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Cinema. Uno sguardo tra i 100 titoli del Trento Film Festival

Tra una manciata di giorni sulla piattaforma streaming del Trento Film Festival inizieranno ad essere disponibili i primi dei 100 film in programma per questa 68esima edizione, che si prospetta decisamente speciale. Per la prima volta nella storia del festival chi non riuscirà a recarsi in Trentino potrà infatti godersi le proiezioni sulla poltrona di casa. Andiamo a scoprire insieme le 7 ricche sezioni del programma cinematografico.

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Sezione “Concorso”

Sono 25 le opere in gara per le Genziane d’Oro e d’Argento: 14 lungometraggi e 11 cortometraggi, di cui 14 anteprime italiane e 2 anteprime internazionali, provenienti da 16 paesi diversi.

Difficile scegliere a quale lungometraggio dare la priorità nella visione. Ve ne consigliamo una manciata. Si parte con “Cholitas” degli spagnoli Jaime Murciego e Pablo Iraburu (anteprima italiana), che rappresenterà la prima pellicola disponibile sulla piattaforma il prossimo 27 agosto. Film dedicato ad un gruppo di donne boliviane che sfidano pregiudizi e altitudine per cimentarsi nella scalata dell’Aconcagua, con i suoi 6962 metri la montagna più alta delle Ande, indossando i coloratissimi abiti tradizionali della popolazione aymara.

A seguire “La Cordillera de los Sueños”, del documentarista cileno Patricio Guzmán. Una affascinante riflessione sul significato delle Ande per l’identità cilena, che racconta quelle montagne come imponente metafora storica. “The Last Mountain” di Dariusz Zaluski (anteprima italiana), pellicola dedicata alla già leggendaria spedizione invernale polacca del 2018 al K2, con i fortissimi Krzysztof Wielicki, Adam Bielecki e Denis Urubko, culminata nella operazione di salvataggio della francese Élisabeth Revol, isolata sul vicino Nanga Parbat insieme a Tomasz Mackiewicz. “Alpinist – Confession of a Cameraman” di Minchul Kim e Iljin Lim (anteprima italiana), un omaggio di inedita sensibilità ai protagonisti dell’alpinismo sudcoreano recente, dal punto di vista privilegiato dell’operatore che ha seguito in parete tante spedizioni, perdendo uno dopo l’altro i suoi compagni. “North” della francese Leslie Lagier, ispirato ritratto del leggendario Yukon canadese, tra il boom della corsa all’oro di un tempo, e le macerie sociali e ambientali lasciate dallo sfruttamento delle risorse oggi. “Der Bär in mir” di Roman Droux, che segue la spedizione del biologo svizzero David Bittner nell’Alaska più selvaggio, dove i due passeranno un’estate condividendo una vallata con giganteschi orsi grizzly, mostrati in immagini ravvicinate mozzafiato, che ci interrogano sul rapporto tra uomo e animale.

Tra gli 11 cortometraggi che si contendono la Genziana d’Argento, troviamo il pluripremiato a livello internazionale “The Tough” del polacco Marcin Polar. L’esilarante “Guy Proposes to his Girlfriend on a Mountain” di Bernhard Wenger dall’Austria. L’inclassificabile “Untitled” (Burned Rubber on Asphalt, 2018) di Tinja Ruusuvuori dalla Finlandia. Gli italiani “Carie” di Achille Mauri, visionario sguardo sulle cave di marmo delle Apuane, e “Pratomagno” di Gianfranco Bonadies e Paolo Martino, altra opera in cui la montagna diventa luogo dell’incontro e della solidarietà tra italiani e migranti.E ancora il film d’animazione svedese “Zlatan in the Slopes” di Monne Lindström, il cui protagonista (disegnato) è proprio Zlatan Ibrahimović, qui impegnato non su un campo da calcio, ma una pista da sci.

Ricordiamo che la giuria internazionale della 68esima edizione è composta da Carlos Casas (regista e artista spagnolo), Matteo Della Bordella (alpinista italiano), Carmen Gray (giornalista e critica cinematografica neozelandese), Gustav Hofer (filmmaker e reporter italiano) e Salomé Jashi (regista georgiana).

Sezione “Anteprime e proiezioni speciali”

Da segnalare un titolo che la stessa organizzazione del festival definisce “imperdibile”: “Paradise, una nuova vita” di Davide Del Degan, presentato al Busan International Film Festival in Corea. Pellicola che narra una tragicomica vicenda ambientata tra le gelide montagne friulane, dove viene spedito Calogero, testimone di giustizia siciliano sotto protezione. Il film verrà distribuito nelle sale da Fandango, e non sarà quindi presente nella versione online del festival.

