio simbolo delle Olimpiadi Milano-Cortina 2026?
“Assolutamente sì. Rolly è milanese e cortinese doc. Ha amato Milano e Cortina con la stessa intensità e generosità. Penso che se fosse ancora in vita queste olimpiadi sarebbero state una delle sue gioie più grandi e mi immagino quante nuove idee sarebbe riuscito a realizzare”.
ROLLY – GO marchio abbigliamento sportivo (vintage sparito dal mercato)…era suo?? Literae non dant panem..il gusto per l’eleganza c’ era, anzi era innato…piu’dovuto al carattere .
Era amico pure di Cesare Mestri , e diciamolo, no? compressore= damnatio memoriae?