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Eric LeMarque: la droga, l’ultima discesa, l’amputazione e una nuova vita

La sua è una di quelle storie vere che possiamo scoprire attraverso un film in una noiosa serata di metà settimana. Una storia che poi appassiona, che spinge a una ricerca in rete per sapere qualcosa in più sul protagonista, quello vero non l’attore.L’ultima discesa è la pellicola che racconta una piccola parte della vita di Eric LeMarque, la sua fine e la rinascita. Svela la sua seconda opportunità.

Ex hockeista su ghiaccio Eric raggiunge l’apice della sua carriera verso la metà degli anni Novanta quando partecipa ai Giochi Olimpici Invernali di Lillehammer 1994 e ai campionati mondiali del 1994 e del 1995. Gli anni successivi sono tragici, il ragazzo classe 1969 inizia a sperimentare le metanfetamine. Nel giro di poco diventa dipendente e cade in una spirale di solitudine e isolamento.

Appassionato di snowboard il 6 febbraio 2004 decide di provare una discesa fuoripista alla ricerca di adrenalina e polvere. L’esito non è quello sperato e ben presto si ritrova disperso sulle montagne della Sierra Nevada. Inizia qui la sua morte. Per otto giorni Eric vaga nei boschi, con se ha solo un cellulare quasi scarico, una scatola di fiammiferi bagnati e una radiolina. Cerca una via di salvezza, affronta un branco di lupi, bivacca a -10 gradi e si trascina a forza fino in cima a un picco da cui riesce a inviare un segnale con la sua radio. Le squadre di soccorso, allertate dalla madre, lo recuperano al pelo. Eric è messo male, ma sopravvive. A causa dei congelamenti gli vengono amputate entrambe le gambe sotto le ginocchia, ma lui rinasce come una fenice dalla cenere. Abbandona la droga e trova una nuova ragione per stare al mondo: vivere.

Eric sei riuscito a liberarti dalla droga nel momento più disperato. Ti sei mai fermato a riflettere su questo?

“L’ho fatto e mi sono reso conto che è stata una cosa codarda da fare. Avrei dovuto resistere in altri momenti, prima. Avrei dovuto respingere i richiami negativi e metterli sotto i miei piedi.”

Hai vagato per giorni nella natura selvaggia, alla disperata ricerca di una salvezza. Quali pensieri riempivano la tua mente?

“Non ho incontrato Dio sulla montagna, ma la morte rude e ridente. Dal secondo giorno fino alla fine mi ha assillato con la sua falce, mi ha seguito. Ha cercato di farmi perdere la speranza, di togliermi la vita.

L’incontro con quello spirito maligno, con il suo vento, mi ha fatto venire i brividi per anni. In quegli otto giorno ho lottato contro di lei, cercando in ogni istante un modo per migliorare la mia condizione.”

Ti è stata concessa una seconda opportunità di vivere, non sono tutti così fortunati…

“Tutti noi viviamo quel momento in cui diventiamo adulti e prendiamo in mano le responsabilità della vita. Io sono riuscito a farlo solo dopo la montagna. Quando ho messo a letto il bambino l’uomo che era dentro di me ha imparato a chiedere aiuto.”

Gli otto giorni all’addiaccio in inverno hanno avuto conseguenze importanti sul tuo corpo. Cosa hai pensato quando hai scoperto l’amputazione delle gambe?

“L’ho saputo prima che venissero amputate. Ricordo ancora il momento in cui il medico dell’ospedale di Mammoth ha usato il dispositivo per verificare il movimento del sangue nei vasi sanguigni delle gambe. Ho visto l’espressione sul suo viso, poi mi ha detto che non c’era vita nei miei piedi.”

Oggi sei un motivatore, tieni conferenze per i giovani cercando di trasmettergli l’importanza della vita. Qual è la domanda più frequente che ti viene fatta?

“Come ho fatto ad andare avanti, a superare quei momenti disperati tra le montagne.”

La risposta?

“Mentre lo vivevo non mi rendevo conto della gravità della situazione. Ero impegnato a cercare una via di fuga, a migliorare la mia speranza di vita attimo dopo attimo.”

Cos’è per te la vita oggi?

“Relazioni, scambio. In fondo nessuno di noi sarebbe qui se non ci fosse l’unione tra due persone. Per me la vita è relazione, sentimento. Senza dimenticare lo snowboard, da praticare il più possibile.” (ride)

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2 Commenti

  1. Scusate, ma questa persona mi fa una brutta impressione e la spiego.

    Mi sembra resti un immaturo irresponsabile.
    Di se stesso non mi sembra abbia imparato niente.
    Continua a fuggire pensando che rifugiandosi in “altro da se” sia la soluzione per vivere.

    Che esempio di vita pessimo !
    Persone così sono facilmente utilizzabili come alacri e obbedienti esecutivi, anche come “kamikaze”.

    Il covid mi fa male.

  2. Sentito raccontare da fonte degna di fiducia, che le metanfetamine vengono assunte anche in catena di lavorazioni in fabbrica.Si alternano periodi ferie obbligatori e ad altri con turno di 10 ore a tambur battente senza nemmeno pausa wc o merenda.

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