Seconda pellicola da non perdere, che rappresenterà anch’essa una eccezione in quanto esclusa dalla piattaforma streaming, è “Nomad: In the Footsteps of Bruce Chatwin”, di Werner Herzog. Documentario che accompagnerà l’evento di chiusura del Festival.  Un commovente omaggio al grande scrittore, giornalista e viaggiatore inglese Chatwin, con cui Herzog aveva stretto una profonda amicizia, in nome della passione comune per l’avventura ai confini del mondo. Esplorazione, montagna e rischio sono da sempre ingredienti del cinema di Herzog, di cui il Trento Film Festival ha presentato molteplici pellicole nelle edizioni passate. Quali Grizzly Man (2005), Encounters at the End of the World (2007), Cave of Forgotten Dreams (2010) e Happy People: A Year in the Taiga (2010). Motivo che ha spinto la International Alliance for Mountain Films, di cui il festival è socio fondatore, ad assegnare proprio a Herzog, per l’attenzione che il regista ha dedicato attraverso la sua opera al mondo della montagna, il Gran Premio IAMF 2020.

Sezione “Terre Alte”

Nell’anno in cui l’Italia ha affrontato la dura prova del Covid-19 si è deciso di concentrare la sezione dedicata al racconto dei territori e delle genti di montagna sul panorama italiano.

Si parte da Nord con “Sotto le stelle fredde” del friulano Stefano Giacomuzzi, ritratto di dura vita rurale in un rigoroso bianco e nero. E in anteprima assoluta “Prima che arrivi l’estate” di Francesco Di Martino, il cui protagonista Italo, dopo un passato di militanza politica, ha scelto di vivere ai piedi dell’Adamello e dedicarsi alla causa degli indigeni d’America.

Il Centro Italia e l’Appennino fanno da sfondo a “”Il passo dell’acqua di Antonio Di Biase, che attraversa l’Abruzzo dalle vette della Maiella al mare Adriatico in cerca di tracce, voci e volti. E “Vulnerabile bellezza”, in cui Manuele Mandolesi racconta come una giovane famiglia di allevatori marchigiani superi il trauma del terremoto del 2016 attraverso il legame che la tiene unita, e quello con la terra e gli animali.

Altra anteprima assoluta è rappresentata da “Senza tempo” di Giuseppe Valentino, che segue un padre e figlio, e le loro 300 mucche, in una delle ultime transumanze attraverso il Sud Italia, dalla Campania alla Puglia. Infine si arriverà in Sardegna con “Fango rosso” di Alberto Diana, che mostra le rovine del paesaggio minerario del Sulcis attraverso lo sguardo di due ragazzi, che in quella desolazione trovano nuove identità e ragioni di speranza.

Unico film di Terre Alte che non ha per sfondo il paesaggio italiano è “Kinnaur Himalaya”, del fotografo e reporter italiano Emanuele Confortin, in prima mondiale. Al centro della pellicola la vicenda del Distretto di Kinnaur in India, dove la coltivazione delle mele ha trasformato la società e la vita della popolazione.

Anche Terre Alte vede la presenza di alcuni cortometraggi, tra cui gli italiani “Di acqua, di fuoco e quello che resta” di Matteo Ninni, girato nella Val Vigezzo in Piemonte. E in anteprima assoluta dal cuore della Sardegna “Padenti – Foresta” di Marco Antonio Pani.

Sezione “Orizzonti Vicini”

La sezione dedicata agli autori, alle produzioni e ai protagonisti dalla regione Trentino-Alto Adige presenta 5 lungometraggi e 3 opere brevi.

Due autori trentini tornano al festival per l’anteprima dei loro ultimi lavori: Manu Gerosa conOne More Jump”, girato tra Gaza e Rovereto seguendo i destini paralleli di un gruppo di ragazzi palestinesi praticanti del parkour, la cui amicizia e passione è messa a dura prova dalla guerra e dalla migrazione. E “Oro rosso” di Katia Bernardi, che avrà al festival la sua prima proiezione assoluta. Un viaggio alla scoperta del mondo e della società che ruotano intorno alle cave di porfido di Albiano, da cui la preziosa pietra inizia un viaggio verso le strade e piazze di tutto il mondo.

Altro ritratto inedito del territorio trentino e in particolare della Val di Fiemme, nel momento critico seguito alla tempesta Vaia del 2018, è “Con le mie mani” di Mattia Venturi, in cui quattro protagonisti (un imprenditore del legno, un celebre liutaio, una scienziata e una guida alpina) raccontano il loro rapporto con la montagna, la natura e il territorio.

Due le opere che presentano un unico protagonista, a suo modo straordinario: “Le creature” di Andrea di Thomas Saglia, ritratto di un artista naif trentino con un passato difficile alle spalle; e in anteprima assoluta “Scrivo ad alta voce” di Antonio Dalla Palma e Pier Paolo Giarolo.

Completano la sezione Orizzonti Vicini i cortometraggi “Manufatti in pietra” di un altro autore vicino al festival come Michele Trentini, Il bosco cresce in silenzio e a ritmo della musica” di Stefano Volcan, e “Croste di polenta” di Emanuele Bonomi.

