Scienza e tecnologia

Share Asia entra nel monitoraggio globale

immagineROMA — La rete di monitoraggio atmosferico Share Asia entra a far parte del Geoss, il sistema dei sistemi di osservazione globale sull’ambiente. E’ quanto emerge dal convegno “Montagne testimoni dei cambiamenti globali” che si è tenuto nelle scorse settimane a Roma.

“Share Asia è entrata nella comunità scientifica internazionale. E’ stata accettata come idea coerente con i global observation system of systems” ha detto con soddisfazione il presidente del consiglio scientifico del Comitato Ev-K2-Cnr e coordinatore del Progetto, Gianni Tartari.
E’ un passo importante per la ricerca scientifica italiana. Che entra di pieno diritto nella stanza dei bottoni del controllo climatico e ambientale. “L’Italia – prosegue Tartari – ha dimostrato, nonostante la scarsa attenzione nei confronti della ricerca, un ruolo da protagonista in un settore di nicchia ma di sicuro interesse planetario”.
Il convegno di Roma sancisce dunque l’ingresso nel nostro Paese fra i grandi della ricerca in alta quota. A testimoniarlo, la presenza di gran parte del gotha scientifico internazionale.
Dal summit sono emerse novità importanti in campo ambientale. La prima riguarda l’atmosfera di brown clouds, meglio nota come nube marrone dell’Asia. Ebbene, stando agli esperti, quella nube non sarebbe sola. Foto satellitari rivelano che ci sono altre nubi marroni, seppur di composizioni diverse, anche sugli Stati Uniti, l’Amazzonia, l’Africa meridionale, l’Europa meridionale e anche sull’Italia.
La nube italiana è diversa per composizione da quella dell’Asia. Mentre quella asiatica è frutto della combustione di carbone elementare ed è di natura antropica (ovvero derivata da attività riconducibili all’uomo e attività industriali), quella italiana è il frutto dello spostamento di polveri dal deserto.
Esiste una nube marrone persino sull’Amazzonia, il polmone verde del pianeta, derivata da emissioni naturali e i numerosi incendi appiccati dall’uomo per rendere coltivabile la foresta.
La nube marrone che occupa i cieli degli Stati Uniti sarebbe invece simile a quella asiatica. Per la maggior parte di origine antropica, formata da biossido di azoto prodotto dagli autoveicoli.
La nube marrone dell’Asia inoltre potrebbe mettere a rischio le risorse idriche a lungo termine.
Secondo William Lau della Nasa “il fenomeno provocherebbe variazioni significative, ma tutte da studiare, sui regimi delle precipitazioni”.
Dalle ricerche finora effettuate emergerebbero alterazioni al regime dei monsoni. Non ci sarebbe più l’alternanza monsone forte/debole ma solo monsoni di debole entità. Con piogge scarse che cadono in zone diverse da quelle normalmente registrate.
Questo squilibrio provocherebbe, a lungo andare, una riduzione significativa della disponibilità d’acqua con danni gravissimi alle coltivazioni.  “Gli aerosol delle nubi marroni – sostiene Paolo Gobbi del Cnr-Isac – assorbono il 25 per cento della luce solare che intercettano. Di conseguenza, la temperatura della superficie terrestre si abbassa e contemporaneamte vengono alterati i regimi delle piogge e i raccolti di riso e grano”.
La nube, altamente inquinante, provoca la contaminazione dell’aria. Ed è causa di numerose morti premature. Lo sviluppo industriale sfrenato dell’Asia e del subcontinente indiano  dunque sta mettendo a rischio l’ambiente. In dodici anni la richiesta di energia in questa parte del pianeta è raddoppiata, contro una media mondiale che prevede il raddoppio ogni 28 anni. Il problema è che l’80 per cento dell’energia è ottenuta da combustibili fossili. Con il carbone come fonte primaria. Gli scenari ipotizzati  dicono che fino al 2020 la richiesta di energia e le emissioni inquinanti in questa zona aumenteranno.
I danni tuttavia non sono regionali ma globali. Il trasporto degli inquinanti attraverso le correnti in atmosfera rischia di coinvolgere l’intero pianeta. Come già accade per alcuni metalli. Secondo uno studio presentato al convegno, il mercurio emesso da una centrale a carbone in Cina può depositarsi attraverso la pioggia sulla costa pacifica degli Stati Uniti, a migliaia di chilometri di distanza. Per poi finire in mare o essere trasportato con gli altri inquinanti atmosferici attraverso l’Atlantico fino all’Europa e al Mediterraneo.
Allo stesso tempo le emissioni inquinanti delle industrie del nord Europa, a causa del flusso delle correnti d’aria nord-sud nel corso dell’estate, avrebbero un effetto negativo sulla qualità dell’aria del bacino del Mediterraneo. La rete Share Asia consentirà, insieme ad altri progetti, di monitorare questi fenomeni.
 Wainer Preda

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