Alta quota

Los Picos, una cavalcata tra amici sulle 16 vette più alte dell’America Latina

Cos’è Los Picos? Los Picos è un viaggio tra amici. Franco, Michele, Silvestro e Tomas decisi a salire tutte le 16 vette sopra i 6500m dell’America Latina. L’idea nasce da Tomas, che una sera decide di condividere questo ambizioso progetto con l’amico Franco. I due sono Tomas Franchini e Franco Nicolini, alpinisti di primordine nel panorama internazionale. Gli altri due sono invece Silvestro Franchini e Michele Leonardi, il più giovane del gruppo con soli 23 anni. “Una sera di novembre mi trovai ad una serata di Tomas e Silvestro in cui raccontavano delle loro precedenti avventure di montagna in terre lontane e sul più bello, verso il finir della serata, un piccolo accenno alla futura avventura, questo mi trapasso come un fulmine a ciel sereno” ricorda Michele. “Io mi trovavo in una fase transitoria, una fase in cui molti giovani incappano, sapevo bene chi ero e cosa volevo ma la mancanza di stimoli forti mi rendeva triste e ‘pensieroso’, infatti fu così che appena finita la serata tornai a casa da mio padre Luca e gli raccontai tutto. Come nulla fosse e con la calma di sempre lui mi guardò e mi disse: Provaci anche tu, no? Chiedi loro di poterti unire al gruppo!?”.

Così, tra insicurezze e dubbi, alla fine partì anche lui alla volta del Sud America con la certezza che quella sarebbe stata la più grande avventura della sua vita. Il progetto è andato a buon fine e gli alpinisti hanno raggiunto la cima delle 13 più alte montagne del Sud America in 43 giorni vivendo un’esperienza che va oltre il semplice alpinismo. È stato un viaggio, un momento di condivisione e scoperta. Per Michele la ricerca del suo io o, “meglio, lo avevo semplicemente ritrovato. Il viaggio era quasi giunto al termine, le vette troppo innevate e quindi troppo pericolose del Perù non ci avrebbero ben accolto quindi convinti della scelta di lasciarle al prossimo viaggio decidemmo di tornare a casa. Salutammo i nostri amici argentini che ci avevano accompagnato nell’avventura, anzi salutammo i nostri amici che resero possibile questa grande avventura e con un po’ di malinconia salimmo sul bus che dopo 1600km ci avrebbe portato a Lima, da dove, poi, saremmo ripartiti alla volta di casa, l’Italia”.

Il racconto di Franco Nicolini

Un viaggio alpinistico di conoscenza e una prova di forza, per calpestare l’aria sottile di tutte le 16  vette oltre i 6500 metri delle Ande Sud Americane  di quattro alpinisti Trentini. Le montagne Sud Americane mi hanno sempre affascinato, il primo viaggio alpinistico risale al lontano 1990 che con altri quattro amici ci siamo addentrati nella allora selvaggia Val del frances nel Paine dove abbiamo salito alcune vie nuove. Il Cerro Torre mi ha impressionato, quando un paio di anni dopo mi sono ritrovato sotto, una torre di 2000 metri con granito lisciato su molte delle sue pareti e con una storia incredibile vissuta tutta da alpinisti Italiani. La mia ripetizione alla salita di Maestri-Alimonta-Claus 1970  è stato come entrare nella storia della scalata di questa montagna, una salita incredibile con quella linea di chiodini piantati con un compressore enorme e pesante, una sfida alla montagna. In sincerità sono sempre stato poco propenso ai bivacchi e credo che su questo Cerro ho vissuto uno dei miei bivacchi peggiori, dove senza protezioni, armati di sola giacca a vento combattevamo per vedere il sole sorgere e sentire il primo suo tepore per continuare la scalata. Sulla parte sommitale la cosa che più mi ha impressionato è stato vedere la vastità e bellezza selvaggia dello Hielo Continental ma allo stesso tempo il mio pensiero saltava a quegli uomini che recuperavano quell’enorme peso del compressore per continuare a piantare la lunga fila dei chiodini che porta al fungo sommitale.