Sezione “ALP&ISM”

La sezione dedicata all’alpinismo si concentra quest’anno sulle “vette di casa” del Festival. A partire da Armando Aste, il grande rocciatore scomparso nel 2017, socio onorario del Trento Film Festival, di cui si vedrà per la prima volta il ritratto “Il cercatore d’infinito” di Federico Massa e Andrea Azzetti, viaggio nei luoghi che hanno formato l’uomo e l’alpinista, seguendo la sua riflessione sui valori della montagna e sui nostri limiti.

Le pareti trentine saranno teatro di due racconti a più voci. Valle della luce” di Alberto Beltrami e Lia Giovanazzi Beltrami fa il punto, a quasi novant’anni dalla prima ascensione in Valle della Sarca, sulla storia alpinistica di quelle pareti, che oggi richiamano appassionati da tutto il mondo. Ten” di Gabriele Donati fa un’operazione simile sulla storia dell’arrampicata in Val d’Adige, attraverso i racconti dei suoi protagonisti e le imprese degli scalatori che negli anni ’80 scoprirono le pareti di questa valle incuneata tra il monte Baldo e i Lessini. “Alaska, cercatori di avventure di Gabriele Carletti” racconta la storia di due esploratori trentini, Maurizio Belli e Fulvio Giovannini, impegnati in una traversata invernale di 110 km nel Grande Nord.

Da non perdere la più recente fatica cinematografica di Reinhold Messner, “Die Grosse Zinne”, in cui viene ricostruita con passione e precisione la storia dell’alpinismo sulle Tre Cime, a 150 anni dalla prima salita della Cima Grande, con attori-alpinisti in costume che ci fanno rivivere cinque scalate storiche, e lo spirito pionieristico di quei tempi.

Un altro gigante dell’alpinismo è protagonista di “Ocean to Sky”: Sir Edmund Hillary, primo uomo sull’Everest, poco dopo la tragica morte della moglie e della figlia in un incidente aereo, si imbarcò in una impossibile spedizione dalla foce del Gange alle sorgenti himalayane del sacro fiume. Michael Dillon ha recuperato lo straordinario materiale a colori filmato all’epoca, usato in un film vincitore proprio a Trento nel 1980, per tornare su quell’avventura e sulla figura di Hillary, attraverso le testimonianze inedite dei partecipanti.

Due alpinisti di oggi sono invece i protagonisti di “Attraction of Heights” di Rastislav Hatiar, sulle imprese e la carriera dello slovacco Peter Hámor, segnata dalle rinunce e dai sacrifici fatti in nome della montagna; e di “Superhombre” di Lucian Mircu e Mircea Gherase, sguardo dietro le quinte della vita quotidiana del rumeno Horia Colibasanu, che si divide tra il lavoro come dentista, gli impegni familiari, la ricerca di sponsor e le spedizioni himalayane, cercando un complicato equilibrio tra la dimensione privata e la passione per l’alpinismo estremo.

Ma scalate e avventura non sono esperienze alla portata solo di grandi atleti professionisti, come ci ricordano “Into the Canyon” dell’americano Peter McBride, che con l’amico scrittore Kevin Fedarko ha affrontato con calma e humor lo spettacolare impervio percorso di 1.200 chilometri lungo cui si snoda l’intero Grand Canyon; e “Alé” di Marco Zingaretti, omaggio alla scena dell’arrampicata sportiva a Roma e in Centro Italia, tra campioni e praticanti di ogni livello, tra cui Erri De Luca, la cui testimonianza introduce e guida il film.

Sezione “Muse.Doc”

La sezione curata in collaborazione con il MUSE – Museo di Scienze di Trento propone il meglio dei documentari naturalistici internazionali sulla fauna e l’ambiente.

Si parte dalle Alpi, con due pellicole. “Le plus beau pays du Monde: Le sanctuaire” del francese Frédéric Fougea, che celebra la tenacia e bellezza della fauna europea d’alta montagna, mostrandoci che non sempre è il più forte a sopravvivere, ma chi è capace di adattarsi e aiutare le altre specie. E La vallata della pernice bianca” in cui Tomaso Baldassarra racconta le stagioni della vita in montagna dal punto di vista della fauna che, da tempi immemori, è riuscita ad adattarsi al rigore dell’ambiente alpino.

Dalle Alpi alla Scandinavia per l’omaggio al paesaggio finlandese di Nature Symphony”, in cui riprese naturalistiche spettacolari si uniscono all’armonia della musica: il compositore Panu Aaltio ha composto molto più che una colonna sonora, e il regista Marko Röhr ha messo letteralmente in scena la Vantaa Pops Orchestra, un coro di 40 elementi e la cantante Johanna Kurkela, per interagire con lo scorrere delle immagini e delle stagioni, tra laghi e foreste.

Chiude la sezione come tradizione il film vincitore dell’ultimo Sondrio Festival – Mostra Internazionale dei Documentari sui Parchi, partner del Trento Film Festival: “Il ghepardo asiatico dell’Iran” di Fathollah Amiri.

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