Cronaca

Cervinia e le lunghe code agli impianti: cosa è successo

È durata un fine settimana, per ora, la stagione sciistica invernale 2020/2021. Tutto si è fermato con il nuovo dpcm in vigore da ieri, 26 ottobre 2020, che dispone il blocco dello sci in pista se non per professionisti e atleti di interesse CONI e FISI, salvo una deroga che dovrebbe concedere qualche libertà a chi si mette in regola.

Questo primo week end di apertura ha fin da subito lasciato il segno, almeno sui social dove sono circolate alcune foto che mostrano lunghe code alle biglietterie degli impianti di Cervinia, l’unico aperto insieme a quello della Val Senales, e cabinovie alla massima capienza. Immagini che di certo hanno influenzato la successiva decisione ministeriale di sospendere l’attività fino almeno al prossimo 24 novembre.

“Ci si fa sempre trascinare dalle immagini pubblicate sui social, ma è bene fare chiarezza” evidenzia il presidente e Amministratore Delegato della Cervino Spa Matteo Zanetti. “Abbiamo seguito alla lettera il protocollo nazionale e regionale”. Come infatti risponde la società alle polemiche social: “È stato applicato il protocollo stabilito dalle autorità preposte che prevede  che i mezzi che viaggiano per un tempo inferiore ai 15 minuti possano operare la piena capienza (indossando tutti gli occupanti obbligatoriamente mascherine chirurgiche o a protezione superiore) per evitare code in attesa che creerebbero assembramenti di maggior durata”. “Se fosse giusto o meno usarli in parte al 100 percento – aggiunga Zanetti –, seguendo le regole del protocollo, è una questione da verificare”.

Ma a far discutere sono anche state le lunghe code che si sono verificate all’esterno del comprensorio. Un fatto che ha permesso di “evitare assembramento all’interno, dove abbiamo attivato procedure superiori a quelle richieste dal protocollo, come la facoltativa misurazione della temperatura. Si è cercato di sviluppare la coda il più lontano possibile dalle casse, ovviamente con mascherina e rispetto del distanziamento”.

Una seconda giornata più tranquilla

Dopo le polemiche della prima giornata “abbiamo ragionato al di là del protocollo”. Sono così state create delle barriere per smaltire la persone in entrata e in uscita evitando code. “Gli impianti sono stati usati con capacità non superiore al 50 percento e tutto ha funzionato in modo ottimale”. Circa 2500 le persone che hanno usufruito degli impianti durante il sabato, quasi 3000 la domenica. “Una partenza più tranquilla non ci avrebbe fatto male” commenta Zanetti. Queste giornate potevano essere un interessante test per l’elaborazione di un sistema valido a livello nazionale, non un modo per cogliere le eventuali criticità e affossare il sistema. Siamo stati i primi ad aprire con le nuove condizioni dettate dal Coronavirus, abbiamo seguito il protocollo, ma forse non è stato sufficiente. Forti dell’esperienza vissuta il primo giorno siamo però riusciti ad accogliere 400 persone in più durante la domenica e senza intoppi”.

Una stagione finita prima di iniziare?

Con il nuovo dpcm in vigore dalla mezzanotte del 25 ottobre, e fino al 24 novembre prossimo, gli impianti sono chiusi al pubblico ma aperti per gli allenamenti degli atleti professionisti e degli sci club (salvo deroghe in seguito “all’adozione di apposite linee guida parte della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome e validate dal Comitato tecnico-scientifico” che potrebbero consentire la riapertura del servizio).  “Nei prossimi giorni capiremo l’economicità di mandare avanti la stazione con questi numeri” spiega Zanetti. “Rimane il fatto che fermare totalmente il movimento dello sci sarebbe un dispiacere”, bisogna però ragionare con il conto economico ed evitare di mandare avanti un’attività in perdita. “Al momento c’è talmente tanta incognita che non è possibile quantificare quella che potrebbe essere la perdita. È un anno a se stante, in cui anche con tutto aperto avremmo comunque meno ingressi, non avendo l’affluenza straniera. Nei primi due giorni abbiamo fatto 5500 primi ingressi, significa che un minimo di sostenibilità per l’azienda esiste. Se si chiude devo ovviamente prendere decisioni che riguardano anche il personale e i collaboratori, senza contare che anche il paese risentirebbe dell’indotto perso”.

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4 Commenti

  1. Trovo la polemica alquanto sterile: le code erano fuori all’aperto, certo si poteva dare un’mmagine migliore se si tutti si fossero distanziati di più, proprio sapendo di essere sotto gli occhi degli obiettivi, le cabinovie sono come i vagoni delle metropolitane e dei treni, l’unica cosa che si può dire è che andare a lavoro/scuola sia necessario, andare a sciare non strettamente….però attaccare lo sci è il solito capo espiatorio quando abbiamo delle carenze strutturali enormi specie legate al test e al tracciamento, elementi che sarebbero fondamentali per contenere la pandemia e favorire una vita il più normale possibile…I paesi asiatici hanno vinto proprio su questo fronte…

  2. Scialpinismo, ciaspole, escursioni invernali, cascate di ghiaccio, sci di fondo, fat bike. La montagna invernale, come quella estiva, offre tanto anche senza gli impianti di risalita. Auguro naturalmente alle società di impianti di uscire da questo pantano che coinvolge tutta l’economia locale. Ironia della sorte le località più piccole e senza funivie e ovovie ma con skilift e seggiovie saranno avvantaggiate rispetto a quelle più blasonate, ma la montagna la si vive lo stesso anche senza tutto questo e forse dobbiamo pure abituarci che quando il virus se ne sarà andato piano piano non ci sarà più neve causa effetto serra… Quindi prima ci pensiamo a rivedere l’economia della “neve” meglio è.

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