Medicina e benessere

Montagna terapia: necessario costituire una struttura organizzata

Già Petrarca, nell’aprile del 1336, aveva scoperto che la montagna poteva, in qualche modo, aiutare a star bene. Salendo, non senza difficoltà, fin sulla cima del monte Ventoux in Provenza il poeta e filosofo italiano aveva percepito, nella fatica dell’ascendere, un benessere psicologico. “Si sa da sempre, si potrebbe dire, che la montagna porta con se un qualche beneficio psicofisico” spiega il dottor Luigi Festi, presidente della commissione medica centrale del CAI, che durante l’ultimo Trento Film Festival ha tenuto una tavola rotonda dedicata al tema della Montagna Terapia. Un approccio terapeutico che prevede di vivere l’ambiente montano, nelle sue diverse sfaccettature, con il fine di portare la persona a un maggior benessere fisico, ma anche e soprattutto psicologico. Tante sono infatti le attività proposte, in particolare negli ultimi anni, da parte di associazioni ma non solo. Alla base di questa pratica manca però una vera e propria struttura centrale che aiuti nel coordinamento delle attività, ci racconta Festi.

 

 

Dottor Festi, prima di parlare della situazione odierna farebbe un piccolo salto temporale per andare a ricordare la nascita della montagna terapia?

“Uno dei primi a parlare di montagna terapia è stato un medico californiano che ha pubblicato un articolo scientifico in cui dimostrare come, sui soldati reduci dall’Afghanistan, il fatto di essere accompagnati in gruppo a vivere delle esperienze in un ambiente montano conduceva alla riduzione dei farmaci antidepressivi favorendo inoltre un miglior inserimento nella vita reale rispetto ad altri casi simili.”

 

Quando è arrivata in Italia?

“In Italia l’attività è iniziata diversi anni fa, grazie ad alcuni psichiatri tra cui Sandro Carpineta e Paolo Di Benedetto. Si tratta di una pratica che va a seguire tutte quelle forme terapeutiche alternative per quelli che sono i disturbi legati alla psiche e alla psicologia delle persone. Mi viene per esempio in mente la musicoterapia, utilizzata anche con i neonati.

Il potere benefico della montagna è conosciuto da sempre. Oggi si sta semplicemente cercando di dare una struttura a tutto questo, una valenza clinica a quella che è sempre stata solo una ‘sensazione’.”

Per tirare un po’ le somme di tutto il lavoro fatto e degli eventi organizzati dai vari enti, a che punto è oggi la montagna terapia?

“Nell’ultimo periodo c’è stato un grande entusiasmo, dovuto anche al lavoro delle sezioni CAI. Sono nate tantissime iniziative di tipo diverso dirette sia a pazienti con problemi psichiatrici ma anche a disabilità congenite o acquisite. Un grande lavoro mandato avanti dai volontari che, giustamente, capendo di poter far del bene si spendono senza riserve. Una passione che ha portato ad un numero sempre crescente di eventi spontanee che in alcuni casi si sono appoggiati, in modo professionale, a strutture sanitarie mentre in altri casi questo non è avvenuto.”

A che tipo di strutture bisogna rivolgersi per la gestione delle attività di montagna terapia?

“Sicuramente a strutture di tipo sanitario. Va però detto che non esiste ancora un ente preposto all’organizzazione o alla gestione di queste attività. Al momento troppo spesso si opera in modo disorganizzato. La colpa è anche stata nostra che non ci siamo saputi porre come punto di riferimento per tutte queste iniziative. Così sono nate in modo sporadico ed è poi stato difficile riuscire a validare o giustificare, da un punto di vista medico, i benefici apportati dalla montagna terapia.

Quando parliamo di terapia e di validazione terapeutica bisogna pensare a gruppi di controllo che siano omogenei e che seguano dei parametri ben precisi. Solo così è possibile dare scientificità al grande lavoro che si sta facendo. Altrimenti è impossibile dimostrare i benefici e tutto rimane aleatorio.”

Come pensa, in futuro, di poter strutturare questo tipo di terapia?

“Come ha detto anche il presidente Torti durante la tavola rotonda, questi primi incontri sono un embrione. Per far si che cresca e si sviluppi bisogna che si costituisca un terminale affidabile a cui tutti i vari gruppi possano fare riferimento. Una volta fatto questo sarà più facile validare patologia per patologia, gruppo di pazienti per gruppo di pazienti, riuscendo anche a dimostrare che la montagna terapia fa bene, che è efficace.

Si tratta di un tipo di trattamento che, nel nostro complesso e costoso sistema sanitario, può avere un ruolo importante.”

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