Bhagirathi IV, che avventura. Della Bordella: “Non volevamo tornare a mani vuote”
L’annuncio è arrivato lo scorso 16 settembre con un breve messaggio di Della Bordella: “Abbiamo fatto la via!”. Poche parole a interrompere il silenzio mediatico (dovuto anche ai divieti sull’uso di telefoni satellitari imposto dalle autorità militari nella regione indiana) in cui si erano chiusi i Ragni Matteo Della Bordella, Matteo De Zaiacomo (Giga) e Luca Schiera. Partiti lo scorso luglio con l’obiettivo di portare a temine il loro progetto sull’ancora inviolata parete ovest del Bhagirathi IV (6193 m, India), hanno trascorso un mese e mezzo ai piedi di questa grande montagna vivendo un’avventura unica, sotto molti punti di vista. Lasciamo che siano le parole di Della Bordella a raccontarcela.
Matteo, com’è andata la spedizione?
“È stata incredibile! Abbiamo rischiato di non combinare nulla, poi all’ultimo abbiamo fatto all in. Sono veramente contento.”
Partiamo dall’inizio…
“Arrivati abbiamo iniziato ad acclimatarci salendo la parete del Bhagirathi II (6512 m). Tutto andava alla grande, anche se la meteo non era perfetta.”
Poi?
“Poi è venuto il momento di provare la linea che avevamo in mente sul Bhagirathi IV. Siamo andati al campo avanzato ed è stato in quel momento che guardando la linea immaginata vediamo scendere due frane gigantesche. Venivano giù esattamente lungo il nostro percorso di salita, blocchi grossi come automobili che si staccavano dallo scisto e percorrevano i due diedri frantumandosi proprio lì dove saremmo dovuti passare.”
Un’esperienza forte…
“Siamo rimasti di sasso e, ovviamente, il giorno dopo non siamo andati a provare la via come avremmo voluto. Abbiamo fatto una ricognizione valutando il da farsi, quindi siamo rientrati al campo base.”
A questo punto cosa avete fatto?
“Dopo qualche giorno abbiamo deciso di riprovarci salendo una linea più diretta, che pensavamo maggiormente riparata da eventuali scariche. Lo era, ma era anche troppo dura e non siamo riusciti a passare.
Abbiamo trascorso tre giorni in parete, tentando di salire in ogni modo. Quando abbiamo raggiunto una zona completamente liscia abbiamo poi scelto di rientrare con il morale a terra e la convinzione che la spedizione fosse finita.”
Cosa che, a giudicare dal risultato finale, non è successa. Qual è stata la strategia?
“Avevamo voglia di portare a casa il progetto, così mi è venuta l’idea un po’ folle di provare a salire la parete in velocità. Una salita in giornata, senza portaledge, senza bivaccare. Detto così ci è sembrato un progetto un po’ avventato perché tutte le vie aperte sulle grandi pareti della zona hanno richiesto dai quattro ai sei giorni. Alla fine abbiamo comunque deciso di provare ed è stata l’idea vincente.”
Quando avete attaccato la parete?
“Siamo partiti il 15 settembre a mezzanotte dal campo base avanzato, portando con noi il minimo indispensabile. Alle tre abbiamo attaccato la via, siamo riusciti ad andare veloci alternandoci io e Luca da capocordata. Giga ha fatto un lavoro incredibile portando su tutto il peso e muovendosi comunque velocemente.”
Una volta arrivati allo scisto?
“L’abbiamo raggiunto alle ultime luci del giorno. È andato Luca da primo, sono stati due tiri molto intensi su roccia marcia. Una volta superati questi abbiamo proseguito lungo un facile pendio di neve che ci ha portati in vetta intorno alle 23.”
Tutto meglio del previsto alla fine…
“Si, siamo riusciti a salire la linea che avevamo immaginato, l’abbiamo fatto nel modo più rapido e con uno stile pulito e veloce. Ci siamo riusciti proprio all’ultimo quando non ci credevamo più e pensavamo di tornare indietro a mani vuote.”
Com’è stata invece la meteo?
“È stato uno dei nostri principali problemi. Non tanto all’inizio, quando abbiamo ancora risentito dell’effetto del monsone. È andato avanti fino a fine agosto, con pioggia e neve durante la fase di acclimatamento. Poi tutto è cambiato, le temperature hanno iniziato a salire e sono diventate un problema perché il caldo ha reso instabile la montagna. Non gelava nemmeno di notte, una condizione che non abbiamo mai visto. Quattro anni fa faceva molto più freddo e la notte gelava anche a campo base.”
Tirando le somme sulla spedizione: condizioni difficili, meteo impazzita, ma squadra vincente.
“Non potevo immagina squadra migliore. Abbiamo condiviso tutte le decisioni, anche quando si trattava di scegliere per un rientro al campo base. Siamo tutti pazzi, ma nessuno lo è stato così tanto da voler provare a salire immediatamente dopo la frana. A nessuno andava però giù di tornare a casa senza la parete, eravamo determinati a fare un ultimo tentativo e così abbiamo fatto. Ognuno ha fatto la sua parte per la riuscita della salita.”