News

La tragedia del Velino, un invito a non sottovalutare l’Appennino invernale

Le ricerche dei dispersi della Val Majelama, sul massiccio abruzzese del Velino, sono state nuovamente sospese. Martedì 26 gennaio, il terzo giorno dopo la scomparsa dei quattro escursionisti, il tempo è stato gelido e ventoso ma sereno, e gli elicotteri hanno portato in quota decine di uomini del Soccorso Alpino e Speleologico Abruzzo e del Soccorso Alpino della Guardia di Finanza. Una giornata di intenso lavoro tra gli accumuli delle valanghe cadute in Valle del Bicchero (una enorme, tre più piccole), reso pericoloso dalla minaccia di nuovi distacchi di neve, non ha permesso al personale del SASA e del SAGF di trovare i quattro escursionisti che si erano incamminati domenica mattina da Forme. 

La speranza può resistere a lungo e ad Avezzano, la città da cui provengono i quattro dispersi, e negli altri borghi ai piedi del Velino, in queste ore si continua a pregare. E’ purtroppo evidente, però, che le possibilità di ritrovare in vita Tonino Durante, Gianmarco Degni, Valeria Mella e Gianmauro Frabotta sono ormai ridotte al lumicino. 

In questa nuova tragedia c’è una coincidenza di date che impressiona. Il 17 gennaio di quattro anni fa, come tutta Italia ricorda, la valanga caduta sull’Hotel Rigopiano ha ucciso 29 persone. Sei giorni dopo, il 23 gennaio 2017, un elicottero del Soccorso Alpino abruzzese si è schiantato nei pressi di Campo Felice, stroncando altre sei vite. Domenica scorsa, mentre il SASA ricordava l’incidente dell’elicottero con un’esercitazione, Tonino, Gianmarco, Valeria e Gianmauro si sono incamminati verso la Val Majelama, che in alto prende il nome di Valle del Bicchero. Pare che avessero con sé le piccozze e i ramponi, ma non le ciaspole che avrebbero reso più rapida la progressione. 

I quattro hanno certamente sottovalutato le condizioni della montagna in quelle ore. Negli ultimi giorni, in Abruzzo e nel resto dell’Appennino centrale, le nevicate abbondanti, seguite da sbalzi repentini del clima, hanno creato le condizioni propizie per il distacco di valanghe di grandi dimensioni. Nello stretto solco della Val Majelama, affiancato da pendii molto ripidi, il pericolo è ancora più elevato. All’inizio del sentiero che risale la valle dai 1133 metri del posteggio fino ai 2060 metri del Colle del Bicchero, un cippo eretto dalla Sezione di Lanciano del CAI ricorda altri due alpinisti, Giuseppe Gentile e Pino Biasone, uccisi da una slavina nel febbraio del 1998. 

Stefano Dascoli, in un commovente articolo sul Messaggero, ha presentato i quattro escursionisti come rappresentanti “della città di Avezzano, delle sue eccellenze, dei suoi legami familiari e amicali, dei suoi personaggi, della sua laboriosità”. Storie simili, e gruppi di amici come questo, partono verso le montagne, ogni giorno, da decine di città cittadine e paesi dell’Appennino e delle Alpi. I quattro di Avezzano, prosegue Dascoli, erano “esperti, dice chi li conosce, o forse più semplicemente appassionati della montagna”. Infatti hanno scelto “di avventurarsi in quota senza l’equipaggiamento necessario (sci e apparecchi di ricerca), in un giorno a marcato rischio valanghe e con condizioni meteorologiche proibitive”.

Quel che è accaduto in Val Majelama, anche se con condizioni della montagna opposte, fa pensare ai numerosi incidenti mortali avvenuti un anno fa sui pendii del Gran Sasso, della Majella e del Terminillo a causa del ghiaccio. Quando la neve si trasforma in quel modo non basta avere con sé la piccozza e i ramponi, ma bisogna saperli utilizzare con perizia. Con accumuli di neve, vento fortissimo e sbalzi di temperatura repentini, una valle profonda come la Majelama rischia di trasformarsi in una trappola. 

“Quel che è successo ai piedi del Velino mi causa un enorme dolore, ma impone a tutti noi di riflettere” spiega Giampiero Di Federico, abruzzese e guida alpina. “L’Appennino d’inverno è completamente diverso da quello estivo, e può essere molto pericoloso. Ci vogliono consapevolezza, preparazione, attenzione alle condizioni meteo e della montagna”. Frequentare la montagna in estate, anche su percorsi impegnativi, non basta per poterlo fare con sicurezza d’inverno. La moda delle ciaspole, e delle passeggiate sulla neve senza sci, sta spingendo numerosi escursionisti verso una confidenza eccessiva” aggiunge Daniele Perilli, responsabile del Soccorso Alpino e Speleologico Abruzzo. “A volte si crea un consumismo pericoloso. Gli appassionati acquistano un’attrezzatura performante, elegante e spesso cara. Ma scarponi, ramponi o ciaspole di ottima qualità non possono salvare la vita a chi non sa come e quando utilizzarli correttamente” aggiunge Giampiero Di Federico.

