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Valanghe, sicurezza e social. Le riflessioni di Arianna Tricomi

Seduta davanti allo schermo del suo cellulare la freerider Arianna Tricomi ci restituisce un’immagine insolita di se. Nessuno scatto adrenalinico, nessuna discesa in neve fresca. Il testo di accompagnamento è breve “Very important message. Please listen”. Al resto ci pensa la sua voce.

Arianna racconta di un’uscita sugli sci in una giornata dalle condizioni tutt’altro che perfette. Poche curve, poi la decisione di rientrare visto il vento e le temperature. Mentre lei e i suoi amici rientrano, oramai in cabinovia, ecco che una nuvola avvolge il pendio. Si è staccata una valanga e ha travolto una ragazzino di soli 15 anni. Le persone sul posto hanno iniziato a scavare, poi è arrivata anche Arianna con i suoi amici. Insieme hanno fatto più in fretta che potevano, l’hanno estratto dalla massa nevosa e gli hanno tolto la neve dalla bocca, poi hanno iniziato a praticargli la respirazione per rianimarlo. “Ho perso la cognizione del tempo, non so quanto tempo sia passato. Questa esperienza mi ha colpito più profondamente della maggior parte delle cose che ho visto in montagna. Trasportato in ospedale il ragazzo è poi morto il giorno dopo. Qui la Tricomi apre le porte a una riflessione importante sul ruolo dei social verso i più giovani. “Sui social si vedono le emozioni di una discesa, ma non si spiega perché l’abbiamo scelta e magari altre dieci altre volte abbiamo rinunciato commenta. “Chiedo ai genitori, agli atleti e ai ragazzi. Pensate che si debba mostrare di più cosa c’è dietro una discesa?.

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