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Nanga Parbat: 2 anni fa la vetta di Tomek ed Elisabeth

Nell’inverno 2017/2018 solo loro hanno scelto di tentare la salita invernale al Nanga Parbat, Tomasz “Tomek” Mackiewicz ed Elisabeth Revol. Dopo la realizzazione della prima assoluta, il 26 febbraio 2016, da parte di Simone Moro, Alex Txikon e Ali Sadpara l’interesse per la nona montagna del pianeta è scemato. Ai due scalatori non è però passata la voglia di raggiungere la vetta nel corso della stagione più fredda. Per lui, polacco, era la settima volta al Nanga Parbat in inverno; per lei, francese, la terza volta. Una spedizione partita in sordina, con poco clamore mediatico. Solo loro due, in stile alpino, nel tentativo di portare a termine la salita della montagna seguendo un tracciato nuovo, visto e tentato da molti.

I primi a individuare quella via furono Reinhold Messner e Hanspeter Eisendle che nell’estate del 2000 tentarono di salire passando per questa via nuova, concludendo però il tentativo a una discreta distanza dalla vetta. Via lunga, soprattutto una volta raggiunta l’alta quota, è stata più volte tentata in inverno. Anche nel corso della stagione 2015/2016 questo è stato il tracciato scelto di Simone Moro e Tamara Lungher prima che prendessero la decisione di unirsi alla spedizione di Alex Txikon, Ali Sadpara e Daniele Nardi, salendo con i primi due lungo la via Kinshofer.

Verso la vetta

Dopo una prima fase di acclimatazione, i due sono partiti per tentate la vetta della montagna. L’hanno fatto, come in tutta la spedizione, con silenzio e riserbo su quello che sarebbe stato il loro intento. Partono intorno alla metà di gennaio, sfruttando una finestra particolarmente lunga di bel tempo. Iniziano ad affrontare la lunga salita e tutto sembra andare per il meglio. Nel silenzio mediatico, senza tracker per comunicare in diretta la loro posizione, con uno stile leggero, nel freddo inverno dell’Himalaya, “poco dopo il tramonto del 25 gennaio 2018 Tomek Mackiewicz (Polonia) ed Elisabeth Revol (Francia) hanno raggiunto la cima del Nanga Parbat (8.125 metri) realizzando la seconda salita invernale della montagna” scrive Lindsay Griffin nel suo lungo report apparso sulle pagine dell’American Alpine Journal. Una salita da record per i due alpinisti che hanno così completato la via Messner-Eisendle, che hanno realizzato la prima salita invernale in stile alpino e che ha visto Elisabeth diventare la seconda donna nella storia a raggiungere la vetta di un Ottomila nella stagione fredda dopo la svizzera Marianne Chapuisat.

Era il sogno di Tomek, la sua rivincita sulla vita. Era in vetta al Nanga Parbat, un demone, ma anche un grande amore. Un amore che gli è costato la vita.

In discesa dalla montagna Tomek viene colpito da un forte mal di montagna e perde la vista a causa di cecità da neve. Élisabeth gli sta vicino, lo aiuta a scendere e nel frattempo lancia l’allarme allertando Ludovic Giambiasi in Francia, il quale subito si rivolge a Daniele Nardi per chiedere come poter intervenire in aiuto agli amici sulla montagna. Mentre la macchina dei soccorsi prende avvio sulle montagna si consumano attimi tragici che vedono Elisabeth costretta a lasciare Tomek, per sopravvivere. Non può rimanere oltre in quota, è tempo di iniziare a scendere verso valle. Tomek rimane così solo forse incosciente di aver tragicamente realizzato il suo sogno, quello per cui è stato più volte oggetto di scherno e prese in giro. Riposa in un punto preciso a circa 7400 metri lungo la via normale alla nona montagna più alta del pianeta.

Elisabeth continua invece a scendere inseguendo una luce di vita che trova solo nella notte del 28 gennaio quando finalmente viene raggiunta da Denis Urubko e Adam Bielecki che, in un manciata di ore, sono stati prelevati dal campo base del K2 e portati al Nanga Parbat dove hanno dato tutto quello che avevano in corpo per raggiunge la francese nel minor tempo possibile.

Quelli che seguiranno saranno mesi difficili per Elisabeth, mesi da passare tra gli ospedali, mesi di accuse, di dubbi, di insinuazioni che porteranno la già selvatica francese a chiudersi dentro a un guscio ancora più rigido. Lentamente tornerà alla montagna, la sua vera terapia. Lo farà con il ricordo amaro di quella salita da record, ma soprattutto lo farà in silenzio. In un silenzio che è quasi una ricerca di se stessa, la ricerca di una nuova vita là dove l’ossigeno scarseggia e tutto sembra migliore.

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