Cronaca

Se n’è andato Gustìn Gazzera, l’operaio alpinista

Quando per la prima volta ho incontrato il tuo sguardo ho intuito un bagliore particolare. Quegli occhi piccoli e scuri, sotto quelle sopracciglia incolte da montanaro, lasciavano trapelare una lunga esperienza. Erano malinconici, fieri, duri, speranzosi. Erano gli occhi di un uomo che ha saputo guardare alle difficoltà della vita con dignità e dolcezza; di chi ha guardato a ogni alba come un nuovo giorno da vivere, sempre in salita.

Gustìn, ai tempi Agostino Gazzera, è stato un simbolo per chi, cresciuto all’ombra delle Alpi Occidentali, si è approcciato all’alpinismo. La sua è stata una storia umile, appassionante, da imitare. È stata la dura vita di un operaio nel dopoguerra torinese che ha saputo sognare guardando, attraverso gli sporchi finestroni della FIAT, al lontano miraggio delle montagne. Calamita di emozioni quelle cime lontane sono state il luogo della fantasia per il giovane operaio meccanico che dalla mattina alla sera, dal lunedì alla domenica, si dava da fare per guadagnarsi la pagnotta nella grande fabbrica.

Un giorno quell’abbaglio lontano, sfocato dai fumi dell’industria d’Italia, ha assunto forme più concrete e distanze ben precise. Chilometri che Gustìn ha iniziato a percorrere in sella a una bicicletta (non quelle ultraleggere di oggi), andando fin dove arrivava l’asfalto. Ai tempi l’automobile era un sogno ancora più lontano, sarebbe (ed è) stato più facile diventare alpinisti ed andare oltre, dove il terreno si trasforma in avventura. Dopo un po’ infatti, come normale per un giovane forte e sano, qualcosa ha spinto Agostino a proseguire oltre la strada, avvicinandosi ai rifugi e poi su, in verticale fin dove possibile.

Da lassù il mondo è più bello, lo sappiamo tutti noi appassionati. Spesso non sappiamo perché ma quando saliamo tutto sembra avere un senso, tutto sembra concretizzarsi e dissolversi: soprattutto nel momento in cui l’orizzonte si apre all’infinito. Per Gustìn, che partendo in bici da Torino ha scalato il Monviso e il Cervino nei momenti liberi tra i turni in fabbrica (QUI un approfondimento), il mondo delle altezze ha rappresentato un movimento di libertà. Era il puro piacere di confrontarsi rispettosamente e lealmente con un ambiente in cui non c’erano orari, tempistiche o doveri da rispettare. Era puro piacere, per l’appunto. Un piacere che non si è mai spento, fino all’ultimo respiro. Anche dopo un congelamento che gli è costato tutte e dieci le dita dei piedi, più una parte della pianta, Gustìn non ha smesso.

Ieri, quando la notizia ci è giunta, anche il Monviso si è infuocato per salutare Gustìn. La montagna su cui è salito tante e tante volte nella sua vita, quella sulla cui vetta ha anche dormito in un’estate particolarmente torrida, ha voluto rendere omaggio al “vichingo delle Alpi” come alcuni l’hanno chiamato. Un fenomeno di rifrazione, diranno i più, ma a noi piace pensare che anche il Re ha voluto accompagnare l’alpinista in bicicletta, andato avanti nelle tarde ore di un giorno qualsiasi. Se n’è andato con umiltà e silenzio, com’è vissuto. Un’umiltà che oggi ci insegna come la vita non sia poi così male: basta avere la pazienza per mettere in ordine le cose importanti e la voglia di ripartire anche dopo i momenti più difficili.

È complicato, oggi, scrivere senza ritornare con la memoria al nostro primo incontro, in alta Val Varaita, al Rifugio Savigliano. Con barba e capelli da lupo di montagna, ma dai modi affabili e gentili, quando siamo entrati tutto si è fermato. La sala, occupata da un corso di escursionismo del CAI e da qualche altro gruppetto di avventori, per un attimo è rimasta ammutolita alla tua vista. Lo stupore è però durato poco, giusto il tempo di fare qualche passo prima che dal silenzio si levasse un lungo applauso. Applaudivano all’uomo, non al personaggio. Battevano le mani per te, per quel che eri (e sei). Apparivi imbarazzato, quasi commosso, da tanta ammirazione. Il tuo mondo in fondo non era quello, non eri abituato a stare di fronte ai riflettori, il tuo spirito era libero solo quando andava in salita. Tutta la tua vita è stata in salita, fatta di resistenza, come titola il libro che ti han dedicato.

Ora sei davvero libero, ovunque tu sia. Per me (per noi) sarà facile incontrarti ancora, vederti arrancare su per le strade che portano al Monviso o al Cervino. Non sarà difficile immaginarti all’alba in vetta al Re di Pietra in cerca di aria fresca. Un po’ meno facile sarà invece abituarsi a usare il passato.

Quel giorno di quattro anni fa eravamo al rifugio Savigliano per qualcosa di “importante”: era la mia prima vera intervista. Ti ho “interrogato” con timore, temevo di sbagliare, di fare la domanda errata. Alla fine non ti ho posto nemmeno un quesito, è bastato accendere la macchina da presa e tu hai fatto tutto da solo. Ti sei raccontato con semplicità. Ti sei aperto, ma non del tutto. Guardando quegli occhi profondi, segnati dall’esperienza, si intravedeva qualcosa di segreto. Una sofferenza nascosta che si dissolveva, forse, solo quando salivi in alto. Ora hai ritrovato la tua serenità, buon viaggio Gustìn.

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5 Commenti

  1. Parlando con 90 enni…del Trentino..per loro erano normali le marce di avvicinamento in bicicletta,scarponi di naja, gavettino, trancio di lardo e pane secco.Pernottamento in fienili.A loro vengono le lacrime agli occhi , mi portano in ripostigli e fanno vedere l’ultimo paio di scarponi in cuoio Gallusser tripla cucitura sempre ingrassati, la piccozza lignea, ..corde e moschettoni e ramponi che ,loro non lo sanno, appaiono sui banchetti degli ambulanti dell’antiquariato, io ascolto e li capisco , i loro nipoti smanettano assorti ed ogni tanto li guardano e si girano l’indice sulla tempia…o sbuffano” ..gia’ sentita…”
    A volte ci diamo appuntamento..tra qualche mese..per altre chiacchere ed invece…

  2. E’ stato un amico. Siamo stati in camera nel rifugio Savigliano, da Isaia in Val Varaita. Ho salito con Lui e la Sua compagnia una Cascata di ghiaccio. Siamo stati in Rifugi e abbiamo cantato vecchie canzoni piemontesi. Abbiamo fatto escursioni (Lui con uno zaino enorme) ed è venuto alla riunione per i miei ottant’anni al Rifugio Mellano alla Sbarua. E’ parte della mia vita. E’ nei miei ricordi. E’ nel mio cuore. Ciao Gustin.

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