Per parecchi anni i miei pensieri sono stati destinati ad altre montagne, principalmente sui colossi Himalayani, dove ho vissuto avventure bellissime e magari scritto qualche pagina di storia alpinistica di quelle piramidi gigantesche. Nel 2014 su invito di Oswald Santin organizziamo in compagnia di vecchi amici e dei miei figli un bellissimo viaggio sulle Ande Argentine. Diversamente dalla Patagonia mi trovo in un ambiente totalmente diverso con valli lunghissime che portano ad alte montagne ma con difficoltà tecniche modeste. Siamo alle pendici del Cerro Tupungatto 6600 metri, un lungo avvicinamento ci costringe a più giorni di marcia, con alla fine l’allestimento di un vero campo base come in Himalaya. A darci una mano per il trasporto dei materiali abbiamo i muli e per la logistica con  noi  una guida alpina argentina Roly Linzing che ci aiuta a orientarci  in questo mare di montagne. Saliamo alcune cime, forse inviolate e poi capiamo che per salire il Cerro Tupungatto dobbiamo cambiare valle perché dalla nostra posizione attuale è lontanissimo, tuttavia non rinunciamo a perdere  l’occasione di salire il Cerro Cachi 6200 metri. Durante questo viaggio Roly usa un libro + 6500 UNA FORMA DE DIMENSIONAR LOS ANDES di Guillermo Luis Almaraz. In questa guida da informazioni per la salita di 13 montagne oltre i 6500 metri delle Ande Sud Americane, leggo avidamente il libro- guida ma resto impressionato da un racconto che nel 2003 ci fu un tentativo di  Dario Bracali e John Biggar  chiamato “America Top 10 “  ovvero la salita in continuità di 10 cime, rimasto poi incompiuto.

Ritorno a casa da quest’ avventura Sud Americana doppiamente soddisfatto: primo per la parte alpinistica goduta in questi luoghi selvaggi poi per una nuova idea di concatenamento che dopo le passate esperienze sui 3000 delle Dolomiti, sui 4000 delle Alpi esiste la possibilità reale di poter concatenare tutte le vette oltre 6500 delle Ande. Cosi nasce l’idea LOS PICOS 6500.

Nelle giornate di pioggia al rifugio o a casa continuo a informarmi, geografia, relazioni delle salite, logistica, sento spesso Roly che diventerà una specie di consigliere e a sua volta un sostenitore della possibile riuscita di questa avventura  che comunque rimane nel cassetto per parecchi mesi. Verso Natale del 2017 viene a cena a casa mia un amico, il giovane alpinista Tomas Franchini e nella serata parlando di montagne salta fuori dell’idea LOS PICOS 6500 e mi confida che assieme a suo fratello Silvestro sono già stati all’Huascaran Sur e anche a loro era venuta l’idea di concatenare tutti i 6000 delle Ande. Puntualizzo che sarebbe bello ma richiederebbe tanto tempo e che il progetto più realizzabile sarebbe il concatenamento di tutti i 6500 delle Ande. Ci lasciamo euforici con la promessa di parlare con i nostri amici e suo fratello per mettere in campo una bella squadra e dare il via. Non passa neanche una settimana e a suon di telefonate i due fratelli Franchini sono entusiasti e sono alla ricerca di info, mentre io ho sentito Mirco Mezzanotte che mi da ok della sua presenza. Tiro fuori i programmi che ho stilato, sento Oswald, sento Roly e insieme ci troviamo in una prima riunione dove consolidiamo i miei programmi, consolidiamo la logistica con a capo Roly e la partenza per primavera 2018.

