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PNALM. Popolazione del camoscio appenninico in crescita stabile

Dopo le buone notizie in merito alla popolazione di camoscio appenninico in crescita sui Monti Sibillini, arrivano anche i dati relativi al Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM). Anche qui, nel 2019, i camosci hanno mostrato un incremento numerico significativo.

I dati del 2019

Sarebbero almeno 756 gli esemplari distribuiti sul territorio dell’area protetta. 120 in più rispetto al conteggio del 2018. I nuovi nati rappresentano il 18% (circa 119 cuccioli). I giovani di un anno di età il 12% (circa 81).

Il conteggio degli esemplari viene effettuato nel Parco da ormai 25 anni nella stagione estiva e autunnale. A curare i monitoraggi una squadra di 60 componenti tra personale del Parco, Carabinieri Forestali e volontari. Quest’anno è stato registrato il numero più elevato dal 1998, primo anno in cui si iniziò a conteggiare i camosci secondo le metodologie attualmente in uso.

Accanto al numero di esemplari sono stati anche calcolati il tasso di sopravvivenza al primo anno e quello di incremento annuo (cioè il rapporto tra numero di giovani di un anno di età e adulti). In entrambi i casi si sono registrati i valori più elevati degli ultimi 20 anni.

Andando ad analizzare complessivamente la situazione nel PNALM, la conclusione degli esperti è che la popolazione sia in una fase di crescita stabile. Una definizione che sembrerebbe in contrasto con i dati record. Bisogna però considerare che, se in alcune aree si registra una forte crescita, in altre zone è stato verificato che gli esemplari siano in diminuzione.

Camosci in aumento

L’area in cui la crescita della popolazione risulta più significativa è quella del Marsicano. Trattasi di un nucleo giovane, una zona in cui i camosci sono giunti in tempi relativamente recenti, non più tardi dei primi anni 2000. Accanto alla zona della Marsica, dati positivi giungono anche dai crinali delle Gravare, di Rocca Altiera e delle Mainarde Laziali.

Camosci in decremento

Di contro l’area della Val di Rose, popolata storicamente dai camosci, inizia a mostrare segnali di decremento da circa 2 anni. Una diminuzione delle nascite si registra poi nel settore Meta-Tartari. Per approfondire la situazione, il Parco ha programmato ulteriori sessioni di monitoraggio. Si cercherà così di comprendere se la diminuzione della popolazione sia dovuta a sottostime legate al metodo di conteggio, a oscillazioni limitate e fisiologiche o si tratti di una vera tendenza. Della quale andranno a quel punto analizzate le cause potenziali.

Preoccupazione per la Val di Rose

Tra le due aree sotto indagine, la situazione in Val di Rose è quella che preoccupa di più. Su Meta e Tartari la popolazione risulta infatti stabile nel tempo dal 2011, al di là di temporanee oscillazioni come quella del 2019. Il decremento in Val di Rose sembrerebbe invece marcato e continuo, esteso a tutte le fasce di età dei camosci. Uno scenario che fa pensare a un vero e proprio abbandono dell’area da parte della specie.

Nel 2020 si cercherà quindi di capire il perché. Tra le ipotesi dei tecnici risultano esserci la qualità dei pascoli, il disturbo antropico o la promiscuità con altri ungulati domestici o selvatici. In merito al secondo punto, ricordiamo che annualmente il Parco, non senza critiche, imponga il numero chiuso ai turisti su alcuni sentieri, a tutela di camoscio e orso marsicano.

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