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Il canto del Gallo – Riflessioni sul freeride

Maurizio Gallo

Quando ho iniziato lo chiamavamo semplicemente fuori pista, indicando in questo modo un tipo di sci in libertà, “alternativo e diverso”, in neve fresca fuori dalle piste battute. Eravamo i precursori di un quello che è progressivamente diventato un mondo a parte con un nome più accattivante e “cool”: il pianeta freeride.

Le sensazioni e l’entusiasmo erano gli stessi, gli sci erano invece molto più stretti e si adattavano gli scarponi Salomon aggiungendo la suola Vibram per i tratti da risalire a piedi, incuranti delle vesciche quando in salita si usavano le pelli; si vestiva Degre 7 come i francesi della scuola di Patrick Vallencant, con tute intere a colori sgargianti con forte presenza del fuxia; qualcuno si avventurava nel “monosci”, che, con necessarie evoluzioni e imparando e copiando dal surf da onda, portò alle prime tavole per liberare dalla morsa delle gambe assolutamente accoppiate.

Il fuoripista era “terreno d’avventura” e tante avventure si sono concluse bene superando situazioni difficili e anche qualche valanga. Avevamo i primi ARVA, molto rudimentali rispetto a quelli attuali, non esistevano gli airbag, ma all’epoca si andava in moto senza casco e non si usavano mai le cinture di sicurezza in auto, ma soprattutto non esisteva il cellulare per chiamare eventuali soccorsi. Poi sono arrivati i primi divieti, le discussioni con i poliziotti che applicavano le ordinanze e abbiamo iniziato a collaborare con l’AINEVA.

Oggi, dopo oltre 20 anni, assistiamo a uno sviluppo esponenziale del freeride. Sempre più giovani sono attratti da questa attività, stimolati dai social che forniscono oltre che a spettacolari video, anche una rete di informazioni sulle condizioni della neve. Un tam tam incessante che muove sempre nuovi adepti.

Cosa interessante, secondo me, è che il free rider è anche molto ben attrezzato con tutte le ultime novità di protezione e autosoccorso e che la gran parte sa anche come usarle, magari grazie a informazione recuperate sui social.

Spesso vedo molto più preparati i free rider rispetto agli scialpinisti cinquantenni, anche se qualche volta dovrebbero studiare un po’ meglio gli itinerari di discesa. Noto anche che sono molto disponibili a chiedere l’accompagnamento della guida alpina, ma bisogna saper sciare bene perché loro sono bravissimi. Comunque quest’ inverno credo di non sbagliarmi di tanto se stimo nell’ordine del 60% le giornate guida alpina dedicate ai free rider, fino anche all’80% nelle località più interessanti. È quindi diventato il top.

Leggo con interesse le notizie sul freeride in Appennino, che subisce estesi divieti e solleva le proteste delle associazioni coinvolte e mi sono anche molto meravigliato che nella lettera del Collegio delle Guide Alpine dell’Abruzzo non si citi il freeride come attività del terreno d’avventura, nel quale rientrano “lo scialpinismo, l’alpinismo invernale oltre che lo sci di fondo e l’escursionismo con le racchette da neve”, attività che secondo quanto scritto sembrerebbe esulino dai divieti grazie al supporto delle Guide Alpine. Queste sono però attività che noi già troppi anni fa definivamo stile “CAI”. Non considerare il free ride vuol dire ignorare tutto il movimento dei giovani che si muove in un pianeta diverso.

Ritengo sempre più valido informare e prevenire piuttosto che vietare. Sono anche sicuro che ci sia ancora tanta strada da percorrere perché i casi di imprudenza e imperizia sono ancora tanti, ma dobbiamo cambiare il metodo di informazione. Mi sembra che si commettano gli stessi errori degli insegnanti a scuola che non riescono a parlare con la lingua dei giovani e sono rimasti completamente tagliati fuori dal processo formativo.

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Un commento

  1. Il freeride fa lavorare le guide ma fa lavorare tanto anche il soccorso.
    Che siano mediamente in grado di leggere un bollettino e in base a quello tracciare in sicurezza in discesa è una balla colossale. Dopo ogni nevicata in Dolomiti si assite all’ “assalto” alla Marmolada da parte di orde urlanti di freerider in ansia da social. Distanze di alleggerimento? Controllo a vista del compagno? Manco si voltano…

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