Ambiente

Da 100 anni nel DNA la montagna e l’ambiente, intervista a Romain Millet

“Quando sei in rifugio con altre persone si crea un rapporto particolare. Bastano poche ore per conoscersi e scambiarsi qualcosa di importante, per creare un legame, questa è la nostra filosofia”. A raccontarsi è Romain Millet, da poco al timone della secolare azienda di famiglia. Compie 100 anni esatti la francese Millet, un anniversario iconico che riporta ai tempi pionieristici di Walter Bonatti, tra i primi a fornire le sue competenze allo sviluppo prodotti; ma anche all’Annapurna, il primo Ottomila a essere violato da un uomo. E ancora gli anni Ottanta della trilogia di Christophe Profit e l’Himalaya del compianto Sergi Mingote.

In occasione dell’anniversario Romain, dopo diverse esperienze in altre aziende e un lungo soggiorno in Cina, è ritornato ai vertici dell’impresa. L’abbiamo incontrato qualche settima fa a Cervinia, nel momento del rinnovo della collaborazione tra l’azienda e le guide del Cervino.

Millet compie cento anni, una storia che nel suo caso si intreccia con quella familiare. Come vive questo anniversario?

“Cento anni di vita sono molto importanti per un’azienda, non ci sono molti marchi che rimangono sul mercato così a lungo. Rappresenta molto anche per la famiglia. Sono stati i miei bisnonni a far partire il tutto nel 1921.”

Si producevano già attrezzature da montagna al tempo?

“No, all’inizio si producevano borse e sacche per il lavoro, poi dopo la guerra è iniziata la trasformazione in azienda dedicata alla montagna. Mio nonno era un grande appassionato mentre il fratello si occupava della parte commerciale. Erano anni pionieristici, sia per l’alpinismo che per l’azienda.”

Siete stati i primi a raggiungere un Ottomila…

“L’Annapurna è stato un momento fondamentale nella storia dell’alpinismo, ma anche dell’azienda. Ci ha dato una grande visibilità e ha permesso di dare lo slancio allo sviluppo tecnico. Posso dire con certezza che quel momento ha posto le basi per un secolo di attività, ma soprattutto per un metodo di lavoro fatto non solo di grandi obiettivi da raggiungere ma di uomini. Sono le persone la vera chiave di volta. Quelle figure che nella storia di Millet hanno sempre avuto un ruolo fondamentale, al pari del prodotto e delle montagne.”

Quello con gli alpinisti è sempre stato un legame molto forte, una cordata capace di ascoltare le reciproche necessità?

“Fa parte del DNA dell’azienda. Quest’anno festeggiamo 100 anni di storia, ma anche 100 anni di legame con gli alpinisti, che poi è il significato stesso della montagna.”

Da sempre Millet si impegna in progetti di tutela ambientale, anche questo è parte del vostro DNA?

“L’attenzione al territorio, all’ambiente e alla sua salute arriva come eredità dal mio bisnonno. Oggi puntiamo la nostra attenzione sul tema del cambiamento climatico. I ghiacciai sono in pericolo, molti sono già compromessi e altri lo saranno nel prossimo secolo. Si tratta del terreno di gioco dell’azienda e dobbiamo impegnarci nella sua difesa. Non lo diciamo solo noi, ma tutto il mondo, ed è bello vedere che anche i consumatori ci seguono in questa visione di difesa dell’ambiente.”

A proposito del consumatore, cosa vuole comunicargli Millet oggi?

“Sostenibilità, sia nei prodotti che nella comunicazione. Abbiamo iniziato 20 anni fa, con l’evento ‘Montagna responsabile’ a Chamonix, a fare comunicazione attorno al concetto di sostenibilità e tutela ambientale e vogliamo continuare a farlo. Il passo successivo riguarda un cambiamento della produzione, soprattutto riguardo elementi come la plastica e l’acqua. Entro il 2025 vogliamo cercare di arrivare in pari con l’ambiente.”

Immaginate una compensazione con l’ambiente?

“Esattamente, l’obiettivo è compensare, lavorare sulle emissioni. Per questo a livello commerciale immaginiamo collezioni che possano rimanere sul mercato almeno per tre anni, in modo da immettere meno prodotto nella catena. Poi prodotti che durino nel tempo, per questo abbiamo anche un atelier dove vengono effettuate le riparazioni.”

Un’ultima domanda. Dopo il primo lockdown abbiamo assistito a un’esplosione del mondo outdoor. Oggi abbiamo tanti nuovi appassionati, rimarranno? Cosa possiamo fare per fa si che accada?

“Questo periodo ci ha permesso di mostrare come la montagna non sia solo sci alpino e trekking. Ci ha svelato una montagna per tutti fatta di scialpinismo, e-bike, passeggiate. Penso sia proprio questo il messaggio da lanciare per mantenere gli appassionati, quello di una montagna a 360 gradi, per tutti, accessibile a tutti.”

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