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Manaslu. Simone Moro rinuncia: “I miei limiti e le mie capacità sono altamente inferiori a quelle della montagna”

Chiusa anche la spedizione polacca al Laila Peak

Le strade di Simone Moro e Alex Txikon si dividono, almeno per quanto riguarda la spedizione al Manaslu. L’annuncio arriva dall’alpinista bergamasco, che in un lungo post affidati ai social dice arrivederci per il terzo inverno all’ottava montagna della Terra dopo l’esperienze del 2015 (con Tamara Lunger) e del 2018/19 con Pemba Sherpa.

La motivazione della rinuncia di Moro è la condizione della montagna, a cui si aggiungono quelle meteorologiche. I miei limiti e le mie capacità sono altamente inferiori a quelle della Montagna che ho incontrato in questi tre inverni. L’accettazione di questo mi ha permesso fino ad oggi di sopravvivere ai miei sogni e far prevalere la testa al cuore” scrive Simone. “I crepacci che abbiamo incontrato sulla via normale a metà gennaio e la variante nuova che Alex e noi tutti abbiamo aperto ha consumato i giorni più belli e stabili che io abbia mai incontrato in tutte le mie invernali. Purtroppo quando la variante è stata ultimata, l’inverno al Manaslu era tornato quello di sempre, venti fortissimi in quota intervallati da qualche giornata di nubi e nebbie e le solite seppur quest’anno deboli nevicate. Il vento ha strappato dalle creste la neve e l’ha depositata sulla parte medio bassa della montagna e procedere è sempre stata una lotta con sforzi immani per aprirsi la traccia, affondando spesso fino alla pancia, anche con le racchette da neve calzate“. Difficoltà del terreno a cui di aggiungono le previsioni del fidatissimo Karl Gabl, meteorologo al quale Moro si affida da anni, che non danno speranza su un miglioramento dei venti fino a inizio marzo. Una situazione che ha fatto propendere Simone a preferire “la rinuncia a una stoica resistenza oltre il mese di febbraio“.

Questo non vuol dire un arretramento di Moro rispetto alla sua posizione circa l’inizio della primavera, anzi, ribadisce “l’inverno finisce il 20 Marzo, lo confermo, il permesso che abbiamo però scade il 28 febbraio. Si può chiedere un’estensione e forse è ciò che Alex e i suoi compagni stanno valutando nonostante impegni professionali e famigliari“. Questo succede perché il Nepal adotta per le stagioni il calendario metereologico (inverno dal 1 dicembre al 28 febbraio) e quindi fa terminare i permessi invernali a febbraio, per scalare dal 1 marzo serve un nuovo permesso primaverile.

Ho fatto tutte le mie invernali tra il 21/12 e il 28/2. Perfettibili e migliorabili nello stile e modalità ma “inattaccabili” dal punto di vista temporale. Voglio continuare a mantenere questa caratteristica accettando quest’anno la terza rinuncia al Manaslu e le inevitabili (solite) critiche e attacchi personali frutto del regalo e dell’opportunità che i social hanno dato a tutti. Se i social regalano fama è giusto che dispensino anche critiche. Se pacate, educate e pertinenti le terrò come sempre in considerazione” scrive ancora Moro.

A pesare però emotivamente su Simone è anche la difficile stagione invernale complessiva con i tanti lutti, che hanno coinvolto anche amici al K2.  Ho riflettuto sui segnali che il destino e le vicende tragiche di questo 2021 mi ha mandato dice Simone confessando di averci pensato di rimanere, ma ammettendo di aver imparato anche la prudenza e la paura, che lo hanno portato a non rischiare o vincere a tutti i costi. “Ci vediamo presto perché girare una pagina non significa terminare il percorso. Ho ancora troppa voglia d’azione e la lista dei sogni è lunga...” conclude l’alpinista.

Come già detto da Alex al ritorno dall’ultimo tentativo di vetta, la squadra continuerà a provare a raggiungere la vetta fino all’ultimo giorno disponibile.

La rinuncia polacca al Laila Peak

Quella di Simone Moro non è l’unica rinuncia di questi ultimi giorni. Anche i polacchi impegnati nell’invernale al Laila Peak hanno deciso tornare a casa dopo aver lanciato un tentativo di vetta ed essere tornati al base a causa del pericolo valanghe, quota massima raggiunta C2 (5500m). Condizioni troppo sfavorevoli e previsioni meteo non rassicuranti, così Janusz Golab, Marco Schwidergall e Bartosz Kacper hanno preferito optare per la prudenza e rientrare in Polonia.

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