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Un gentleman a Belalp – Viaggio nelle Alpi

È in edicola “Viaggio nelle Alpi”, il numero 100 di Meridiani Montagne.

Ve lo presentiamo con tre racconti di Marco Albino Ferrari, protagonista insieme all’antropologo Annibale Salsa di questo viaggio da Trieste a Ventimiglia per ritrovare i luoghi raccontati da Montagne in cento numeri monografici.

Per leggere il primo: Noi Alpi

 

Da Briga, nel Cantone Vallese, inizia la nostra salita verso Belalp, che raggiungiamo in funivia (le macchine in questo magnifico alpeggio per fortuna non possono arrivare). Dalla stazione a monte della funivia, dopo mezzoretta a piedi lungo una mulattiera a mezzacosta, raggiungiamo uno dei luoghi più spettacolari delle Alpi, scoperto e reso celebre da John Tyndall, tra i fondatori dell’Alpine Club, di cui è rimasta traccia nel toponimo dell’anticima del Cervino (Pic Tyndall). Siamo arrivati nel cuore dell’immaginario alpinistico e contemplativo dell’Ottocento. Non c’è forse luogo sulle Alpi che più esprima quella civiltà romantica consacrata dal Secolo Romantico.

L’Alpine Club, l’associazione che istituzionalizzò l’alpinismo e fu modello per gli altri club alpini del mondo, vide la luce nel 1857, in una severa hall nel centro di Londra, tra pesanti paramenti in stile vittoriano e arredi sfarzosi alla Pugin, grazie a undici soci, tutti appartenenti alle classi più elevate dell’impero vittoriano. Tra loro c’era il britannico John Tyndall, professore di scienze della Terra con la passione ardente per le alte quote. Celebre la sua gara – persa – con Whymper per aggiudicarsi la prima al Cervino (1863). Come molti soci del Club, Tyndall  era un misantropo, un solitario altezzoso e snob, che guardava tutti dall’alto al basso (e non solo, va da se, quando era in alta quota). Ed era un romantico cronico, nei suoi taccuini annotava: «Preparandomi per la scalata non ho toccato cibo, in uno spirito di preghiera e digiuno»! Quando si trovava sulle Alpi, al posto di mischiarsi tra gli altri consoci negli abituali alberghi di Zermatt, Tyndall preferiva tornare al vecchio Hotel di Belalp, dove anche noi passiamo una notte memorabile, con la vista che si posa sulle cime ghiacciate del Vallese. Sullo sfondo, spunta lui, il re Matterhorn.

L’anno scorso Hotel di Belalp ha subito un restauro e gli è stata aggiunta, sul lato verso la vallata, una sala di vetro dove ora trovano posto i tavoli del ristorante. Questo, come diversi altri, è uno degli alberghi che durante l’Ottocento venivano costruiti nei punti più panoramici delle Alpi, e i suoi clienti vi sostavano per lunghe villeggiature rimanendo assorti ad ammirare il paesaggio. La contemplazione meditativa era una delle attività più alla moda nell’Ottocento, e la particolarità di Belalp, oltre a essere posto su un terrazzo naturale di prim’ordine, è che si trova sopra la lingua terminale del Aletsch, il ghiacciaio più lungo d’Europa. Ma le foto dell’Ottocento che mostrano le dimensioni del ghiacciaio raffrontate con quelle di oggi sono impietose. La massa glaciale è forse diminuita di due terzi.

Il misantropo Tyndall (che lasciò il Club sbattendo la porta in polemica con Leslie Stephen, il quale criticava apertamente l’ormai superato approccio scientifico dell’alpinismo d’antan), amava questo luogo più di ogni altro, ma digeriva male la compagnia degli altri ospiti dell’albergo. Per questo si fece costruire una villa poco più a monte. Una piccola villa bianca, discreta, sobria, severa, come una cappella anglicana, in adorazione delle divinità alpine che si stagliano di fronte. La osserviamo in silenzio, sul fare della sera, fantasticando su come potesse essere passare qui le estati un secolo e mezzo fa.

 

Continua sul numero 100 di Meridiani Montagne. 

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