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Raccontare l’alpinismo in prima serata

Raccontare l’alpinismo è un’attività complessa, lo diventa ancora di più quando ne si vuole parlare nella sua veste estrema. E non lo è per i suoi tecnicismi, ma piuttosto perché l’essenza dell’alpinismo è la passione. Spiegare e far comprendere il motivo che porta questi uomini a scalare le montagne è difficile perché si prova a dare una risposta alla domanda: “Ma chi gliel’ha fatto fare?.

Raccontare di alpinismo è un’attività complessa da fare su queste pagine, lette da appassionati di montagna, figurarsi in televisione nella prima serata di una rete generalista. I risultati sono spesso prodotti scadenti, che trasmettono un messaggio errato dell’alpinismo. Quante volte abbiamo assistito alla sua demonizzazione: “Assassina” è la montagna, “folli che se la vanno a cercare” sono coloro che decidono di scalarla.

Ieri sera per quattro ore in prima serata si è parlato di Nanga Parbat, di Daniele Nardi e del suo sogno di scalare lo Sperone Mummery in inverno con Tom Ballard. È successo su La7 nella trasmissione Atlantide- Storie di uomini e di mondi.

Le premesse per un disastro c’erano tutte e invece è successo l’inaspettato.

Sorvolo su qualche errore degli autori, come quando si parla di stile alpino o si dice che Albert Mummery morì tentando di salire lo sperone. Quello che vorrei mettere in luce è quanto è stato fatto per tentare di spiegare l’alpinismo: un’attività rischiosa, che fatta ai livelli di Daniele lo è ancora di più, ma bellissima nella sua inutilità. Alpinismo che arricchisce l’uomo. Per questo bisogna ringraziare Erri De Luca, ospite della trasmissione. “C’è sempre il rischio, c’è sempre il vuoto sotto, ma è un rischio festivo. Lo accettiamo perché è un momento felice della nostra attività e della nostra vita. Io ho fatto per anni il mestiere dell’operaio – racconta De Luca – e ho dovuto affrontare dei rischi non festivi, ma feriali, obbligatori e quotidiani. Quello dell’alpinismo è felice e lo prendiamo per stare in un ambiente che ci piace, ammiriamo”.

A spiegare cosa anima l’alpinista al pubblico della prima serata di La7 c’è anche Walter Bonatti in un filmato d’epoca. L’uomo che più di tutti ha reso l’alpinismo comprensibile alla massa. La gente, dice l’alpinista, giudica “la nostra attività dalle nostre imprese, dal lato materiale della scalata, che io trovo essere quello meno espressivo, ignorando questa forza spirituale, questo desiderio, questa volontà di vivere intensamente che io penso sia la base delle nostre scalate, il movente principale che ci porta lassù. Assommato naturalmente a un amore spassionato, grande, verso la natura, qualunque essa sia”.

Una tensione verso l’alto, verso il confine della Terra, il cielo, dove, come dice De Luca, ci si può “immergere solo con gli occhi”. “Una cima raggiunta è il bordo di confine tra il finito e l’immenso” scriveva lo scrittore in E disse.

Tanto è però cambiato e l’alpinismo non è più quello di Walter Bonatti o di Reinhold Messner: è più tecnico, più sportivo, le ambizioni sono diverse, si ricercano difficoltà sempre più estreme. In taluni casi è degenerato in turismo d’alta quota, come possiamo osservare ogni primavera volgendo lo sguardo sull’Everest.

Ma il movente è sempre lo stesso: una forza spirituale, come la chiama Bonatti, che spinge gli alpinisti verso le vette. Ieri, come oggi. Ed è questo il messaggio che si è voluto trasmettere nella prima serata di La7 grazie alla storia di Daniele Nardi che, al netto delle polemiche che ancora oggi ci sono, racconta la vicenda di un uomo mosso dal desiderio di vivere e dall’amore per la montagna.

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