In tanti incontri si delineano variazioni ai programmi, ai tempi e anche le cime, in quanto oltre a quelle del libro si aggiunge una cima  EL MUERTO 6505 rimisurata dai militari Cileni e supera la quota. Poco prima di partire Mirco, causa impegni familiari, suo malgrado rinuncia e il suo posto in modo fortuito viene preso dal giovane Michele Leonardi, poca esperienza ma tanta voglia di imparare e conoscere. Ai primi di febbraio ci arriva una notizia che il Parco nazionale dell’Aconcagua ha deciso di chiudere la stagione estiva il 23 febbraio e quindi non rilasciare il permesso d’entrata invernale a nessuna spedizione. In fretta e furia prendiamo il biglietto aereo per Mendoza il 20 febbraio, ma ancora di più che in fretta concludiamo i nostri lavori a casa e approntiamo i bagagli per un viaggio preventivato di tre mesi. Tutta la squadra arriva a Mendoza nel primo pomeriggio del 21 febbraio con il fuso da assorbire ma soprattutto con poco tempo, infatti una volta risolte la pratiche burocratiche del permesso il 23 febbraio entriamo al campo base Plaza de Mulas a 4500 metri. Io sono per alcuni giorni di fisiologico acclimatamento ma i due fratelli Franchini fremono, e il giorno dopo portiamo una tenda a Nido de Condores a 5500 metri ritornando alla sera al campo base. Al mattino del 25 febbraio saliamo con i sacchi a pelo di nuovo a Nido de Conderes dove passiamo la notte tutti e quattro in una tendina da 3. Ci alziamo molto presto e ci incamminiamo verso la vetta che con passo lento ma continuo raggiungiamo verso le 15. Mai avrei immaginato di salire cosi in alto a quasi 7000 metri praticamente senza acclimatamento con la sola forza fisica e di volontà cercando di non ascoltare il mal di montagna, i fratelli Franchini arrivano in cima prima di noi mentre io salgo piano incitando Michele che si trova in difficoltà. La discesa è veloce ed è una gioia sentire l’aumento della pressione che spinge l’ossigeno nei polmoni. Al campo base siamo pronti a festeggiare la nostra prima montagna della serie e i miei primi 58 anni con una bella torta e una bottiglia di buon Merlot di Mendoza.

Un paio di giorni dopo siamo di nuovo al Refugio Penitentes dove incontriamo Roly con un’altra guida alpina/autista Marco Calamarro, che con il loro super fuori strada saranno la nostra parte logistica di tutto il viaggio alpinistico. Il lungo viaggio per Santiago del Cile e la valle del Rio Colorado fino a Chacayar. Qui abbandoniamo i mezzi e ci inoltriamo per due giorni verso il nostro campo base aiutati per il trasporto da dei muli ingaggiati da Roly dopo aver girato mezzo paese per trovare un  arrieros disposto a venire fino ai 4500 metri del base del Tupungatto. Una magica notte con luna piena ci accompagna ansimanti verso i pendii innevati della vetta del Tupungatto. Grazie al perdurare del bel tempo, caratteristica delle Ande, le nostre salite alle cime si susseguono senza grossi intoppi e di pari in passo anche il nostro acclimatamento raggiunge il suo culmine.

Le Ande sono note per i loro forti venti, al Mercedario le previsioni davano condizioni pessime. Sfidando queste previsioni siamo saliti fino a 6000 metri dove il forte vento si e confermato e solo la nostra tenacia e forza di volontà ci ha permesso di raggiungere la cima. In questo viaggio intenso era un continuo susseguirsi di emozioni dai gradi deserti Argentini ai grandi Salar Cileni e Boliviani che ci hanno permesso di constatare l’immensità del territorio oltre naturalmente la salita alle montagne. Per tutto il viaggio la nostra squadra si è rivelata ben collaudata e compatta anche nelle decisioni alle variazioni ai programmi o alla strategia di scelta alla salita delle montagne.

Il Sajama 6500metri, la cima più alta della Bolivia, è stata per noi la tredicesima e ultima Cima in quanto consapevoli delle condizioni invernali che avremmo trovato in Peru abbiamo deciso a malincuore di interrompere il progetto e salire le ultime tre cime Peruviane in autunno. Purtroppo in settembre solo i due fratelli Franchini sono ritornati e hanno salito i due Huascaran e lo Yerupaia mentre io e Michele per problemi di lavoro non siamo riusciti a partire. Sono felice… anzi siamo felici per primi abbiamo pensato e realizzato un mega concatenamento salendo le 13 più alte montagne del Sud America in 43 giorni sobbarcandoci migliaia di km per i trasferimenti un viaggio che ci ha arricchito di conoscenza e soddisfazione.

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