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Coronavirus, intervista a Reinhold Messner

"Dovremo rinunciare e ricominciare come dopo la seconda guerra mondiale"

Reinhold Messner è preoccupato per le sorti dei suoi musei. Sei strutture, denominate Messner Mountain Museum, che formano un circuito di narrazione e racconto delle terre alte attraverso collezioni raccolte dallo scalatore altoatesino nel corso della sua esistenza.  “Il museo è chiuso in conseguenza ai decreti per il contenimento del Coronavirus” ci racconta al telefono. “Non sappiamo quando potremo riaprire. Continuiamo ad avere tutti i costi, ma nessuna entrata.

Messner, le vostre sono strutture autonome o sovvenzionata con fondi pubblici?

“Siamo autosufficienti, non riceviamo soldi dallo Stato, dalla Provincia o dai comuni. Siamo sempre stati capaci di gestire le strutture ottenendo un profitto. Senza clienti per mesi, o più, questo diventa impossibile. Con l’economia, non solo italiana, abbattuta dal Coronavirus sarà difficile immaginare di vivere in modo autosufficiente.”

I musei sono chiusi, ma all’interno si continua a lavorare?

“Certo. Noi non possiamo chiudere tutto, dobbiamo lavorare. Dobbiamo tutelare le collezioni. Per questo i dipendenti sono ancora impegnati.”

Da qualche anno la gestione del Messner Mountain Museum è affidata a sua figlia Magdalena, lei continua a dare il suo contributo nel coordinamento?

“Io non sono più il responsabile, ma in questa situazione di emergenza devo dare una mano. Qualche mese possiamo sopravvivere, dopo sarà necessario ricominciare senza perdere l’occasione di fare turismo. Il nostro è un turismo diverso da quello di Ischgl (località sciistica austriaca divenuta principale focolaio di Coronavirus in Europa, nda), dove la gente si è ammalata. Il nostro turismo è sinonimo di tranquillità, silenzio. Sono poche persone che visitano un museo.”

A quanto ammontano i costi di gestione delle strutture?

“Abbiamo speso circa un milione e mezzo l’anno per portare avanti il complesso museale.”

Riuscivate ad avere un guadagno?

“Siamo stati capaci di sopravvivere e avere una sicurezza per i prossimi anni. A mia figlia ho lasciato un museo sano, senza debiti. 200mila persone, circa, hanno visitato i musei. Adesso è tutto crollato, e questo vale per tutto il turismo in Italia.”

Cosa intende?

“Sarà un grande problema tenere vivi gli alberghi e i ristoranti. In Italia abbiamo molti lutti e stiamo affrontando una situazione sanitaria difficile. Stiamo però anche correndo il rischio di perdere la capacità di sopravvivere economicamente e questo sarà un peso per molti italiani. Alcuni perderanno il lavoro. Dopo potremo anche pensare di aprire gli alberghi, ma senza clienti questo non potrà pagare i dipendenti.”

Come immagina quindi il dopo Coronavirus?

“Penso che saranno anni molto difficili perché lo Stato non percepirà più le tasse aspettate. L’Europa adesso ha dichiarato la disponibilità ad aiutare, attraverso budget corposi, Spagna e Italia, i due Paesi maggiormente colpiti. Bisogna però chiedersi: chi guadagna questi soldi? Chi paga le tasse? Anche le multinazionali se non ottengono profitto non possono pagare le tasse.

Hanno immaginato un dopo Coronavirus dove tutto riprenderà come prima, si accorgeranno che non sarà così e mancheranno i mezzi per sanarci velocemente. Noi dovremo imparare a rinunciare e dovremo ricominciare quasi come dopo la seconda guerra mondiale.”

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