Alta quota

Ragni in partenza per il Bhagirathi IV. Della Bordella: “Una parete immensa, una sfida da perseguire”

“Il Pakistan è stato un buon riscaldamento. Ora si fa sul serio”. A scriverlo è Matteo Della Bordella che si sta preparando in questi giorni a una nuova ripartenza. Giusto il tempo di riabituarsi alla normalità, dopo l’esperienza pakistana nella Kondus Valley, che è già tempo per un nuovo viaggio. Per una nuova esperienza alpinistica nell’Himalaya del Garhwal, in India. L’obiettivo è il Bhagirathi IV, su cui il Ragno si era già cimentato quattro anni fa insieme ai compagni Luca Schiera e Matteo De Zaiacomo. Gli stessi con cui tornerà quest’anno, partenza fissata per il prossimo 11 agosto, nella speranza di concludere quell’esperienza rimasta incompiuta dopo 600 metri di scalata lungo l’immensa parete ovest, l’ultima del massiccio composto da 4 cime a rimanere inviolata.

 

Matteo, cos’è successo quattro anni fa?

“Dopo i primi 600 metri di via ci siamo trovati di fronte a un cambiamento del tipo di roccia che, da granito passa a scisto. Una fascia di 200 metri scistosa e marcia che ci ha impedito di progredire oltre.”

Quindi tornate per chiudere il lavoro?

“Torniamo per rispondere a una domanda: in quattro anni siamo riusciti a trovare una soluzione? Vogliamo vedere come siamo cambiati, com’è cambiato il nostro modo di ragionare di fronte alla parete.

Abbiamo in mente un’altra linea e abbiamo rivisto un po’ le tattiche. Non ci muoveremo leggeri e veloci come la prima volta, ma vorremmo rimanere in parete più a lungo.”

Dove passa la nuova linea che avete individuato?

“Nella prima parte ricalca quella del primo tentativo per poi stare più a sinistra. Vorremmo arrivare allo scisto dove lo spessore di questo strato è più basso. Durante il primo tentativo siamo arrivati proprio nel mezzo, dove lo spessore è di circa 200 metri; questa volta dovremmo arrivare in un punto dove lo spessore è di circa 50 metri, sperando di riuscire a salirli.”

Vi state preparando a partire per una zona, quella del Bhagirathi, ormai poco battuta dagli alpinisti. Un’area in cui però rimane ancora molto spazio esplorativo…

“Era una zona molto famosa negli anni Ottanta e Novanta, poi è stata un po’ dimenticata ed è passata di moda. Sono state aperte tante vie come quella degli sloveni, nel centro del Bhagirathi III; oppure quella dei catalani sul pilastro del Bhagirathi III; e ancora quella aperta da Ravaschietto e Sarchi sul Bhagirathi II.”  

Senza dimenticare, in anni più recenti, la via aperta da Daniele Nardi e Roberto Delle Monache

“Certamente. Quando ci stavamo preparando a partire per la prima spedizione avevo chiesto tante informazioni a Daniele. Avevo visto i video e le foto della via aperta sul lato sinistro del Bhagirathi III. Mi aveva aiutato dandomi notizie sul campo base, sui permessi, sulle montagne.”

Cosa ti ha appassionato del Bhagirathi IV?

“Il fatto che sia una parete immensa, che sia l’ultima del gruppo a rimanere inviolata. Mi è sembrata una bella sfida da perseguire.”

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