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Valanghe, sicurezza e social. Le riflessioni di Arianna Tricomi

Seduta davanti allo schermo del suo cellulare la freerider Arianna Tricomi ci restituisce un’immagine insolita di se. Nessuno scatto adrenalinico, nessuna discesa in neve fresca. Il testo di accompagnamento è breve “Very important message. Please listen”. Al resto ci pensa la sua voce.

Arianna racconta di un’uscita sugli sci in una giornata dalle condizioni tutt’altro che perfette. Poche curve, poi la decisione di rientrare visto il vento e le temperature. Mentre lei e i suoi amici rientrano, oramai in cabinovia, ecco che una nuvola avvolge il pendio. Si è staccata una valanga e ha travolto una ragazzino di soli 15 anni. Le persone sul posto hanno iniziato a scavare, poi è arrivata anche Arianna con i suoi amici. Insieme hanno fatto più in fretta che potevano, l’hanno estratto dalla massa nevosa e gli hanno tolto la neve dalla bocca, poi hanno iniziato a praticargli la respirazione per rianimarlo. “Ho perso la cognizione del tempo, non so quanto tempo sia passato. Questa esperienza mi ha colpito più profondamente della maggior parte delle cose che ho visto in montagna. Trasportato in ospedale il ragazzo è poi morto il giorno dopo. Qui la Tricomi apre le porte a una riflessione importante sul ruolo dei social verso i più giovani. “Sui social si vedono le emozioni di una discesa, ma non si spiega perché l’abbiamo scelta e magari altre dieci altre volte abbiamo rinunciato commenta. “Chiedo ai genitori, agli atleti e ai ragazzi. Pensate che si debba mostrare di più cosa c’è dietro una discesa?.

 

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8 Commenti

  1. CERTO CHE SI PUO’ DI-MOSTRARE DI PIU’. A CASA PROPRIA CI SI PROCURA UNA TAVOLA , SI METTE ORIZZONTALE E AD UN ESTREMO SOPRA CI SI METTE: MUCCHIETTO DI FARINA, O GHIAINO, O BLOCCHETTI LEGO O SEGATURA O PACCHETTO DI FOGLI DI CARTELLINE DI PLASTICA SOVRAPPOSTI , E LENTAMENTE SI ALZA QUESTO ESTREMO..FINCHE’..PARTE!. MAGARI SI PROVA ANCHE CON DIRIGERE UN GETTO DI ASCIUGA CAPELLI E CON STRATO GHIACCIO MACINATO.
    SI PUO’VARIARE LA RUVIDITA’ DELLA TAVOLA…METTERE SUL CUMULO UN PESETTO O UN SOLDATINO, , FARLO SCORRERE, CON UN FILO DI TRAVERSO, ESPERIMENTI VARI A COSTO QUASI ZERO…E SI CAPISCE MOLTO..E MAGARI SI DIVERTONO I BAMBINI.
    POI PER PASSARE DALLE SIMULAZIONI SU MODELLO ridotto ALLA REALTA’, SUL WEB INNUMEREVOLI FILMATI DI VARE TIPOLOGIE DI VALANGA,RIPRESE DAL VERO. SE LEGGO IMPARO, SE FACCIO CAPISCO.POI SE NEPPURE QUESTO SERVE..SI PUO’AVERE ARTVA, AIR BAG , RECCO ECC. MA SE SI TRASCURANO PENDENZA, SPESSORE DELLA NEVE , TEMPERATURA , SOLE ,UMIDITA’ ECC E CI SONO PARECCHIE CONDIZIONI PROPIZIATRICI ALLA VALANGA, E SE QUESTA PARTE..E INGLOBA GLI SCIATORI E NON INTERVENGONO SOCCORRITORI PER TEMPO( ORDINE DI 15 MINUTI)..SARA’ SOLO UN SEMPRE PIU’ PROBABILE RECUPERO DI CORPO/I, PURTROPPO.IL COLMO E’ CHE CI RIMANGANO PURE I SOCCORRITORI.

  2. aggiunta:qualcuno ha provato a fare da cavia sepolto da strato di neve con altri colleghi o amiconi in addestramento cronometrato alla ricerca con Artva e sonde.Pur con piumino, coperta , materassino, apparecchio a boccaglio inspira aria ed espira anidride carbonica, ..dopo pochi minuti un freddo bestia che penetra nelle ossa.
    Appena estratti..subito una tazza di the o brodo caldo …e magari un bel camper riscaldato.

  3. Ciao Arianna,
    nello scialpinismo e nello sci fuori pista io, come tanti altri, “cerco” di muovermi sempre pescando bene in fondo al sacco di decenni di esperienza in montagna, ma non basta perchè le condizioni sono cambiate, perchè la voglia di fare ci spinge oltre… perchè se lo fate voi in modo spettacolare perchè non possiamo farlo noi…
    La tua riflessione è giusta e la condivido pienamente e proprio per questo dobbiamo “tutti” fare qualcosa, piccola o grande che sia. Le dinamiche o “leggi” del mercato (Sponsor) remano contro per tanti motivi, ma si possono cambiare…
    Forza e determinazione, rispetto e umiltà, coscienza e consapevolezza

  4. Penso sia difficile che la maggioranza dei giovani capisca, almeno ancora per qualche anno.
    Dovrebbero cambiare completamente la mentalità alla quale sono stati educati e cresciuti.
    C’è la cultura dell’immagine, urlata e lampeggiante.
    I significati non interessano più e non vengono indagati.
    L’essere se stessi non interessa a nessuno, bisogna emulare.
    Si vive fra i followers inquadrati degli influencer del nulla per il divertimento in uno zapping continuo.
    Ma qualcuno che si rende conto fra loro c’è.
    Brava Ari con il suo linguaggio moderno, ma anche lei penso sia controllata dal mercato.

  5. fossero solo i giovani il problema; la realtà è che in montagna circola gente senza nemmeno le basi della sicurezza, per non parlare di quel nutrito popolo dei “tanto a me non succede..”
    Io questa gente non li considero gente di montagna; guarda caso sono sempre molto attivi sui social…

  6. Volendo, sul web ci sono lezioni su valanghe anche semplici ma esaurienti.Il fatto e’ che principalmente gli esordienti pensano che basti avere l’attrezzatura.Una parte dell’educazione ai giovani potrebbe farla la scuola..ma si punta molto alla teoria (nella fattispecie piano inclinato con e senza attritio e scienze della terra )ed a una sfilza estenuante di esercizi numerici , senza addentrarsi nelle applicazioni .Importante e’ finire il programma ed avere tanti voticini per fare media, educare porta via troppo tempo, la “scuola che colloca nel mondo” bella frase per fare effetto . Integrando lezioni teoriche , esperimenti, spezzoni di filmati gia’ pronti dal web, un docente MAESTRO PUO’ RENDERE AVVINCENTE ANCHE LA QUESTIONE SCI E VALANGHE.( tagliando qualche sterile esercizietto: formula , sostituzione dati e calcolo e voticino )

    1. Personalmente ci ho messo anni per costruirmi l’esperienza per leggere situazioni a rischio sul campo e ancora oggi in certi casi so benissimo non essere sufficiente a valutare: quindi o rinuncio o so di rischiare…starei molto attento a scrivere che sul web ci sono lezioni su valanghe anche semplici ma esaurienti…

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