Storia dell'alpinismo

Gasherbrum I: prima invernale dal gusto amaro

Il 9 marzo 2012 alle 8.30 locali, a 32 anni di distanza dalla prima invernale in assoluto (Everest 1980), i polacchi Adam Bielecki e Janusz Golab raggiungono la vetta del Gasherbrum I.

Saliti seguendo la via Giapponese, sul versante nord-ovest dell’undicesima montagna del Pianeta, gli alpinisti hanno saputo cogliere alla perfezione l’ultima piccola finestra di bel tempo che l’inverno gli ha concesso. Per riuscire a farlo l’attacco alla vetta è partito da campo 3, a circa 7000 metri. Mille i metri di dislivello che i due hanno dovuto superare muovendosi a una temperatura di -35 gradi senza bombole d’ossigeno. Sono saliti lenti, riuscendo ad accumulare appena 100 metri di dislivello in un’ora, arrivando in cima senza la possibilità di idratarsi: tutti i liquidi che avevano con loro sono stati congelati dal freddo.

Raggiunta la vetta hanno immediatamente iniziato la discesa rientrando al terzo campo verso le 14. Da qui, dopo un breve riposo, hanno continuato verso campo 2. Ad attenderli il capo spedizione Artur Hajzer, primo salitore dell’Annapurna invernale insieme a Jerzy Kukuczka,  e l’alpinista pakistano Shaheen Baign. Il giorno seguente hanno poi raggiunto campo base dove è anche stato possibile valutare le condizioni dei due. Fortunatamente la disidratazione e il freddo estremo non hanno avuto conseguenze particolarmente gravi: qualche bruciatura da freddo in volto e, per Bielecki, un lieve congelamento a un alluce.

Dispersi sulla parete sud

Mentre i polacchi gioivano per il successo della loro spedizione, sull’altro versante della montagna si consumava una delle più grandi tragedie nella storia dell’himalaysmo invernale. Una storia di cui si conoscono pochi dettagli ma che si è portata via un’intera spedizione. A guidarla era l’austriaco Gerfried Göschl e con lui si trovavano lo svizzero Cedric Hählen e il pachistano Nisar Hussain. Il loro obiettivo era l’apertura di una nuova via sulla parete sud. Stavano lavorando bene sulla montagna e anche loro, in contemporanea con i polacchi, erano impegnati nell’attacco alla vetta. L’ultimo avvistamento avviene infatti da parte di questi ultimi, a circa 250 metri dalla cima.

La finestra di bel tempo che ha concesso a Bielecki e Golab di violare la montagna era molto breve, poco dopo il mezzogiorno del 9 ha iniziato a chiudersi. In un lasso di tempo veramente corto il sole ha lasciato posto alla bufera, impedendo così al team polacco di prestare aiuto all’altra spedizione. Le ricerche del gruppo sono proseguite per una decina di giorni, senza però riuscire a individuare tracce dei tre. Anche i sorvoli realizzati con gli elicotteri hanno dato esito negativo.

I tre alpinisti dispersi sul Gasherbrum I erano esperti e preparati. Göschl aveva all’attivo 6 Ottomila, tra cui Nanga Parbat per una via nuoca. Hählen, vantava 4 Ottomila. Hussain era uno dei più forti portatori d’alta quota pakistani salito su tutti e 5 Ottomila del Paese più volte, per un totale di 10 volte in vetta.

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close