La mattina di mercoledì 27 gennaio, in Valle Majelama, le ricerche di Tonino, Gianmarco, Valeria e Gianmauro riprenderanno, con un numero ancora maggiore di soccorritori. Per far scaricare la neve dai pendii ancora pericolosi, potrebbero essere utilizzate delle microcariche esplosive, fatte arrivare in serata da Aosta. L’augurio è che una bolla d’aria, o il riparo creato da un masso, consentano almeno a qualcuno dei quattro escursionisti di essere ritrovati in vita. L’abbraccio per le loro famiglie, e per tutta la città di Avezzano, è caloroso e commosso. 

Tre anni fa, alla fine di febbraio del 2018, una gigantesca valanga si è staccata dal versante meridionale del Velino, dove la neve di solito è poca. E’ scesa a valle attraversando i boschi e il sentiero di Colle Pelato, ha concluso la sua corsa tra i 700 e gli 800 metri di quota. I blocchi di neve accumulata, e il solco scavato dalla valanga nella fitta pineta del versante, sono rimasti visibili per settimane dai paesi vicini e dalla A25, che collega Roma con Avezzano e Pescara. L’Appennino in veste invernale non dev’essere preso sottogamba.

Tags

Articoli correlati

6 Commenti

  1. Buongiorno. Credo che non solo Apennino in inverno possa essere pericoloso.Si è discusso tanto,che la montagna in inverno non è solo ” sci su pista”, ma ci sono tante altre attività da poter svolgere.Questa è una di quelle.Nessuno parte da casa con idea di finire sotto la valanga,sicuro hanno valutato, ma hanno sbagliato,è il destino.A quanti è successo,e sono tornati a casa?( ANCHE I TOP VEDI MORO O MESSNER), è destino.Poi bisogna capire che piu” frequentatori invernali ci sono, piu casi di valanga succedono. Succedono piu disgrazie in estate su vie di roccia, ma non hanno lo stesso clamore, quanti interventi del soccorso ci sono in parete, o nei semplici sentieri? Saluti a tutti e w lo ski alp

  2. Non meno importante il ricordo di Fabrizio e Lanfranco morti sotto una valanga al Monte Pratello, 17 gennaio 2013.

    1. Purtroppo in quel triste giorno il 18 Gennaio ho capito che in montagna si poteva anche morire!Fino ad allora noi m ci avevo mai pensato….

  3. Che tristezza.
    Sono stato solo una volta d’inverno in Appennino, nei monti Sibillini, insieme a amici che conoscevano i posti.
    Parlavamo delle condizioni mutevoli del “terreno”, potevano cambiare anche in poche ore per i venti caldi o freddi che venivano dal mare.
    Si scalava spesso su erba gelata e bastavano pochi gradi in più per far cadere tutto..
    Se non c’era il gelo non si poteva scalare, non c’era nulla, solo tanta neve sui pendii dolci e nei fondovalle.
    Anche Bonatti me ne aveva parlato, riteneva che bisognasse conoscere molto bene quelle montagne per poterci andare d’inverno.
    A distanza di così tanti anni e di tante parole dette e scritte, vedo che la gente non lo sa ancora.
    Basta poco per morire, bisogna sforzarsi di conoscere e mai essere soddisfatti di quello che si è appreso: dubitare sempre.
    Sì, tristezza e che sofferenza per chi rimane a ricordarli.
    Chissà.

  4. bisogna anche dire che con arva pala sonda se si rimane sotto una valanga le probabilità di uscirne vivi è molto limitata ma almeno si viene localizzati in tempo breve

  5. Cerco provocando di far ragionare e di ragionare.

    Non ho mai capito perché la gente vada sempre dove si sa che possono cadere delle valanghe.
    E poi ho visto che raramente le valanghe cadono dove non passa la gente.

    Sovrapopolazione, svago giocondo, emulazione, sono i posti più belli, troppa velocità che impedisce di guardare e ragionare, ricerca di una felicità con peperoncino….. ?
    Manca la paura ?
    La paura è stata sconfitta dalla sicurezza pubblicizzata e insegnata?
    Cosa viene cercato ?
    Forse soddisfa il sentire che si “vince” qualcosa che non si conosce ?
    Questa si chiama incoscienza.
    Mi faccio domande e non capisco…. resto triste.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close